11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 28 agosto 2008

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N
ove felini, nove predatori naturali, tre diverse specie e tre esemplari per ogni gruppo.
Per quanto Midda potesse essere abituata a sopravvivere ad ogni insidia, ad affrontare ogni pericolo, anche ella era e sarebbe restata sempre una donna, un nomale essere umano con i propri quieti limiti, quei confini che mai avrebbe potuto superare né con la volontà né in assenza di essa: consapevole di essi, non poteva evitare di temere l’eventualità di non riuscire a sopravvivere a quello scontro, di non riuscire ad abbattere ogni avversario prima di essere a sua volta abbattuta, nella rapidità di quelle fiere contro cui mai avrebbe potuto opporre la propria. In tale situazione, però, ella era anche cosciente che dimostrare i propri timori, simile incertezza e forse paura, non avrebbe mai condotto per lei ad una pur vaga speranza di sopravvivenza, laddove nei propri sentimenti avrebbe offerto forza ai propri nemici, stimolandoli, incitandoli ad agire contro di lei, per sopprimerla, per distruggerla; altresì, non poteva concedersi neanche la possibilità di imporre su di loro un comportamento aggressivo, che scatenasse un istinto reattivo, un attacco furioso come era stato quello degli orsi nel ritrovarsi da lei tanto direttamente aggrediti, così apertamente offesi. Una situazione di possibile stallo attraverso la quale, nel formulare tale analisi, nel soppesare i fattori in gioco e le forze coinvolte, in lei riaffiorarono fortunatamente alcune nozioni sul regno animale, sui rapporti che, in molte diverse specie, erano solite instaurarsi non solo fra i vari elementi di uno stesso gruppo ma anche nei confronti di elementi appartenenti a specie diverse: in simile ricordo, in tale memoria una flebile speranza di salvezza tornò a brillare per lei, nel di lei cuore e nel di lei animo, nella consapevolezza che se avesse saputo giocare bene le proprie carte, se fosse riuscita a gestire al pieno la situazione, forse non avrebbe dovuto neanche spingersi ad uccidere le bestie che erano state poste a di lei confronto, a di lei sfida.

« Ed ora? » domandò Cila, scuotendo il capo ed osservando la scena di fronte a sé « Che cosa ha intenzione di fare? »
« Non lo so… non lo riesco a comprendere… » sussurrò lord Visga, non osando, nonostante il caos attorno a loro, levare eccessivamente la voce quasi potesse essere di disturbo per la mercenaria in azione.

Abbassando la propria spada, rilassando i propri muscoli, Midda interruppe il lento retrocedere in atto, che ormai l’aveva condotta ad almeno sei piedi di distanza dagli orsi uccisi e poco più dai felini, per sciogliere la posizione di guardia e ritornare semplicemente eretta di fronte alle fiere. In lei, nei suoi occhi, nella sua mente, cuore, anima e corpo, si propose e si impose solo freddezza e controllo pressoché assoluti, tale da rallentare anche il battito cardiaco precedentemente ovviamente accelerato nell’enfasi della lotta. In lei non si propose più alcuna aggressività, alcuna ipotesi di offesa in direzione dei propri possibili aggressori, tanto che avrebbe potuto anche gettare a terra la propria spada laddove essa, in quel momento, risultava presente nella di lei mano per semplice inerzia; al contempo in lei non vi era alcun timore, alcuna paura nei confronti di quelle bestie feroci, affamate, gli artigli delle quali avrebbero potuto squartarle le carni, i denti delle quali avrebbero potuto dilaniarle il corpo: aveva superato tanto l’uno quanto l’altro stato d’animo, trascendendo simili emozioni in virtù di una sorta di consapevole superiorità, che la proponeva non più in competizione con le altre creature lì presenti.
Dove gli esseri umani raramente risultavano in grado di provare un minimo grado di empatia, tale da permettersi di non compiere scelte stupide nell’opporsi a chi non avrebbero dovuto offendere, gli animali apparivano invero possessori di una tale capacità, in conseguenza alla quale la donna guerriero non si propose più quale preda ai loro occhi, alle loro fauci, esattamente come l’un l’altro non si sarebbero mai considerati possibili vittime, possibili fonti di sazietà per la propria fame.

« Non è possibile… » commentò il nobiluomo gorthese nell’assistere a quell’evoluzione imprevista, a quell’evento privo di pari nel passato dell’Arena, scuotendo appena il capo.

Come egli in molti si ritrovarono ammutoliti nell’essere posti di fronte ad una simile scena, a quello spettacolo che non ritrovò le fiere affamate gettarsi contro la mercenaria ma, al contrario, contro gli orsi, non rivolgendo più ad ella alcuna attenzione, alcun interesse, quasi non fosse più presente all’interno dell’Arena. Addirittura qualcuno seduto negli spalti inferiori, più vicino alla scena, non accettando quella situazione, non gradendo simile reazione, provò a gettare delle pietre in direzione degli animali, per scuoterli, per spronarli alla lotta, ma dove essi puntualmente reagirono in modo violento, indirizzarono tale rabbia verso gli stessi spettatori, con forti ruggiti ed, addirittura, scatti furibondi a tentare di violare l’alta distanza esistente fra la sabbia e le fila più basse, continuando in ciò a non rivolgere altre attenzioni verso colei che, in modo assolutamente e freddamente tranquillo, manteneva la propria posizione fra essi.

« Per l’Unico! » fu l’unica voce possibile di fronte a tutto ciò, espressa fra l’altro anche da lord Visga, laddove le regole del combattimento sembravano violate eppur, allo stesso tempo, trascese.
« Bisogna considerare la sua vittoria? Oppure la sua sconfitta? E’ lei vincitrice o sono le fiere ad proporsi come dominanti? » chiese, retoricamente più che concretamente, la femminile presenza vicino a lui, comprendendone il disagio in quell’assenza di sangue a cui tale cultura non era abituata.
« Non c’è vittoria o sconfitta senza la morte di uno o dell’altro. » replicò egli, scuotendo il capo nell’enunciare un semplice e chiaro principio del proprio contesto sociale, della propria stessa fede « Tutto questo ha il sapore di blasfemia… e la mercenaria potrebbe essere abbattuta insieme alle bestie sue amiche in conseguenza di una tale situazione. »

A conferma di quelle parole, a sottolineare la comune condanna di quel popolo, di quella religione di fronte alla vittoria ottenuta da Midda nell'ammansire attorno alla propria figura le fiere, nel farsi accettare fra loro senza scatenarne le ire, nel negare il sangue richiesto dal dio Unico, fu la reazione degli organizzatori dell'Arena, dei gestori di quel circo. Dopo pochi minuti in cui la situazione restò bloccata in quello stallo, congelata nell’incertezza, nello scompiglio creato dalla donna guerriero, la sabbia di quel campo di lotta iniziò a vibrare, tremare vistosamente, creando evidenza dell’attivazione di un qualche meccanismo, probabilmente del tutto simile a quello che permetteva il movimento del presentatore ma, al tempo stesso, estremamente più grande, idoneo a trasportare qualcosa di più esteso, di più pesante. Ed il centro del teatro si aprì in quel mentre, vedendo emergere dalla terra, dalla voragine così offerta, una nuova figura, la sfida finale prevista per la Figlia di Marr’Mahew, liberata a concedere vendetta alla sete di sangue non saziata, per donare la giusta punizione a chi, con tanta noncuranza, aveva scelto di non onorare le regole del combattimento, continuando fino alla propria morte oppure alla morte dei propri avversari.
Il nuovo avversario proposto davanti alla mercenaria mostrò un corpo di aspetto umanoide, colossale nelle proprie dimensioni di oltre otto piedi in altezza e sicuramente cinquecento libbre di peso. La sua pelle, similmente a quella di un rettile, si presentava in una tonalità grigiastra composta da un’infinità di piccole scaglie, su un corpo praticamente nudo nell’unica eccezione dei fianchi, a cui era stato concesso un giusto pudore attraverso un ampio perizoma in pelliccia. Le sue gambe, se tali potevano essere definite, si conformavano come digitigrade, lasciando gravare il peso immane di quell’essere sulle punte delle sue dita artigliate; le sue mani, non diversamente, si concedevano con lunghi ed affilati artigli, in proporzioni superiori alla classica anatomia umana, tanto che esso poteva condividere il sostegno alla propria struttura anche sui propri arti superiori, in ampie spalle, in forti braccia. Il capo di quell’essere, infine, nelle proprie forme richiamava quello di una lucertola, nell’aggiunta presenza di zanne taglienti ad ornare una bocca priva di labbra: in ciò esso non appariva lontano da altre creature mitologiche già affrontate dalla mercenaria, forse derivanti da uno stesso ceppo evolutivo, quali idra, ippocampi e cerberi. Mai prima di quel momento Midda aveva avuto possibilità di confrontarsi con una tale presenza, con un nemico di quella razza che, al di là della conformazione umanoide, si presentava più animale che umana: nel momento in cui dalla sua bocca, spalancatasi per concedere all’aria dell’Arena un verso tremendo ed assordante, emerse quale sua lingua qualcosa di paragonabile ad un lungo serpente con tanto di testa, occhi e bocca, nessun dubbio però restò in lei sulla reale natura di quella creatura.

« Tifone… » sussurrò fra labbra appena dischiuse nello stupore provato.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Se ha fortuna, il Tifone prima penserà alle bestie e lei così potrà pensare a qualcosa per fregarlo.

Comunque geniale il pareggio contro le fiere xD