11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 27 febbraio 2008

048


D
ue contro quaranta: tale era la sproporzione esistente fra i mercenari e le guardie della torre che, dall’alto e dal basso, si accalcarono attorno a loro, pressandoli in una morsa di lame e picche. In una spontanea divisione nata dall’esigenza di non essere colti di sorpresa alle spalle, la coppia si spartì i nemici cercando di aprirsi strada in entrambi i fronti.
Lo stile di combattimento del tranitha era simile a quello che si sarebbe potuto attendere in una chiassosa rissa da bar: egli muoveva in gesti violenti e distruttivi entrambi i pugni chiusi, stordendo con la mano libera ed uccidendo con la mano armata. La medrath, per quanto fosse un’arma tozza e primitiva, rivelava in momenti come quello tutta la propria efficacia, non offrendo compassione per alcuno nel falciare i corpi avversari non diversamente da contadino con il grano maturo. Il vigore dell’uomo era tale da farlo apparire simile a gigante contro i propri avversari: se anche un paio di colpi avevano sfiorato la di lui pelle, aprendo tagli superficiali sulla stessa in posizioni non vitali, la maggior parte delle offese a suo carico venivano parate o deviate, quasi fossero giochi fra bambini con spade di legno.
Midda al contrario, privata della possibilità di utilizzare la propria spada, era costretta a scontri fisici diretti con le sentinelle, ricorrendo all’unico braccio rimastole ed alla durezza che esso sapeva offrire nella propria metallica corazza. Scintille esplodevano da ogni contatto delle spade avversarie con la nera superficie dai riflessi rossastri, mentre la donna parava gli affondi ed i fendenti a lei destinati con precisione letale, rigirando quasi sempre le armi dei propri nemici verso i loro stessi corpi. Per quanto in inferiorità fisica rispetto ad essi, oltre che numerica, ella non appariva in eccessiva difficoltà aiutata anche dagli stretti spazi in cui si era ritrovata a combattere: questi erano infatti tali da impedire a troppi avversari di circondarla, costringendoli al contrario ad uno scontro quasi sempre paritario da cui lei non poteva uscire sconfitta.

« Quanta foga… » commentò sarcasticamente ella, come era solita fare per combattere anche su un livello psicologico oltre che fisico i propri avversari « Da quanto tempo non avevate occasione di avvicinarvi ad una donna, ragazzi? »

Soltanto per un istante ella si ritrovò seriamente in difficoltà, ossia quando nell’enfasi della lotta uno dei suoi avversari perse in controllo e cadde verso di lei, andando a colpire con violenza il lato sinistro del di lei corpo. Per un lunghissimo istante, che parve quasi eterno, tutto attorno ad ella si tinse di rosso per il dolore conseguente a quel contatto, pena che solo la di lei sovrumana forza di volontà riuscì a contenere evitando di farla gridare. Quello stesso dolore la rese cieca per la rabbia conseguente, facendole vibrare un pugno così violento da sfondare letteralmente il cranio del colpevole di tale atto: la materia grigia della guardia si riverso in un macabro schizzo sui volti di coloro che erano alle di lui spalle, bloccandoli in un istintivo senso d’orrore per quello spettacolo. Una figura femminile che combatteva con una sola mano tenendo testa a venti uomini poteva forse essere accettabile razionalmente, ma una figura femminile che rompeva un cranio con un solo pugno non poteva evitare di suscitare una superstiziosa reverenza verso di lei.

« E’ un demone! » sussurrò qualcuno.
« Nessuno può combattere così! » rispose qualcun altro.
« Siamo finiti… » propose un terzo.
« Avanti! » gridò, in contrasto, un’ultima voce dal gruppo « Sono solo due pezzenti… facciamoli a pezzi! »

Con rinnovato vigore le guardie tornarono alla carica contro i due mercenari, cercando di trarre forza dal loro stesso numero, pur ormai quasi dimezzato, ed ispirazione da quelle parole. Non erano concesse possibilità di fuga alla coppia e l’unica loro speranza appariva nella vittoria. Era evidente come, infatti, la resa non sarebbe stata accettabile neanche nel momento in cui le loro identità fossero state rivelate: il sangue versato era divenuto ormai troppo ed il turbine della violenza avviatosi non avrebbe trovato facilmente arresto se non dopo la loro morte.

« Guercio… mi sto iniziando ad annoiare! » commentò la donna guerriero.
« Dai, in fondo si stanno impegnando… » replicò l’uomo, accennando un lieve sorriso a quelle parole.

Comprendendo l’esigenza di dover cambiare le carte in tavola, Midda si slanciò in avanti appoggiando il piede sinistro sulla coscia di un avversario per poter fare lì leva e gettarsi in contrapposizione all’indietro, compiendo un’amplia capovolta che la condusse fino alle spalle del gruppo di nemici affrontato dal compagno. Egli, intravedendo quella mossa con la coda dell’occhio, non perse tempo e si voltò per non rischiare di restare con le spalle scoperte, affidando la propria protezione sul lato precedentemente frontale alla donna. Ritrovandosi così a ruoli invertiti, i due mercenari colsero di sorpresa i propri avversari che videro mutati radicalmente i propri obiettivi: chi pensava di dover affrontare una donna disarmata si ritrovò al contrario a fare i conti con l’arma impietosa del tranitha, gestita con una furia priva di controllo, mentre gli altri si videro attaccati alle spalle da una nemica inattesa, che fece calare sui loro corpi la violenza del proprio braccio metallico.

« Meno tre… » esclamò ella.

Tre erano infatti gli uomini di guardia rimasti ancora in piedi a combattere contro di loro in quel momento, due di fronte a lei e l’altro di fronte al di lei compagno. Strappando una lancia di mano ad una delle sentinelle rimaste, la donna guerriero propose una serie di cinque rapidi ma violenti colpi contro il viso di egli, senza che alcuna difesa potesse essere proposta in quell’azione tanto rapida: prima ancora che il malcapitato potesse comprendere quanto stava accadendo, egli perse così i sensi, ritrovando il proprio volto tramutato in un’informe maschera di sangue.

« Meno due! » rispose egli.

Due erano così le guardie ancora combattive nel momento in cui il mercenario fendette per un’ultima volta l’aria, in un gesto che disegnò una parabola ascendente, amputando di netto le due braccia che, sollevate ed unite nelle mani attorno all’impugnatura di una lama, miravano a lasciar abbassare un colpo di spada contro di lui. In un grido orribile, l’uomo ferito ebbe pochi istanti per contemplare i resti sanguinanti dei propri arti prima che un atto, ormai di grazia, gli concedesse di terminare la propria esistenza senza ulteriori sofferenze.

« Meno uno? » domandò a quel punto la donna.

La questione, in effetti, era rivolta non tanto verso il compagno d’arme quanto verso l’unico avversario ancora in piedi, che ella disarmò rapidamente per poi bloccarlo con una morsa della propria mano al di lui collo, quasi soffocandolo per non permettergli di tentare altre azioni offensive ma, al contempo, stando attenta a non farlo svenire. Aveva molte domande e qualche risposta le era dovuta, dopo tutto quello che era accaduto.

« I-io… non so… nulla… » balbettò la guardia, quasi non udibile.
« Risposta sbagliata. » scosse lei il capo, stringendo per un istante maggiormente quel collo.
« No… non… » tentò di nuovo di dire, gemendo per il dolore.
« Ci attendevate? Era una trappola? » incalzò lei, quasi retoricamente.
« S-s-s-s-sì… » ammise il prigioniero.
« Dove è la ragazza? Dove avete portato la giovane dai capelli rossi? »

Ma nessuna risposta fu concessa a quella richiesta: nell’enfasi della lotta, nel trasporto della sete di conoscenza in quell’interrogatorio, Midda non si accorse di aver stretto eccessivamente il collo dell’uomo, facendogli irrimediabilmente perdere i sensi.

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