11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 29 marzo 2008

079


D
opo una settimana di venti favorevoli e mare quieto, la Jol’Ange era riuscita finalmente a salutare il golfo ed a circumnavigare la seconda penisola tranitha, attraversando gli arcipelagi lì antistanti con un unico scalo utile e necessario a rifornire la stiva con nuove riserve d’acqua potabile, il vero e solo bene di prima necessità non concedibile dal mare, nonostante la propria intrinseca natura. In quei primi sette giorni di navigazione non solo Midda aveva dimostrato che la propria natura di marinaio non era stata mai scordata: anche Camne aveva avuto modo di inserirsi perfettamente all’interno dell’equipaggio, abituandosi rapidamente ai ritmi imposti dai turni, al lavoro spossante ed alla vita da camerata della goletta. Probabilmente al successivo scalo in un porto lungo il percorso tracciato, programmato per alcuni giorni a seguire, nessuno sguardo esterno avrebbe saputo distinguere la donna e la fanciulla dal resto del resto del gruppo, tanto era completa la loro integrazione fra essi, e di questo la mercenaria non poteva che essere lieta per la propria protetta: i giorni trascorsi in Kryaria apparivano così lontani ed anche la fanciulla dai lunghi capelli rossi e dall’aria spaurita e fragile sembrava appartenere ormai ad un’altra epoca. Ai di lei occhi, Camne ora si mostrava rafforzata nel carattere, più spigliata, socievole, aperta al gioco ed allo scherzo, e nel corpo, più tonico, sciolto ed appena indurito dalla non facile quotidianità della vita di bordo.
Nel cuore della donna guerriero, nonostante tante ragioni di positività, nonostante il clima di assoluta serenità con ogni membro dell’equipaggio, non riusciva a mancare un velo di irrequietezza, un’ombra di sospetto: non rari erano i momenti in cui, sveglia o a riposo, ella scattava con muscolatura tesa e spada alla mano, pronta a colpire a morte chiunque le si fosse parato davanti; non poche erano le occasioni in cui, nel rumoroso silenzio del mare e della navigazione, suoni o impressioni di suoni la portavano ad una posizione di guardia, dimentica della realtà dei fatti che la vedevano lontana da qualsiasi anima viva al di fuori dei propri compagni. Ella non mancava di sentirsi sciocca per tanta paranoia, perché solo in tali termini poteva essere descritto il suo stato d’animo, e cercava di mascherarlo, di dissimularlo dietro a risa, battute e scherzi: agli occhi di chiunque la circondava la donna appariva sempre gioviale, sempre allegra, pronta a raccontare vecchi aneddoti o a dar vita a nuovi. Fra lei, Ja’Nihr e Berah, oltretutto, si era venuto a creare un clima di complicità molto forte, che superava le diversità caratteriali fra le donne e che le spingeva ad organizzarsi, anche senza bisogno di parole, in veri e propri giochi a “discapito” del resto dell’equipaggio, soprattutto nella componente maschile dello stesso: l’unione di tre stupende compagne di ventura, del resto, non poteva non favorire l’insorgere di situazioni estremamente maliziose, circostanze quasi sempre nate per puro caso ma sviluppatesi con la tipica e conturbante astuzia di cui solo le donne potevano essere padroni. Nessuno a bordo era al sicuro da loro: non solo il serio Ron-Hun o l’introverso Tamos, ma anche il più scherzoso Av’Fahr e lo stesso capitan Salge finivano per soccombere di fronte a loro, cedendo all’imbarazzo più puro al di là di tutti i detti conosciuti attorno ai marinai. E questo, ovviamente, non poteva mancare di divertire Masva e Camne, spettatrici e testimoni silenziose di ogni spettacolo. Dietro ad ogni maschera, comunque, nel proprio animo Midda non riusciva a restare quieta… e purtroppo durante la notte dell’ottavo giorno di navigazione il fato volle confermare le di lei ragioni, cambiando completamente il clima a bordo della Jol’Ange da quello di una commedia a quello di una tragedia.

« Nave a tribordo! » esclamò Ja’Nihr, di vedetta a prua della goletta.

A non più di due leghe sulla destra della goletta, un’altra imbarcazione si offriva alle correnti marine muovendosi in direzione parallela alla loro: la forma del suo scafo e la composizione dei suoi alberi lo classificavano quale brigantino, di stazza appena superiore a quella della Jol’Ange, ma le vele dello stesso non si riuscivano a distinguere nella notte, forse perché di colore scuro, forse perché ammainate. In effetti l’intero veliero non poteva essere facilmente distinto nell’oscurità completa della notte, non presentando alcuna forma di illuminazione, non segnalando in alcun modo la propria presenza: solo gli occhi allenati della cacciatrice dalla pelle color ebano, addestrati in lunghi anni di appostamenti notturni contro i più feroci e temibili predatori, le avevano concesso la possibilità di individuare l’altra nave, segnalandone conseguentemente la presenza.

« Rapporto, Ja’N. » ordinò Salge, muovendosi in rapidi balzi fino a raggiungere la donna, per tentare a sua volta di vedere ciò che ella stava guardando.
« Sembra un brigantino, capitano. » rispose la donna, sforzando lo sguardo a penetrare nelle tenebre sopra la superficie oscura del mare « Non riesco a distinguere né le vele, né una qualche bandiera… »
« Potrebbero essere vele nere? » domandò l’uomo, volgendosi a lei nel comprendere di non avere possibilità alcuna di osservare la nave con il proprio sguardo.
« Non mi sento di escluderlo. » annuì la cacciatrice « Il movimento, però, appare estremamente irregolare… sembra come sospinta dalle correnti più che condotta da marinai. »

Un istante di silenzio calò sul ponte della goletta, nel mentre in cui ognuno dei presenti compiva le proprie riflessioni attendendo le decisioni incontrastabili del comandante: uomini e donne di mare quali erano, non mancavano di annoverare nei propri ricordi una lunga lista di orrendi racconti di dolore e morte che ritrovavano in momenti simili a quello il proprio inizio. Storie di spettri, di navi fantasma che infestavano le notti marine, quasi sempre in conseguenza dell’ira degli dei del mare contro i profanatori di quel territorio sacro offrivano le proprie peggiori maledizioni: non un solo marinaio ignorava tali cronache, sulla soglia della leggenda, anche se ognuno era consapevole di non dover dare nulla per scontato in tali vicende. Laddove ogni fatto al di fuori del quieto vivere risultava enfatizzato a dismisura nei racconti popolari quando ambientato su terra solida ed immutabile, attorno al mare ignoto ed in continua trasformazione l’esaltazione nei racconti arrivava a livelli quasi grotteschi: il più piccolo merluzzo veniva facilmente riportato come il più grande dei tonni mai visto in precedenza, mentre un gamberetto innocentemente impigliatosi nelle reti poteva essere presentato come la più insidiosa e combattiva aragosta mai pescata prima. Mostri, fantasmi, demoni e quant’altro, quindi, per quanto presenti nel discorsi quotidiani di ogni nave e di ogni porto, non potevano essere accettati con immediata semplicità, con totale fiducia: solo uno sciocco, anzi, avrebbe considerato reali quelle favole superstiziose in assenza di prove pratiche, imparziali oltre ogni testimonianza verbale.

« Ci sono mille possibili spiegazioni razionali per ciò che vedi… » commentò infine il capitano, riprendendo voce « L’equipaggio di quella nave potrebbe essere stato vittima dei pirati o di qualche malattia. »
« O potrebbero essere tutti vivi e nascosti in attesa che la nostra curiosità ci conduca ad una distanza utile per un arrembaggio. » intervenne Midda, non interpellata « Non possiamo escludere questa possibilità. »
« Ma non possiamo neanche ignorare l’eventualità che vi sia qualcuno che abbia bisogno di aiuto. » replicò l’uomo, serio nella voce « Quando la malattia falciò uno ad uno l’equipaggio della Jol’Ange, questa nave non appariva di certo meglio rispetto a quella… ed io sono riuscito ad essere tratto in salvo solo per il coraggio e l’altruismo di chi ha deciso di rischiare la propria vita per accertarsi che non vi fosse nessun superstite a bordo. »
« Non puoi paragonar… »
« Posso e voglio, invece! » esclamò Salge, guardando seriamente la donna guerriero « Tarth mi ha concesso la vita in una situazione simile a questa e se ora ignorassi quello che sta accadendo, rinnegherei il dono che mi è stato fatto, mi dimostrerei indegno di esso! »

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