11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 31 ottobre 2008

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O
rmai da due ore Midda stava girando continuamente nel letto, cercando senza successo alcuno di riuscire a trovare il dolce abbraccio del sonno, di sprofondare addormentata e poter, almeno in quel modo, raggiungere uno stato di quiete, di ristoro.
Per quanto già si fosse concessa qualche minuto di riposo in mattinata, nell’attesa di incontrare i propri compagni, decisamente ampio era il debito che sentiva di avere nei confronti del letto e, per simile ragione, avrebbe ben volentieri chiuso i propri occhi e lasciato ogni pensiero dietro di sé: purtroppo, però, qualche dio o dea non sembrava essere concorde con simile proposito ed, in questo, più tempo ella trascorreva a tentare di addormentarsi e più il nervoso cresceva nel di lei animo, per la situazione tanto paradossale creatasi.

« Thyres… » sbuffò, gettando in aria con un gesto isterico il lenzuolo che solo ricopriva il di lei corpo, sperando di riuscire ad invocare una qualche clemenza divina « Non è possibile… voglio solo assopirmi: è davvero chiedere troppo? »

Ovviamente nessuna risposta le poté essere concessa e, con la naturale assenza di essa, il livello di sopportazione della donna decrebbe senza sosta, facendola arrabbiare sempre più e concedendole sempre meno quella quiete forse necessaria per ottenere quanto desiderato: troppi pensieri si contendevano la di lei attenzione, affollandole la mente, non permettendole di separarsi dallo stato di veglia nel quale si trovava ed obbligandola, anzi, a rimbalzare metaforicamente da un argomento all’altro, da un’idea ad un’altra, da una preoccupazione ad un’altra. Non sembrava purtroppo esserci possibilità di uscita da quella piaga se non in virtù di qualche occasione di distrazione: aveva bisogno di porre un freno all’irruenza di quel fiume incontrollato di pensieri, per ritrovare se stessa ed il proprio equilibrio, e tale blocco lo avrebbe probabilmente ottenuto solo in conseguenza della presenza di qualcos’altro a cui rivolgere il proprio interesse, la propria attenzione.

« Basta! » decretò, levandosi a sedere sul letto con una decisa contrazione addominale, prima di voltarsi e cercare i propri vestiti a tentoni nella stanza « Un altro minuto così e potrei dare di matto… »

Dal piano inferiore il frastuono di una serata piena di vita e di alcolica allegria risaliva attraverso il pavimento fino a lei, ad avvertirla della presenza di un locale pieno di gente sotto di lei: fra tante persone in preda ai piaceri del buon vino, forse ella avrebbe potuto trovare un gruppetto sufficientemente disinibito da potersi dimenticare del di lei nome e della di lei fama. Una rissa, un sano, naturale e tranquillo scontro con una mandria di esseri più simili a tori selvaggi che a uomini, desiderosi di allungare su di lei le proprie mani al punto tale da essere disposti anche a ricorrere alle armi, ad aprirle il collo da parte a parte, per guadagnarsi simile diritto: ecco quale sarebbe potuto essere un ottimo antidoto a troppi pensieri, all’eccesso di idee caoticamente sparse nella di lei mente.

« Speriamo che Be’Sihl non si arrabbi troppo con me… » commentò, rivestendosi in fretta, indossando nuovamente i quattro consueti stracci all’interno dei quali stringere le generose forme che la natura le aveva donato senza avarizia « In fondo quanto tempo è trascorso dall’ultima rissa degna di tale nome in questo locale? Addirittura quasi una settimana… mezza… va bene, tre giorni... ma non può prendersela per così poco! » sorrise in quel dialogo con se stessa, ad accordarsi in voto unilaterale il diritto di poter spaccare qualche naso e qualche mento senza troppi sofismi morali.

Lasciando accuratamente celata la propria spada sotto il letto, non avendo necessità di essa o di altre armi in un simile contesto, la Figlia di Marr’Mahew usci dalla stanza desiderosa di raggiungere i malcapitati che il fato le avrebbe concesso quali avversari in quella sera, coloro che per primi avrebbero offerto il proprio mascolino ed ipoteticamente virile interesse al di lei corpo: solo il pensiero di uno scontro già le stava concedendo di sentirsi decisamente meglio, iniziando a liberarla da molti di quegli inutili crucci che l’avevano privata ingiustamente del proprio legittimo sonno.
Semplicemente nel corridoio fuori dalla propria camera molte furono le persone che ella incrociò: chi, come lei, si proponeva diretto a ridiscendere verso la sala principale; chi, altresì, di rivolgeva alle camere, proponendosi in quest’ultimo caso sempre almeno in coppia; ed anche chi, semplicemente, lì sostava a discutere dei più variegati argomenti. Probabilmente, se la mercenaria avesse voluto, avrebbe già potuto, anche in quel punto, facilmente innescare qualche commento a sproposito grazie al quale avere ragione per poter scatenare la rissa desiderata: invero, però, non vi sarebbe stato gusto nell’impegnarsi in uno scontro in uno spazio tanto ristretto e, soprattutto, tanto lontano dallo sguardo del locandiere, laddove ella non lo desiderava assolutamente privare dell’ennesima possibilità di offrirle rimprovero come sempre accadeva quando egli comprendeva era proprio lei a cercare la lotta, trovando in essa un certo livello di piacere. Per ella era divertente, quasi dolce, vedere il shar’tiagho arrabbiarsi in simili occasioni, minacciandola di non conservarle più alcuna stanza o di farle pagare i danni, assolutamente conscia di come po, immancabilmente, a malapena egli le avrebbe imposto anche solo il giusto e minimo costo per tutto ciò che le concedeva: del resto non era da trascurare il fatto di come quelle risse fossero in realtà utili ad egli ed alla sua locanda, rinfrescando nella memoria di tutti i più o meno abituali avventori della medesima di come essa fosse sotto la protezione di Midda Bontor e, pertanto, da mantenere al di fuori da qualsiasi attività criminale, desiderio di estorsione o simili. Un gesto dimostrativo, quello di lei, dal quale prima di tutto proprio Be’Sihl avrebbe ottenuto beneficio, come entrambi erano perfettamente a conoscenza, nel momento in cui, in una città come Kriarya, senza tali esclusivi spettacoli concessi da parte della donna guerriero decisamente più impegnativo sarebbe stato per l’uomo riuscire a conservare l’indipendenza di cui andava tanto fiero, il suo porsi esterno al controllo di un qualsiasi signore locale per il quale tanto da sempre aveva lottato: più impegnativo, sicuramente, ma non di certo impossibile nel non dimenticare come, comunque, ancor prima dell’inizio del rapporto di amicizia fra i due e di quella collaborazione, egli era sempre stato in grado di mantenersi autonomo, libero in una città dove nulla poteva realmente definirsi tale e dove praticamente chiunque sarebbe stato pronto a vendere anche propria madre, propria moglie o propria figlia per una manciata d’oro.

Giunta fino alle scale, poco separava ancora la mercenaria dalla cura per ogni male quando una voce la bloccò, ritrovandola non diversamente da una bambina colta in flagranza di capriccio o dispetto: « Non so perché, ma credo che tu questa sera mi offrirai rogne… »
« Chi… io?! » domandò Midda, voltandosi verso l’amico, nel riconoscerne il tono di rimprovero preventivo, laddove evidentemente egli aveva già compreso i di lei intenti « Mi consideri così male? »
« No, il punto è che ti conosco così bene. » sorrise Be’Sihl, scuotendo il capo « Possibile che non riesci a restare un po’ tranquilla? »
« Giuro che io non desideravo altro! » rispose lei, sincera, sollevando le mani in propria difesa da quelle accuse « Fosse stato per me sarei rimasta volentieri a letto, a dormire… ma purtroppo qualcuno deve avere progetti ben diversi, dato che non mi è stata concessa possibilità di chiudere occhio serenamente. »
« Se non riesci a prendere sonno posso sempre prepararti una tisana… » le propose egli, accostandosi a lei e prendendola a braccetto con la propria mano destra, reggendo invece nella sinistra una bottiglia per recuperare la quale si era dovuto allontanare dalla propria solita zona di lavoro « C’è una vecchia ricetta di famiglia che farebbe proprio al caso tuo. »
« Beh… ma anche il mio è un rimedio “tradizionale”, per certi versi. » sorrise ella, sorniona, nell’appoggiare la testa contro la di lui spalla « Non sai che un po’ di movimento fisico favorisce sempre il buon riposo?! »
« E non riesci proprio ad immaginare alcun genere di attività diversa da quella che comporti uno spargimento di sangue nel mio locale? » replicò l’uomo, giungendo insieme ad ella alla sala principale, dove immancabilmente verso di loro venne attratto ogni sguardo nella presenza della donna.
« Ricominci con le proposte indecenti, Be’Sihl? » gli rispose Midda, sussurrando giocosamente « Sei proprio incorreggibile… »

3 commenti:

Anonimo ha detto...

"libero in una città dove nulla poteva realmente definirsi tale e dove praticamente chiunque sarebbe stato pronto a vendere anche propria madre, propria moglie o propria figlia per una manciata d’oro."

Forse è una questione di sensibilità mia e non di grammatica, ma sei sicuro che non ci stavano un po di articoli in più? O.o

Anonimo ha detto...

Tre "la", direi :P

Sean MacMalcom ha detto...

Boh... a me non sembra manchino... @.@"""