11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 14 agosto 2009

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I
n conseguenza della stanchezza accumulata dopo una giornata intera trascorsa a cavallo, una lunga notte di riflessione ed una mattinata immobile in posa, a concedere ai propri compagni di trarre dal dipinto le informazioni lì poste dall’autore, la Figlia di Marr’Mahew non si negò l’esigenza di trascorrere intenso pomeriggio a riposo, concedendosi solo a sera un ritorno di coscienza, di lucidità, nel risvegliarsi poco prima del tramonto.
Indifferente alla presenza dei propri compagni, così come lo sarebbe stata di fronte a chiunque altro, la mercenaria dopo essersi tersa il viso, si spostò sull’esterno della bottega, sulla zona ad essa antistante, per impegnarsi in quel punto in una serie di esercizi fisici, un rito al quale ella era solita dedicarsi generalmente prima e dopo ogni momento di riposo o, anche, in situazioni di particolare stanchezza, fisica o mentale, a concedere al proprio corpo di riprendere coscienza delle proprie membra, della propria condizione, sciogliendo muscoli e nervi altresì eccessivamente tesi e restaurando, in tal modo, la propria operatività, piena o parziale che essa avrebbe potuto essere. In quella lunga serie di flessioni, torsioni, contrazioni e distensioni, dal suo collo, delle spalle, delle braccia, del busto, dei fianchi e delle gambe, ella volle porre la propria attenzione per oltre un’ora, non prestando altresì spazio o tempo a nessun altra questione, ad alcun altro interesse. Ma dove anche la mercenaria si propose con tale stato d’animo nei confronti del mondo a sé circostante, indipendente e libera in un proprio spazio mentale ancor prima che fisico, il mondo a lei circostante non ebbe occasione di concedersi in egual maniera nel rapporto con lei, con la sua magnifica presenza. Aver, infatti, la possibilità di assistere a quella ginnastica, a quei movimenti ritmici, energici e pur, a loro modo, eleganti, non concesse ad alcuno dei suoi compagni di dimostrarsi a lei ugualmente indifferente, coinvolgendo, oltre a loro, anche molti autoctoni, nell’attrarre gli sguardi rapiti, ammaliati di contadini, artigiani, pastori e quelli, al contrario, indispettiti, gelosi delle loro mogli o compagne, per un fugace momento poste inevitabilmente in secondo piano nel confronto con la trasudante femminilità espressa pur involontariamente dalla donna guerriero.

« Senti… » commentò Howe, nel rivolgersi verso Seem, con tono contenuto, moderato, quasi nel timore che la propria voce potesse giungere alle orecchie della compagna per quanto ella fosse decisamente lontana da loro in quel momento, dove essi stavano permanendo ancora all’interno della bottega di Sha’Maech « … ma tu… e lei…? »
« Mmm…? » domandò lo scudiero, nel volgersi verso l’uomo, non comprendendo la sua richiesta.
« Sì, insomma… » sorrise lo shar’tiagho, con aria maliziosa, divertita « C’è stato qualcosa? »
« Qualcosa… cosa?! » insistette il giovane, non avendo colto il significato di quelle parole.
« Per Lohr! Ma fingi solo di essere più stupido di Be’Wahr o lo sei veramente? » strabuzzò gli occhi, per poi posare una mano sopra il capo dell’interlocutore, a forzarne un movimento in direzione della mercenaria « C’è stato qualcosa con lei oppure no? Anche perché, in caso contrario, non riesco proprio a comprendere per quale ragione dovrebbe trascinarti con sé… a meno di non averti adottato quasi un cucciolo randagio. »

Se non fosse stato cosciente del rapporto di cordialità che comunque legava la sua signora a quell’uomo, nel comprendere il reale significato delle sue curiosità, Seem non avrebbe mancato di reagire in conseguenza, dichiarandogli battaglia a difesa dell’onore del proprio cavaliere. A nulla, infatti, sarebbe valso il pensiero nel merito della pericolosità di quel mercenario, certamente guerriero esperto, combattente formato non tanto formato dall’addestramento quanto dall’esperienza, dalla pratica: dovendo rendere giustizia al nome di Midda Bontor, alla sua reputazione, al suo valore, alla sua obiettività poste in dubbio in uno scherzo di discutibile gusto, il ragazzo avrebbe affrontato il proprio avversario, a costo di incontrare, in conseguenza di ciò, la propria morte. Howe, però, aveva avuto occasione di guadagnarsi la fiducia della mercenaria e, in questo, qual suo scudiero anche egli avrebbe dovuto riconoscergli la propria, accettando con sufficiente buon grado quelle chiacchiere da osteria.

« No… assolutamente no! » negò, scuotendo il capo per liberarsi dalla presa subita, storcendo le labbra verso il basso.
« Non ti piacciono le donne, forse?! » chiese lo shar’tiagho, aggrottando la fronte a quel rifiuto tanto ricco d’enfasi, fraintendendo volontariamente le cause del medesimo al solo scopo di canzonare il proprio interlocutore.
« Innanzitutto ho una compagna, a cui sono estremamente affezionato. » specificò Seem, cercando, senza effettivo successo, di non dimostrare eccessivo risentimento nella propria voce « Inoltre, Midda Bontor è il mio cavaliere, ed a lei debbo il mio rispetto e la mia fedeltà. »
« E questo ti potrebbe impedire di giacere con lei?! » incalzò l’altro, ridacchiando.
« Howe… smettila, per favore. » rimproverò Be’Wahr, prendendo alfine parola nella questione, dalla quale si era volontariamente escluso fino a quel momento.
« Sto solo facendo due chiacchiere fra uomini… non vedo nulla di male in questo. » si difese, levando le mani a voler dimostrare la propria ipotetica incapacità a recare qualsivoglia offesa.
« Se mi è concessa la domanda… » riprese Seem, approfittando del momento per tentare di prendere a sua volta le redini di quello stupido gioco « … ma tu… e lei…? » propose, quasi imitando il tono prima utilizzato a proprio discapito.
« Stai forse cercando di schernirmi? Bel tentativo… ma inefficace. » riconobbe Howe, sorridendo con soddisfazione.
« No… non fraintendermi. Sto domandando seriamente. » proseguì lo scudiero, dimostrandosi sornione verso di lui « In fondo è una splendida donna… e siete stati compagni di ventura per lunghe settimane. E si dice che ella, credendo di morire, ti abbia persino affidato temporaneamente la sua spada, prima di sacrificarsi per le vostre vite ed il successo della vostra missione. » sottolineò, nella volontà di cercare, in simili termini, un qualche imbarazzo nell’altro, in conseguenza delle libertà verbali da lui stesso riservatosi verso la Figlia di Marr’Mahew « Possibile che davvero non sia accaduto nulla? »
« Ottima domanda! » esclamò il biondo, divertito, nell’osservare ora il fratello quasi ad attendersi da lui una qualche risposta attorno a quella questione, a simile argomento, là dove ben sapeva non vi era stato, né vi sarebbe potuto essere, assolutamente nulla fra egli e la donna guerriero.
« Ma… » contestò stizzito lo shar’tiagho, stringendo le labbra e poi voltandosi « Non sono di certo fatti vostri. Impiccioni… ficcanaso… » brontolò, allontanandosi in un’evidente ritirata, addirittura in ciò rinunciando a seguire il proseguo degli esercizi della compagna.
« Solo colui al quale fosse venuta a noia la vita oserebbe spingere i propri desideri nei confronti di un traguardo tanto irraggiungibile e pericoloso… » denotò, divertito, Be’Wahr, appoggiando la propria mano destra sulla spalla sinistra del giovane « Complimenti per essere riuscito a mettere a posto mio fratello… sei decisamente più in gamba di quanto non ami dimostrare. »

Nella soddisfazione conseguente a quel traguardo, all’obiettivo così raggiunto, Seem poté riprendere a seguire con tranquillità, e naturale incanto, i gesti della sua signora nell’attuazione dei propri esercizi, sapendo di non essere venuto meno al proprio incarico nell’essere riuscito a porla lontana da ogni possibilità di stolido chiacchiericcio, anche solo per scherzo, per gioco quale comunque sapeva essere quello portato avanti da Howe.
E lo shar’tiagho, pur apparentemente piccato nei confronti del ragazzo, non evitò di approvarne lo spirito, la stabilità di principi così dimostrata, tale da renderlo sicuramente adatto al ruolo ricercato accanto a una persona dello stampo di Midda Bontor.

« Dopotutto, forse, non sarai solo un peso per noi… » sussurrò, praticamente inudibile.

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