11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 26 gennaio 2009

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F
u più di un anno fa, in occasione della terza venuta di Midda, di quel nuovo e quasi non sperato ritorno a casa a seguito di un’improbabile missione all’interno della zona maledetta conosciuta da tempi remoti con il nome di palude di Grykoo, che avvenne un fatto, qualcosa destinato, evidentemente, a cambiare per sempre una parte del mio animo ed a condurmi, irrimediabilmente, a questo mio appuntamento con il destino.
Vorrei poter dire che ricorderò per sempre quel giorno, ma effettivamente non mi è dato di sapere quanto potrà perdurare il mio “sempre” in questa situazione…

« Vieni, presto. » mi comandò Be’Sihl, cercando di dimostrare la sua solita quiete ma mal celando, dietro di essa, un disagio, un’irrequietezza, forse una paura che mai aveva avuto modo di dimostrarmi in passato « Ci servono delle garze puli te, filo da sutura, acqua calda… bollente, ed un coltello ben affilato. »

Simili richieste mi colsero di sorpresa, ma non ebbi volontà, brama di porre in discussione il comando rivoltomi: dove alla solita serenità si stava sostituendo un’emozione tanto incontrollata ed incontrollabile, evidentemente doveva essere accaduto qualcosa di imprevisto e di estremamente grave. A quell’ora della giornata la locanda si poneva essere decisamente affollata, accogliendo molti viandanti per il pranzo ed assorbendo in tal modo l’attenzione di quasi tutti i miei compagni: dove, pertanto, il mio benefattore aveva deciso di rivolgersi esplicitamente a me, io non avevo umano desiderio offrirgli possibilità di delusione, occasione per concedermi rimprovero. Agii pertanto rapido, procurandomi quanto richiesto… aiutandolo a procurarsi quanto richiesto e seguendolo, in conseguenza a ciò, al piano superiore, diretto nelle stanze che sapevo appartenere a Midda.
Solo in quel momento ebbi trasparenza delle ragioni che tanto sconvolgimento avevano ritrovato in Be’Sihl e non potei fare altro che condividerle: la donna guerriero, già entrata nel mito per le imprese compiute, ultima fra le quali essere sopravvissuta alla negazione stessa della vita e della morte, ad una landa da cui alcuno aveva trovato prima fuga, si poneva innanzi a noi, sdraiata sul suo letto, ricoperta da escoriazioni ed immondizia e, peggio, con una freccia conficcata nella schiena.
La mercenaria era stata abbattuta…

« C-cosa è accaduto?! » non potei fare a meno di domandare, sbalordito, forse spaventato da quello spettacolo, osservando l’immagine di tanta forza, di tanta fierezza improvvisamente posta a confronto con la propria umanità, con i limiti che non mi era mai sembrato ella potesse conoscere prima di quel giorno.
« Mi sembra evidente, ragazzo. » replicò una nuova voce « E’ stata ferita… a tradimento aggiungerei. »

Era stato il guercio tranitha a prendere parola: non sapevo chi egli fosse all’epoca dei fatti ed, effettivamente, neanche ora potrei dire di conoscerlo, dove addirittura non credo di avere memoria, o di aver mai avuto nozione, neppure in merito al suo nome. Vero, però, che ad egli in quel giorno si sarebbe dovuto riconoscere, e venne riconosciuto, ogni sentimento di gratitudine per aver portato in salvo, con discrezione ineccepibile, la mercenaria, evitando di farsi notare, ovviando ad ogni sguardo indiscreto e conducendola nell’unico luogo in città in cui ella sarebbe potuta essere accolta, curata, protetta.

« Serve… qualcuno. Qualcuno che l’aiuti! » gemetti, mancando di sangue freddo di fronte a simile spettacolo, umanamente terrorizzato nell’essere innanzi a tanto dolore.
« Peccato che i cerusici non abbondino entro queste mura. » replicò il guercio, con tono quasi sarcastico, o forse pragmatico, in reazione alle mie emozioni prive di iniziativa, di utilità.
« Dobbiamo occuparcene noi. » definì con fermezza, con forza d’animo, Be’Sihl, riprendendo parola e liberandosi le braccia dalle maniche della propria casacca, nel predisporsi all’intervento « Purtroppo non possiamo fidarci di alcun altro: c’è troppa gente, in questa città, che ricaverebbe dei grandi benefici dalla prematura scomparsa di Midda. Non possiamo concederci il rischio che la notizia si diffonda, coinvolgendo altri oltre a noi tre. »

Avrei dovuto sentirmi estremamente onorato da quell’affermazione, dal poter essere presente in quel momento a seguito di simili parole. Senza complicati giri di parole, in assenza di retorica, Be’Sihl aveva infatti sottolineato la considerazione nei miei riguardi quale quella verso una persona fidata, da mantenere accanto a sé nonostante la profonda crisi, l’incredibile dolore che quel frangente non gli sarebbe potuto essere negato. Ovviamente solo a posteriori potei riflettere sulla situazione e sull’onore concessomi: in quel momento preciso, al contrario, ammetto che avrei volentieri rinunciato alla nomina offertami per tornare al mio lavoro, a servire senza rischi, senza responsabilità, senza preoccupazioni i clienti affamati al piano inferiore. Nella mia codardia, comunque, non ebbi cuore di donar voce a quel pensiero, a simile timore, temendo la reazione che esso avrebbe potuto scatenare e restai immobile al mio posto, ubbidiente agli ordini che mi vennero proposti, concedendomi al mio padrone ed affrontando la questione invero con lo stesso animo con cui in passato avevo vissuto incarichi non graditi al servizio di lord Cemas. Ciò che, nella mia stupidità, ancora non stavo riuscendo a comprendere era come in quel momento la situazione fosse assolutamente antitetica alle tante già affrontate in passato: Be’Sihl non era Cemas, non obbligo mi stava imponendo ma aiuto mi stava supplicando, non per la morte aveva richiesto la mia presenza ma nella speranza di concedere la vita. E solo un idiota avrebbe potuto porre le due figure sullo stesso piano. Un idiota come me…
Le ore successive furono lunghe e faticose. Innanzitutto Midda venne spogliata dei suoi abiti e lavata dall’immondizia che ne aveva ricoperto quasi interamente il corpo, a permettere un’analisi più obiettiva della situazione. La freccia, fortunatamente per tutti, soprattutto per lei, non era ancora stata rimossa, tamponando con la propria presenza la ferita inferta: se essa fosse stata estratta prima del tempo, probabilmente non vi sarebbe potuto essere nulla da fare per la mercenaria, laddove precedendo ogni rischio di infezione o di eventuali danni all’organismo, sarebbe stata altresì la perdita di sangue ad decretare la morte della mercenaria. Del resto, dopo ciò che aveva subito, il fatto che ella non fosse ancora deceduta si stava proponendo come evidente segnale di speranza, di una possibilità di salvezza: se il dardo avesse, infatti, colpito punti vitali, alcuna preoccupazione avremmo potuto provare in quel momento, alcun timore avremmo vissuto, ritrovando semplicemente solo la tragica possibilità di rimpiangerla e nulla più.
Inevitabilmente, comunque, il momento fatidico venne raggiunto e nel mentre in cui il guercio, da un lato, ed io, dall’altro, ci premurammo di tenere bloccata la mercenaria, costringendola con forza al letto per impedirle possibilità di ogni movimento improvviso e potenzialmente letale, a Be’Sihl restò la responsabilità di procedere con l’estrazione del corpo estraneo. Non credo che mai potrò scordarmi il grido che Midda generò nell’istante in cui l’azione venne posta in essere, sottolineando il proprio dolore e, in ciò, anche la vita che ancora non l’aveva abbandonata.

« Io non sono mort… aahhh!!! »

Solo all’imbrunire la sitazione parve stabilizzarsi, raggiungendo una momentanea tregua e vedendo la donna, completamente fasciata, essere posta a riposo sul proprio letto, sotto le coperte.
Tutti e tre, così, precipitammo a terra, stremati per quanto accaduto, privati di ogni energia per la tensione che troppo a lungo aveva dominato i nostri corpi nonostante solo Be’Sihl avesse avuto un ruolo realmente fondamentale in quel frangente. Egli, quel giorno, rivelò di possedere capacità fuori dal comune, più degne di un medico che di un locandiere, intervenendo con mano ferma e controllata sulle forme di colei che non avrebbe mai ammesso, ma neppure negato, di amare. E la mia ammirazione per lui non poté evitare di crescere a dismisura.

« Ce la farà? » domandai, con tono incerto, temendo forse la risposta ancor più del dubbio a tal riguardo.
« Se riuscirà a superare la notte sì. » replicò il guercio, osservando la donna.

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