11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 9 marzo 2008

059


S
enza una sola parola Midda ed il cavaliere della Confraternita cavalcarono verso Kriarya, mentre alle loro spalle nuove voci di guerra si levarono dalla piana di Kruth: con la stessa libertà con cui la donna guerriero aveva compiuto una scelta nell’abbandonare quella battaglia, gli altri mercenari avevano compiuto la propria nel decidere di continuare la stessa, nel cercare la conclusione di quel conflitto nel proprio annientamento o in quello, agli occhi di lei meno probabile, dell’avversario.
In cuor suo ella non poté non provare pena per quegli uomini e quelle donne che nelle ultime ore, in una immeritata reciproca fiducia, aveva imparato a considerare compagni d’arme: le parole del tranitha risuonavano ancora nella di lei mente, con l’accusa di tradimento, di abbandono. La donna era conscia della futilità di tali parole, delle reali ragioni per cui esse erano state pronunciate, ma nonostante ciò una parte di lei non poteva evitare di rimembrarle. Mentre ella stava tornando alla propria vita, ad una nuova avventura, altri uomini e donne stavano morendo in un’impresa che lei aveva rifiutato: ed il dubbio sulla loro possibilità di vittoria, di salvezza se lei fosse rimasta con loro non poteva esserle evitato, non poteva non domandarsi se fosse stato proprio il suo rifiuto a condannarli a morte. Al di fuori di queste umane incertezze, in lei era la consapevolezza di aver offerto loro una possibilità di vita, nel rispetto della loro autodeterminazione: se essi avevano deciso di rischiare il proprio destino, in nome di propri valori o in nome del denaro loro offerto, lei non poteva, non doveva sentirsi colpevole della loro sorte.
Una fitta alla spalla, nel movimento ritmico del cavallo, riportò la di lei attenzione al momento attuale, e con esso alle di lei prioritarie esigenze. Con la conclusione dell’effetto adrenalinico offerto dalla battaglia appena trascorsa, infatti, ella sentiva fra l’altro il proprio corpo ormai stremato, nel dolore della ferita nuovamente sanguinante sotto il mantello per gli sforzi a cui, comunque, non aveva potuto evitare di sottoporla seppur indirettamente: aveva osato, forse anche troppo, ma almeno il di lei obiettivo era stato raggiunto. Presto avrebbe potuto concedersi il riposo dei giusti, ritrovando le premure del buon Be’Sihl nel cucirle nuovamente il danno, nel nutrirla e nel proibirle qualsiasi movimento. Ovviamente, però, ella non sarebbe rimasta a riposo: un nuovo viaggio, una nuova avventura l’attendeva, nel riportare a casa la sua protetta e nell’allontanarsi per un po’ dalla capitale. Le ripercussioni degli eventi di quella giornata, qualsiasi fosse stata la loro conclusione, avrebbero sicuramente creato spiacevoli passaggi di potere in città, in una ricerca di nuovi equilibri fra vincitori e vinti, nell’instaurarsi di nuove regole, di nuove leggi non scritte con cui anch’ella avrebbe dovuto fare i conti in futuro. Ma in quel momento ella si sentiva stanca del clima di Kofreya, stanca dell’aria di Kriarya: un lungo viaggio, in nuove terre, affrontando nuovi nemici e nuovi pericoli, l’avrebbe sicuramente aiutata a ritrovare desiderio di tornare indietro. Di accettare, forse, le responsabilità che avrebbe avuto per la guerra di cui si era ritrovata suo malgrado protagonista.

Con tali pensieri, contrastanti fra loro nell’emotività e nel raziocinio di lei, la donna guerriero cavalcò con fierezza, senza offrire all’esterno alcuna immagine dei propri dubbi interiori, mantenendo schiena dritta e testa alta nel reggere unicamente con la destra le redini dell’animale, impossibilitata del resto a fare altrimenti. Non uno sguardo al suo mascherato accompagnatore, non uno sguardo a Camne, la quale appariva frastornata dagli eventi, da quella inattesa, insperata liberazione. Per la fanciulla aver finalmente riconosciuto il viso di Midda doveva essere stato un sollievo, ma l’essere ancora legata ed imprigionata fra le braccia del cavaliere in armatura non le concedeva per il momento possibilità di rilassamento.
Quando alfine la coppia giunse in vista della porta settentrionale della città, il mercenario della Confraternita arrestò il proprio cavallo, imitato immediatamente dalla donna guerriero.

« Qui le nostre strade si dividono, Midda Bontor. » commentò egli, sollevando di peso il fragile corpo della ragazza per lasciarlo posare a terra, reggendola fino a quando ella non trovò da sola il proprio equilibrio nonostante le caviglie legate.

La donna, annuendo a quelle parole e vedendo rispettati i patti stabiliti, smontò dal cavallo concessole per quel tragitto, guidando poi la bestia fino al cavaliere e riaccostandosi, in tal modo, alla giovane: questa, nel ritrovarsi libera seppur ancora costretta dalle corde, non poté evitare di cercare protezione, avvicinandosi a colei che era stata per due volte la di lei liberatrice.

« Non escludo che in futuro i nostri destini possano nuovamente incrociarsi… » aggiunse il cavaliere, riprendendo il controllo anche sul secondo animale nel ricevere le redini dalla mercenaria « Quando ciò avverrà, lo scontro sarà inevitabile: la responsabilità per la morte del mio amico grava ancora sulle tue spalle e non lo dimenticherò. »
« Non hai imparato nulla dall’esperienza di oggi. » rispose la donna, scuotendo il capo « Pregherò Thyres per la salvezza della tua anima, il giorno in cui deciderai di cercare la morte contro di me. » aggiunse sprezzante verso di lui, verso quei toni tornati ad essere alteri e superbi, senza alzare lo sguardo per osservarlo.

L’uomo, per un istante, restò indeciso sul replicare o meno a quella frase, a quelle parole tanto forti, quasi ingiuriose verso di lui: nel comprendere che quella reazione gli era comunque dovuta come conseguenza delle proprie parole, egli votò a favore del silenzio, voltando la propria cavalcatura e riprendendo il cammino verso la piana di Kruth, abbandonando senza alcuna parola o cenno di saluto la donna e la fanciulla al proprio fato.
Midda, a quel punto, si chinò sul corpo della giovane, ancora avvolto dalle stesse lenzuola in cui l’aveva vista per l’ultima volta, per spezzare le corde che la stringevano, liberandola dalla propria prigionia.

« Non era proprio questo che speravo per il tuo soggiorno qui. » sorrise sollevando lo sguardo verso la fanciulla, tentando di rassicurarla con i toni scherzosi.

Camne, però, finalmente libera dai propri legami fisici e dall’oppressione psicologica del rapimento, non riuscì a resistere alle emozioni del momento, svenendo e trovando immediato sostegno nel braccio metallico della sua protettrice.

« E non era proprio questo che speravo per la tua liberazione. » commentò a quel punto la donna, scuotendo il capo « C’è ancora molto da lavorare sul tuo carattere, bambina. »

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