11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 20 giugno 2009

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« I
ntromettermi nella tua vita?! » replicò Desmair, sgranando gli occhi con aria divertita e pur stupita « Mi domando fino a quali limiti possa riuscire a spingersi la tua ipocrisia, luce del mio cammino. Non ricordi, forse, di essere stata proprio tu ad entrare a far parte, con l’inganno, della mia esistenza? »
« Taci! » intimò ella, non potendo più sopportare che la voce di quell’empio essere potesse giungere fino alle sue orecchie, sfidandola ripetutamente con le proprie provocazioni.

In un gesto carico di risentimento la lama della spada venne, così, sfilata dal corpo del mostro solo per essere nuovamente scaraventata contro il medesimo, tornandolo a colpire ora all’altezza della gola, nel solo, evidente scopo di decapitarlo, in un’illusione, pur già nota come vana, di poterlo arrestare in tale azione, con simil gesto.
Ma dove egli pur non frenò in alcun modo l’avanzata di quell’offensiva, ritrovando inevitabilmente la propria testa separata violentemente dal corpo, sospinta in aria dalla foga del taglio, non si propose in alcun modo sopraffatto da lei, sconfitto da tale azione. Benché infatti privata dell’intero capo, questo stesso rotolato lontano dal suo corpo fino ad appoggiarsi contro un angolo della stanza a loro opposto, la semidivinità dimostrò ugualmente una vivace salute, riprendendo a parlare ed a muoversi nel confronto con la sposa come se nulla fosse accaduto, nel mentre in cui, peggio ancora, la ferita precedentemente inflittagli già incominciava a rimarginarsi quasi fosse stata un banale graffio.

« Raramente mi è accaduto… e ancor più raramente sono giunto persino a dichiararlo, ma credo di aver compiuto un madornale errore di valutazione nei tuoi riguardi, Midda Bontor. » ammise ora la testa separata dal corpo, con tono serio, nell’osservare la sposa ed il resto di sé impegnati in quel confronto diretto « Se è comunque innegabile che, non essendo tu una strega, o quantomeno una negromante, il nostro matrimonio non potrà concedermi alcun beneficio di sorta, credo si possa considerare altrettanto evidente come tu possieda diverse caratteristiche sicuramente capaci di stuzzicare le fantasie di un marito. »
« Ti ho detto di tacere! » ribadì la mercenaria, attaccando nuovamente il corpo nemico per amputarne il braccio sinistro, nell’avvertire da parte del medesimo un movimento rivolto verso di lei « La tua stessa esistenza è un insulto a tutti gli dei, un’offesa alla sacralità del loro nome. Devi morire! »

Probabilmente l’errore che, a quel punto, ella disastrosamente commise fu conseguenza del suo essersi lasciata trascinare in maniera incontrollata dalle emozioni, umanamente giustificabili, provate confronti del proprio avversario: vittima dei sentimenti di odio, rancore, frustrazione che egli era apparso riuscire ad instillare con sapienza nel suo cuore, la donna guerriero, nonostante tutta la propria formazione, era giunta a dimenticarsi di tutti i principi che, da sempre, l’avevano aiutata a sopravvivere ad ogni scontro, ad ogni duello, concedendosi al contrario troppo facilmente, in tal modo, a possibili azioni del proprio nemico.
E sebbene fosse stato privato della testa e dell’arto mancino, il colosso dalla pelle rossa non fece spreco del vantaggio così offertogli sulla propria preda, muovendosi rapido nello sferrare una pur attendibile offensiva con il proprio unico braccio rimasto, agendo immediatamente nell’andare a colpire con violenza il volto della donna, sollevandola in conseguenza di tanta foga da terra e mandandola a sbattere contro la parete a ridosso del letto, quasi fosse una bambola di pezza scaraventata da una bambina capricciosa. Un gesto incontenibile contro di lei, irrefrenabile a suo discapito, e pur incredibilmente moderato considerando come semplicemente si limitò a stordirla quando, con la stessa facilità, avrebbe anche potuto frantumarne le ossa, riducendola per sempre all’immobilità.

« Osservando la pienezza delle tue grazie, non posso evitare di pensare che sia stato un vero peccato aver interrotto prematuramente la nostra festa di matrimonio, mia sposa. Soprattutto prima di aver avuto occasione di godere di esse. » commentò la testa mozzata, continuando ad osservare a distanza la scena nel mentre in cui il resto del suo corpo avanzava, pur così mutilato « Non di meno, è pur sempre possibile porre rimedio a simile mancanza… »
« No… Thyres… no! » tentò di gemere ella tentando di ritrovare lucidità, di guadagnare nuovamente il controllo del proprio corpo, dopo essersi ritrovata a ricadere sul proprio stesso letto e sul corpo dell’amante di quell’ultima notte di felicità.

Ma non un sussurro privo di forze pronunciò simile diniego, quanto piuttosto un grido, un invocazione forte, decisa, che scaturì dal profondo della sua gola, alimentato dalla medesima energia che la fece scattare in piedi con occhi sbarrati, con pelle madida di sudore e respiro affannato ad agitarle il petto.

« Che accade?! » domandò una guardia, nell’osservarla più spaventato di lei da quell’urlo, messo in allarme per esso « Che accade? »

Chiudendo e riaprendo ripetutamente gli occhi, per un lungo istante estremamente disorientata, la Figlia di Marr’Mahew ritrovò contatto con la realtà, nel comprendere come ciò che aveva vissuto altro non fosse stato che un sogno, un incubo, in effetti crudele, ma assolutamente inoffensivo. E nel confronto con il viso della sentinella, familiare per quanto sconosciuto, la mente della donna riuscì a ricostruire rapidamente l’evolversi degli eventi, le ultime tappe da lei vissute prima di cedere, inaspettatamente, alla stanchezza.
Per quanto fosse stato sinceramente fremente nell’attesa di quel momento, non avendo alcuna per sospettare della loro comparsa proprio in quel giorno, lord Brote non aveva potuto evitare di essere coinvolto nelle ultime ore in una accesa discussione politica con alcuni degli altri signori della città del peccato, richiedendo di conseguenza alla sua guerriera prediletta ed alla sua futura moglie una dimostrazione di pazienza, nel concedergli il tempo per chiudere ogni questione in sospeso ed essere libero di dedicarsi ad entrambe nei modi più indicati. Ma se la principessa Nass’Hya aveva volentieri accolto l’invito ad usufruire delle risorse concesse all’interno della torre del mecenate, di un bagno caldo e delle premure di un gruppo di ancelle predisposte unicamente al suo servizio, iniziando immediatamente a familiarizzare con quella che sarebbe stata la sua nuova dimora per gli anni a venire, la mercenaria aveva preferito limitarsi a restare in tranquilla attesa, sola con se stessa in un atrio di uno dei molteplici livelli di guardia che formavano la complessa struttura dell’alta edificazione. Proprio in quel punto, su una dura panca di legno, ella si era così lasciata andare, ancora coperta di terra e di sporco e decisamente stanca per il viaggio, concedendosi imprudentemente la possibilità di addormentarsi con le conseguenze che poi, in ciò, erano occorse, spiacevoli per quanto fortunatamente irreali.

« Per Gorl! Che accade?! » insistette la guardia, un ragazzo chiaramente del tutto inadatto al ruolo pur riservatosi nella propria giovane età, per quanto un fato praticamente inevitabile all’interno di quell’urbe.

Diversamente da quanto prima creduto nella perversione di quella macabra esperienza onirica, la donna guerriero non aveva ancora avuto occasione di essere ricevuta dal proprio mecenate, né, tanto meno, aveva fatto ritorno alla locanda di Be’Sihl o, addirittura, giaciuto con lui. Tutto ciò che aveva creduto fosse accaduto era stato tale solo all’interno della sua mente, solo nei meandri del suo animo e del suo cuore: Be’Sihl, suo amico fidato, suo complice in infinite occasioni, era ancora vivo e Desmair, suo sposo, infame fardello, era ancora, fortunatamente, imprigionato all’interno del quadro nel quale l’aveva lasciato al termine del loro primo ed unico incontro.

« Niente. Calmati. » commentò nel porre a fuoco l’immagine del proprio interlocutore, nel rivolgere infine a lui la propria attenzione dopo aver ritrovato, in quelle poche ma essenziali certezze, la propria quiete interiore « Ho solo avuto un incubo. »
« Un incubo? » domandò l’altro, seriamente in imbarazzo per aver offerto una tanto palese dimostrazione di mancanza di controllo, considerando come avrebbe dovuto egli stesso evidenziare una tale situazione.

Purtroppo per lui, se anche avesse desiderato sfogare tale emozione contro colei che ne era stata involontaria causa, rimproverandola o, addirittura, canzonandola per quel grido ingiustificato, gli occhi di ghiaccio innanzi ai quali si ritrovò, nonché la nomea di colei che di essi faceva naturale sfoggio, non gli permisero alcuna reazione di quel genere, costringendolo al silenzio.

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