11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 23 dicembre 2008

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« N
on sai quello che stai dicendo, Heska. » replicò la mercenaria, ancora negativamente, scuotendo il capo « Ho combattuto guerre di cui non puoi avere immaginazione, ho ucciso in modi tali da superare ogni orrida fantasia, sono sopravvissuta a nemici oltre ogni mia possibilità… »
« E ora rischi di peccare di superbia. » la interruppe l’altra, sorridendo sorniona « Non essere così imprudente da sottovalutarmi, Figlia di Marr’Mahew… »

Forse per accontentare la compagna in quella sua richiesta, forse per non sprecare ulteriore tempo in chiacchiere, comprendendo che tanto non si sarebbe potuto risolvere nulla a parole, Midda si ritrovò ad accettare la proposta di duello, quella sfida che non avrebbe potuto evitare di considerare vana. Se, infatti, la sua compagna non si poneva in torto nel rimproverarle una sottovalutazione a proprio discapito, il passato guerriero e bellico della mercenaria non avrebbe potuto essere ignorato, non avrebbe potuto essere dimenticato: Heska, forse, si era allenata in quegli anni, si era addestrata in quei tre decenni nel corso dei quali era arrivata a modificare il proprio stesso corpo, oltre che il proprio animo, ma ciò non avrebbe potuto permetterle di considerarsi ascesa al grado di donna guerriero, non avrebbe potuto concederle la sicurezza che, altresì, stava cercando di dimostrare in quel confronto.

Facendo solo un rapido scalo di nuovo presso la bottega, al fine di procurarsi due armi neutre con cui dar vita a quella loro disputa, le due donne si allontanarono dal centro abitato, spingendosi nella parte non abitata dell’isola, là dove non avrebbero attratto sguardi indiscreti, non avrebbero stuzzicato la curiosità di alcuno verso quella loro scelta, quel loro incontro privato.
Konyso’M, in quegli ultimi trent’anni, non aveva mutato la propria composizione, la propria struttura urbana, e, pertanto, nella classica forma romboidale proponeva ancora una metà settentrionale della propria superficie dedicata alla natura, in un intrico selvatico di piante e bassi arbusti non curati, e una metà meridionale altresì offerta all’uomo, nella cittadella e nel suo porto. Nella sua parte silvestre, in quella vegetazione assolutamente particolare, tipica di quell’arcipelago, adatta a resistere al clima di quelle terre ed alla salsedine del mare a sé troppo prossimo, si concedeva effettivamente molto difficile inoltrarsi, offrendo in tal modo una possibilità di rifugio lontano dalle abitazioni spesso sfruttata dai più giovani alle prese con le proprie prime esperienze amorose, con le proprie prime emozioni fisiche oltre che sentimentali.
Heska, conducendo la propria compagna attraverso stretti sentieri ricchi di rovi e sabbia, trasportata dal vento a coprire la terra ed ogni altra cosa, non poté fare a meno che sorridere nel ritrovare molti ricordi legati a quel luogo riemergere dalla propria memoria: a partire le prime visite in quell’ambiente, in quell’area, accompagnata da colui che più tardi sarebbe divenuto suo marito, fino alle gite di sua figlia Gaeli fra quegli stessi arbusti, dai quali fuoriusciva sempre rossa in volto per quel naturale imbarazzo tipico dei giovani, nel ritenere di star compiendo qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso rispetto ai propri genitori, non comprendendo altresì come la vita, il destino, inevitabilmente, si sarebbe sempre proposto quale un’enorme ruota, sempre in movimento, atta a riportarli sempre a eventi già vissuti, a sentimenti già provati in quanto propri della natura umana.

« Qui credo potremo trovare sufficiente intimità… » affermò ella, verso Midda, nel raggiungere una piccola radura sabbiosa, uno spazio quasi circolare con un diametro appena superiore ai dieci piedi « Nel caso peggiore correremo il rischio di essere scorte da una coppia di adolescenti. »
« Trasformare un luogo d’amore in uno di guerra… » sorrise sorniona e divertita la mercenaria « L’età ti ha resa decisamente perversa, amica mia. »
« Ti accorgerai ben presto di quanto io sia cambiata… » replicò la donna, offrendo verso la compagna una delle due spade che aveva condotto con sé.
« Il primo sangue stabilirà il vincitore. » sancì la Figlia di Marr’Mahew nel rammentare una regola comune a simili questioni, accogliendo la lama nella mancina « Ovviamente cercherò di non farti male… » aggiunse poi, soppesando con cura l’arma concessale.
« Non saranno come la spada contesa, ma Hower ha imparato bene il mestiere, crescendo negli insegnamenti della scuola di Lafra… » sorrise, lasciando roteare la propria lama attorno ai fianchi, con eleganza e padronanza completa della stessa « Credo che non avrei potuto sperare in un marito migliore per mia figlia. »
« Mmm… » commentò l’altra, compiendo analoghi gesti nel prendere confidenza con la spada « Non posso darti torto: sembra perfettamente equilibrata e tutt’altro che dozzinale nella propria manifattura. »

Al di là di simili cortesi scambi di battute, nelle disputanti la concentrazione si propose già in quel momento decisamente alta, ritrovandole entrambe psicologicamente rivolte verso l’imminente lotta.
Da un lato Heska non desiderava concedere alla compagna la vittoria che aveva avuto l’ardire di considerare tanto scontata: per quegli ultimi tre decenni, ella si era considerata, forse egoisticamente, forse ingiustamente, sua erede, destinata a brandire quella spada ormai associata all’idea stessa della Figlia di Marr’Mahew tanto da diventare un simbolo ancor prima di un’arma, un incarico divino ancor prima di un oggetto forgiato da mano mortale. Ed ora, che il fato le sembrava offrire finalmente l’occasione di accogliere tale retaggio, non era disposta a tirarsi indietro, neppure di fronte al ritorno della medesima icona a cui si era ispirata per tanto tempo, per tanti anni.
Dall’altro lato, Midda non desiderava concedere a se stessa possibilità di errore, nella valutazione di quel momento, di quella sfida: per quanto le sue parole si fossero concesse sincere nello schernire la sua interlocutrice, la sua sfidante, non considerando possibile da parte della stessa un’ipotesi di vittoria, voleva comunque offrire rispetto a chi tanto coraggio, o tanta follia a seconda dei punti di vista, era riuscita a mettere insieme. La sfida sarebbe stata già vinta in partenza, ma non per questo ella avrebbe avuto ragione a privare d’onore la propria compagna, a negarle quell’occasione: inoltre, dopo tanti anni, sarebbe stato anche per sé un momento utile a comprendere quanto la propria preparazione, quanto la propria tecnica poteva esser venuta meno nell’avanzare dell’età e nel distacco dalla vita piena di pericoli che in passato le era stata propria, che aveva contraddistinto ogni sua giornata.

« In guardia. » avvertì la figlia di Lafra, lasciando nuovamente roteare la propria lama attorno ai fianchi, prima di assumere una postura da combattimento, dichiarando in quel modo anche l’apertura della sfida.
« Aspetto la tua mossa… » commentò la mercenaria, restando altresì esattamente come era stata fino a quell’istante, eretta e tranquilla con la punta della spada rivolta verso il suolo.

Priva d’enfasi, di trasporto, di impeto come invece si sarebbe potuto attendere dalle proprie precedenti parole, dalla volontà di scontro che aveva chiaramente dimostrato, Heska non si gettò a testa bassa in contrasto all’avversaria, alla mercenaria: al contrario ella si propose assolutamente controllata, muovendo passi praticamente perfetti sul terreno sabbioso, nell’avanzare di poco e nell’accompagnare diversi movimenti della propria lama, diretta attraverso colpi sgualembri, dritti e rovesci, a collaudare le difese avversarie. La lama, a differenza di quanto avrebbe compiuto una persona meno esperta, non venne né lasciata in balia del proprio peso, né condotta unicamente nell’utilizzo della forza della proprietaria: con maestria venne immediatamente dimostrato un giusto equilibrio in entrambi i fattori, tale da mantenere controllo assoluto sulla medesima e, al tempo stesso, da non penalizzarla in simile azione come sarebbe potuto avvenire nell’ignorare semplici i principi fisici nel compimento della medesima.
Midda, in ciò, non poté che offrire la propria sorpresa, entro certi versi addirittura piacevole. Scioccamente, forse,ella aveva previsto che la compagna si sarebbe fatta trascinare senza controllo non solo dalle proprie emozioni ma anche dal peso della propria spada: in simile caso, a lei sarebbe stato sufficiente muoversi il minimo indispensabile per evitare quel tentativo d’offesa, scartando tali azioni senza neppure aver necessità di levare la propria spada o, altresì, il proprio braccio destro. I fatti, però, la smentirono, costringendola non solo a muoversi, ma anche ad innalzare il metallo della lama a propria difesa, per bloccare e deviare gli attacchi rivolti con cura e maturata coscienza contro di sé.

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