11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 13 aprile 2010

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N
ella scelta di simili termini, la guardia avrebbe dovuto essere giudicata estremamente precisa, quale, invero, si era dimostrata essere sino a quel momento, per quanto impegnata nell'utilizzo di una lingua per lei non natia. Non generici abiti erano stati infatti predisposti allo scopo di poter rivestire la prigioniera, quanto, piuttosto, proprio quelli di sua stessa proprietà, i vestiti che, cinque giorni prima, le erano stati negati e che, ora, incredibilmente, le stavano venendo restituiti, in condizioni addirittura migliori, nell'essere stati rammendati, lavati e, persino, profumati, probabilmente con maggiore premura di quella che, altresì, sarebbe potuta essere a lei stessa proposta nel bagno appena concluso.

« Che mi prenda un colpo! » esclamò Midda, sinceramente stupita da quell’immagine, dal ritrovare i propri indumenti così ordinati e ripiegati qual mai, in effetti, avevano avuto occasione di essere sin dal giorno in cui li aveva iniziati a indossare « Le camere lasciano decisamente a desiderare, ma il servizio di lavanderia, devo riconoscerlo, è assolutamente impeccabile… i miei più sinceri complimenti! » osservò, sollevando la propria casacca e, istintivamente, guidandola sino all’altezza proprio viso, nella curiosità di verificare la natura del profumo ora lì concesso.
« Come ho già specificato, il magistrato non deve essere offeso da alcun genere di cattivo odore. » esplicitò la sua interlocutrice, aggrottando la fronte in conseguenza di quel suo scherzare su un argomento considerato estremamente serio « Rivestiti: non dobbiamo farlo aspettare. »
« Lavanda. » commentò la mercenaria in riferimento alla fragranza colta sull'indumento, sorridendo, sincera, verso il drappello a sua sorveglianza, con fare quasi infantile « Thyres… i miei vestiti non profumano di lavanda da quando… da mai, praticamente! » ridacchiò, divertita da quell'inattesa scoperta, che ne deliziò i sensi in maniera quasi sufficiente da farle dimenticare gli abusi su di lei imposti in quegli ultimi giorni.
« Il mag… » tentò di insistere l'altra, venendo però interrotta prima ancora di poter completare quel proprio ennesimo avvertimento.
« Sì, lo so. Il magistrato mi sta attendendo. » annuì la donna guerriero, sospirando e riappoggiando la casacca sulla cassapanca di legno dalla quale l'aveva sollevata, per dedicarsi, in ordine, al proprio perizoma e alla fasciatura dei propri seni, primi a dover essere indossati per ovvie ragioni « Certo che l'affabilità non è esattamente una delle tue qualità migliori. » osservò, nel contempo, rivolgendosi alla guardia « Sono tutte come te, qui, o tu sei un caso speciale? »
« Sei una criminale, una ladra giunta dal sud nel solo desiderio di farti beffe di noi. » sentenzio la guardia, storcendo le labbra verso il basso ed esprimendosi con assoluta trasparenza verso di lei « Non colgo alcuna ragione per la quale dovrei dimostrare simpatia o cameratismo di sorta nei tuoi riguardi. »
« Sulla definizione così assegnatami, avrei sinceramente da ridire. Ma comprendo che, dal tuo punto di vista, non possa essere semplice evitare di condannare una straniera semplicemente in virtù dell'accusa infondata di un avido mercante. » replicò la mercenaria, cercando di moderare i propri toni nel desiderio di non impegnarsi in un'assurda diatriba, priva di ragioni, con la propria interlocutrice « Dimmi. Senza remore di sorta. Credi veramente che se non avessi voluto, tu e i tuoi compagni sareste stati in grado di arrestarmi? Ho davvero l'aspetto di una semplice ladra ai tuoi occhi? »

Tale questione, offerta con assoluta spontaneità e senza evidente malizia, colse di sorpresa la donna shar'tiagha, lasciandola per un lungo istante incerta sulla risposta da poter offrire alla prigioniera. Dove pur, chiaramente, nulla l'avrebbe infatti potuta vincolare a riconoscerle, effettivamente, una quale reazione, l'assenza della medesima, un possibile silenzio, avrebbe altresì probabilmente concesso alla detenuta una concreta vittoria morale nel merito di quella questione, successo che ella non desiderava potesse, in alcun modo, esserle di gratificazione. Ciò nonostante, suo malgrado, difficile sarebbe stato negare quanto pur incredibilmente evidente, ossia che l'aspetto di quella straniera, in ogni pur minimo particolare fisico, in ogni suo innegabile dettaglio, nonché il suo comportamento, il suo carattere, il carisma derivante da ogni suo gesto e da ogni sua parola, l'avrebbero collocata più qual guerriera che qual semplice, e tutt'altro che abile, ladra, una combattente sufficientemente esperta, probabilmente, da poter addirittura prevalere su tutte le guardie schieratesi cinque giorni prima di fronte a lei al solo scopo di incarcerarla, così come poi era stato.

« No. » ammise alfine, a malincuore, ritrovando voce « Senza le accuse a tuo carico, avrei ipotizzato che tu fossi un soldato di ventura in missione o un'avventuriera in cerca di gloria, ma non una ladra. Sei troppo… appariscente, per poter sperare di esserlo. » constatò, dimostrando ammirevole onestà in tanto raziocinio, riconoscendole, in ciò, un implicito beneficio del dubbio sebbene in concreto contrasto con quanto pur avrebbe dovuto essere suo unico pensiero, sua sola conclusione, nell'assolvimento del proprio compito.
« Grazie. » sorrise la Figlia di Marr'Mahew, tornata a indossare, nel contempo, anche i propri pantaloni e la propria casacca, e impegnatasi, ormai, nel riavvolgere attorno ai propri piedi quelle ampie fasciature di solida stoffa da lei abitualmente considerate quali calzari « Le tue parole mi fanno piacere e, soprattutto, rendono onore alla tua intelligenza. E non lo dico nella volontà di recarti offesa… al contrario. »

Ulteriore silenzio, a seguito di tale sincera asserzione, dominò nuovamente la scena per tutto il tempo necessario alla donna guerriero a completare la propria vestizione, indossando nuovamente, secondo l'evidente desiderio dei propri carcerieri, non solo i propri consueti abiti, ma, addirittura, anche la tunica e il litham che le erano pur propri al momento dell'arresto. Nel confronto con una simile procedura, un tale obbligo, per quanto comprensibilmente impostole in ottemperanza a qualche precisa e particolare tradizione locale, ella non avrebbe potuto evitare di porsi numerosi interrogativi attorno al significato intrinseco in tutto ciò, interpretando quel paradossale impegno, tanta eccessiva premura dedita a restituire dignità al detenuto a seguito delle umiliazioni e delle privazioni fisiche, nonché psicologiche, subite, quale espressione di una bizzarra volontà volta a ricostruire perfettamente lo stato dello stesso prigioniero prima del suo ingresso in carcere, quasi egli o ella fosse stato trasferito immediatamente dal luogo dell'arresto, alla presenza del magistrato. Un'incredibile ipocrisia, un'assurda menzogna che, dopotutto, la mercenaria, in quel momento, in quell'occasione, non avrebbe potuto tuttavia egoisticamente e personalmente disprezzare, dove, pur involontariamente, utile a concederle, a riconoscerle, il giusto e meritato frutto a premiazione della resistenza offerta in contrasto a ogni tentativo di piegarla, di sottometterla, in un'ardua prova che, se non superata, l'avrebbe condotta innanzi al proprio giudice non come la donna fiera e volitiva, che sarebbe riuscita ora ad apparire, quanto più una tenue ombra di se stessa, incapace di reggere a qualsiasi genere di confronto.

« Non è mio compito prendere in esame la natura delle tue azioni, o la gravità delle tue colpe. » proclamò la guardia, in conclusione a quella vestizione, quasi a voler, in quelle parole, imporre un giusto termine anche al breve dialogo concessasi con la detenuta « Ciò nonostante, la quieta collaborazione da te dimostrata al momento dell'arresto, nonché in questi giorni di prigionia, sono certa che sarà tenuta in giusta considerazione dal magistrato, il quale, nella benedizione di Ah’Nuba-Is, giudice delle anime, saprà esprimersi in maniera adeguata a riguardo del tuo caso, stabilendo il tuo grado di colpevolezza e la pena utile a rifondere la tua vittima, nonché la nostra intera società, del dolo conseguente alle tue azioni. »
« E' incredibile… » commentò Midda, non negando in quelle parole una certa malinconia, una tristezza di fondo propria del suo animo qual frutto dell'esito così raggiunto dalla propria interprete e sola, possibile, interlocutrice « Malgrado il dubbio che pur ti sei concessa di esprimere in mio favore, impossibile sembra esser per te riuscire a ritenermi innocente, vittima di un'accusa ingiusta e infondata. »
« Come ti ho detto, non è mio compito prendere in esame la natura delle tue azioni. » ripeté l'altra, con ferrea risolutezza nelle proprie posizioni invero non diversa da quella propria della stessa mercenaria « O la gravità delle tue colpe. » soggiunse, nel completare il concetto pur già espresso « E ora andiamo. »
« Andiamo… » sospirò la donna dagli occhi color ghiaccio, annuendo a quell'invito e incamminandosi nella direzione così indicatale « Non dobbiamo lasciar aspettare il magistrato. » sussurrò, nell'offrire riprova di quanto, ormai, avesse perfettamente appreso, a sua volta, quel ritornello impresso nelle menti delle proprie carceriere quasi fosse, per loro, un incontestabile dogma di fede, un irrinunciabile principio di vita.

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