11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 13 febbraio 2010

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« E
faresti solamente bene, Be’Si… » tentò di pronunciare l’altra, nell’essere, però, interrotta in tali parole, in simile affermazione, dalla foga dell’uomo, il quale, dimentico ora di ogni remora passata, solo desideroso di porre da parte ogni dubbio che l’aveva dominato fino a quel momento, si precipitò con foga, con bramosia, sulle sue calde e morbide labbra, forme che lo accorsero senza ritrosia, non sottraendosi da lui, ma, anzi, a sé pretendendolo, richiamandolo con altrettanta energia.

Un’unione lunga, intensa, fra loro, che vide le braccia di uno chiudersi attorno al corpo dell’altra con intensità tale da lasciar, involontariamente, trasparire il timore che quello splendido momento potesse essere loro sottratto, che un qualche dio o dea potessero, in quel mentre, decidere di scendere in terra solo per negare loro quell’occasione meravigliosa, la passione di quel bacio nel quale, al contrario, l’intero universo avrebbe perso di significato, ogni realtà esterna a loro non sarebbe valsa la pena di poter essere vissuta, annichilendo e riplasmando, in simile intreccio di corpi, l’intero Creato, donando al medesimo una nuova e migliore essenza, solo ora finalmente degna di essere vissuta.
E proprio ove perfettamente consapevoli di quanto effimera, inevitabilmente e loro malgrado, sarebbe dovuta essere accolta l’illusione per loro pur dominante in quel momento, ma destinata a terminare alla conclusione stessa di quel reciproco contatto, di quell’intima fusione, entrambi cercarono con insistenza, con perseveranza, con impegno di prolungare simile piacere, tale gioioso e fuggente attimo, il più a lungo possibile, al punto tale che, quando alfine si separarono, le labbra di entrambi apparvero arrossate in conseguenza di una passione tanto travolgente.

« E’ stato tutto vano, quindi? » domandò il locandiere, lievemente ansimante, nell’osservarla, nel trattenersi, a stento da tornare con foga su di lei, a immergersi in quel dolce piacere, impegnandosi con quelle parole nel tentativo di riprendere il discorso prima interrotto, e proponendosi, in ciò, con trasparente incertezza nel confronto con l’annuncio, la precisazione, che ella gli aveva voluto offrire nel merito del proprio insuccesso nella ricerca dei mandanti del proprio omicidio, là dove, umanamente, avrebbe probabilmente preferito che il suo dolore, comunque ingiusto e immeritato, non sarebbe dovuto essere considerato tanto inutile qual, invece, sembrava essere purtroppo stato.
« Alla luce di questo interessante risvolto, oserei addirittura ritenere blasfemo il solo giudicare quanto è accaduto tanto inutile… » rispose la mercenaria, aprendosi, nel mentre di tale commento, in un ampio sorriso sornione, simile addirittura a felino predatore, sì concedendo all’uomo, in tutto quello, una certa libertà di movimento, e pur non permettendogli di allontanarsi da lei, nel mantenere, ora, le proprie braccia distese attorno al suo collo, legate dietro allo stesso « O credi che io sia in errore, in simile pensiero? »
« Non so. Non saprei proprio esprimermi in questo momento. » osservò egli, aggrottando la fronte a volersi dimostrare, forzatamente, dubbioso a tal riguardo, per quanto i suoi pensieri, in quel particolare frangente, avrebbero dovuto essere pur giudicati in totale armonia con quelli della compagna, non lasciando in questo il benché minimo spazio a eventuali alternative di sorta rispetto a una concreta glorificazione dell’occasione loro finalmente riservata da un fato bizzarro e imperscrutabile « Credo, però, che se tu mi concedessi qualche possibilità di approfondire meglio la questione, forse potrei giungere a maturare un qualche voto più chiaro, deciso, trasparente. »
« Oh… che uomo prudente. Mai sbilanciarsi troppo, vero?! » ridacchiò la mercenaria, tornando verso di lui per mordicchiargli delicatamente il labbro inferiore, in un gesto gioco e sensuale, atto a stuzzicarlo, a non volergli riservare, questa volta, occasione di scampo da lei « Eppure, a volte, è necessario correre qualche rischio per raggiungere il premio in palio… » sussurrò, in un consiglio che, paradossalmente, apparve più rivolto a proprio stesso uso che, propriamente, dedicato a suo interlocutore, alla sua fortunata vittima.

Dal momento in cui, nel simulare la propria morte senza concedergli alcun corretto e necessario avviso a tal riguardo, ella aveva tanto ingiustamente offeso il proprio amico, compagno, confidente, complice, rinnegare ancora una volta il sentimento ora così imperante sul cuore di entrambi, al punto da risultare assordante nelle orecchie di ambedue, sarebbe probabilmente stata una scelta troppo dolorosa per poter essere abbracciata e, peggio ancora, avrebbe sicuramente rappresentato l’ultima, terribile offesa nei confronti di quell’uomo, l’ennesima, violenta, pugnalata in un cuore troppo grande, e probabilmente immeritato, a lei pur donato. Per questo, consapevole di quanto, ormai, ogni ipotesi di fuga si sarebbe ritorta, soltanto, a suo discapito, dopo tanti anni di freni, di inibizioni verso Be’Sihl, nel timore di poter distruggere quella meravigliosa relazione d’amicizia fra loro instauratasi, quel dolce rapporto di complicità naturalmente creatosi fin dal loro primo incontro, nell’eventualità di spingersi con lui verso qualcosa di più, verso un legame completo, carnale, qual solo, pur, non avrebbe potuto mai negarsi di desiderare, sinceramente affascinata dallo spirito forte e premuroso di un uomo comunque tanto diverso da lei, esterno al suo mondo, alla sua bellicosa realtà, Midda ora non stava più desiderando trattenersi, negarsi a lui così come, a lungo, si era comunque imposta di fare, sempre per ragioni diverse, sempre adducendo nuove responsabilità attorno a simile scelta.
No! Questa volta non si sarebbe ritratta, non sarebbe sfuggita né, tantomeno, avrebbe permesso all’uomo di agire in tal senso, se solo similmente avesse tentato di fare dove pur, i suoi gesti, i suoi sguardi, il battito del suo stesso cuore, rifiutavano con palpabile foga simile eventualità.

« Non immagini quanto abbia atteso questo giorno, Midda Bontor… » sussurrò lo shar’tiagho, accarezzandole la schiena con gesti leggeri, sfiorando la meravigliosa linea tracciata da quelle forme solo con la punta delle dita, simile, in questo, a un’artista a confronto con la propria scultorea opera, nel desiderio di verificarne l’assoluta perfezione, la completa assenza del benché minimo particolare disarmonico in un lavoro raffinato e inimitabile « Quasi non riesco neppure a credere di esser, realmente, qui… con te. »
« Non posso che sperare, allora, che fra qualche ora tu non abbia cambiato idea a mio riguardo. » sorrise ella, trattenendosi dal rispondere in egual tono, con parole non dissimili per quanto sarebbero comunque risultate assolutamente autentiche, forse in un assurdo, stupido, timore di scoprirsi troppo con lui, nonostante la crescente complicità d’amore che non avrebbe ormai più rifiutato « Dopo così tanto tempo, sarebbe drammatico scoprire di non essere all’altezza dei tuoi sog... »

Un nuovo bacio, ancora ricercato da parte dell’uomo, impose allora il silenzio su quelle labbra, proibendo a quella voce occasione di esprimersi in modo tanto autocritico, là dove mai egli avrebbe potuto accettare, soprattutto in quell’estasiante momento, che qualcuno, chiunque, potesse intromettersi a svilirlo, a negare il valore che indubbiamente avrebbe dovuto essere considerato proprio del medesimo, non, soprattutto, in una qualche offesa rivolta nei confronto di lei, in un qualche dubbio proposto a suo riguardo, neppure dove lo stesso fosse stato da lei stessa formulato pur, semplicemente, per giuoco, in una dolce e sensuale intima complicità fra loro.
Un leggero colpo di tosse, però, si intromise fra loro in simile frangente, a offrire trasparenza a un’evidente imbarazzo, a un sentimento di sincero disagio, qual solo avrebbe, in quel momento, potuto coinvolgere il giovane Seem nel porsi costretto al ruolo di spettatore, presenza estranea in un sentimento da lui stesso pocanzi incitato, là dove alcuna alternativa gli sarebbe potuta essere altrimenti propria nel non riuscire, ancora, a riconquistare autonomamente una posizione verticale e, in questo, ad allontanarsi dalla sedia sul quale era stato adagiato.

« Scusatemi… » prese nuovamente e timidamente voce, dopo aver tentato di richiamare l’attenzione della coppia in maniera più discreta possibile « Per quanto non possa evitare di essere felice per voi, nel ritrovarvi tanto chiaramente rappacificati… prima di continuare oltre, non potreste chiamare Carsa e chiederle di riportarmi cortesemente a casa? »

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