11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 15 aprile 2010

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« D
irei proprio di sì. » annuì la donna, restando allora immobile nella propria posizione, e mantenendo, in ciò, la schiena perfettamente perpendicolare al suolo e il capo eretto con naturale valore e vigore, a dimostrare che, per quanto disposta ad accettare le regole da lui imposte, non avrebbe comunque rinunciato al proprio spirito, alla propria forza, a tutte quelle caratteristiche che neppure quattro giorni in un osceno loculo erano stati in grado di porre in discussione.
« Fornisci le tue generalità. » richiese il magistrato, mantenendo la propria attenzione rivolta più al ripiano posto innanzi a sé che alla propria interlocutrice, nel continuare a disegnare con mano ferma e fare sapiente i particolari caratteri propri della scrittura shar'tiagha « Nome personale. Nome di famiglia, se posseduto. Nazione di origine. Luogo di residenza. Professione. » specificò subito dopo, a non concedere ambiguità di sorta alla propria stessa domanda.
« Il mio nome è Midda Bontor. Bontor è il nome della mia famiglia. » rispose ella, senza reticenze di sorta, là dove non avrebbe avuto senso rifiutare di riconoscere informazioni di quel genere, non avendo necessità di celare la propria identità, camuffare la propria storia personale « Sono nata nel regno di Tranith, come già correttamente evidenziato, ma da una decina d'anni la mia residenza è da considerarsi presso la città di Kriarya, capitale dell'omonima provincia del regno di Kofreya. » pronunciò con tono tranquillo, scandendo accuratamente ogni nome proprio, in modo da non rendere necessaria un'eventuale richiesta di ripetizione.
« E la tua professione? » domandò ancora una volta l'uomo, dopo aver preso nota di tutte le indicazioni concessegli, lasciando decisamente incuriosita, nel mentre di ciò, la sua interlocutrice a riguardo di come quelle forme di animali, uomini e piante, quali pur costituivano quel, per lei, esotico alfabeto, avrebbero mai potuto indicare in maniera chiara termini pur non propri di quella cultura.
« Presto i miei servigi in qualità di mercenaria. » asserì priva di ogni esitazione, da sempre fiera del ruolo ricavatosi nel proprio mondo, nella propria realtà quotidiana.
« Potresti essere più precisa nell'indicazione dei campi di tua specifica competenza? » insistette l'altro, sollevando per un istante lo sguardo dal proprio lavoro al solo scopo di portarlo a lei e ai suoi occhi color ghiaccio « Il termine da te utilizzato si pone qual troppo generico. »
« Oh… beh… » esitò, stupita da una simile questione, là dove, se pur vero sarebbe dovuto essere considerato quanto da lui così sottolineato, altrettanto vero sarebbe inevitabilmente ugualmente risultato un consueto, diffuso disinteresse nel merito di un simile dettaglio, spesso persino all'attenzione di possibili mecenati interessati ad assumere un professionista impegnato nel suo particolare settore « Generalmente mi occupo di recuperare manufatti, reliquie di epoche remote. Ma ho anche vasta esperienza di missioni in zone di guerra. »
« Un'avventuriera. » puntualizzò il magistrato, riportando la propria attenzione verso il papiro per poter segnare anche questo nuovo particolare.

Un leggero sorriso non riuscì a evitare di sorgere sul volto della donna guerriero nel confronto con tali domande, con simili questioni, là dove, ormai, da troppi anni, non era più abituata a dover offrire particolari presentazioni, dopotutto estremamente riconoscibile, nel proprio aspetto fisico, ed eccessivamente conosciuta, nelle terre da lei solitamente frequentate, per poter offrire dubbi nel merito della propria identità e, ancor più, della propria personale attività. Il ritrovarsi, improvvisamente, a esser non solo straniera in terra straniera, ma anche praticamente un'emerita sconosciuta agli occhi di chiunque, sarebbe allora dovuta esser per lei considerata quale un'esperienza a dir poco amena, capace di riportarla, improvvisamente, a dieci anni prima, quand'ancora alcuna fama l'accompagnava, la distingueva dalla massa, e, in ciò, di dilettarla sicuramente molto più di quanto non sarebbe potuto essere ascoltare le proprie gesta narrate, in maniera puntualmente distorta, nelle canzoni di un bardo.

« Perché ti trovi entro i confini del nostro regno? Sei forse in missione per conto di un signore di Kriarya, capitale in Kofreya? » riprese voce l'uomo, con tono ancora costante, inalterato, a offrire riprova come quelle domande non fossero, effettivamente, a lei rivolte in maniera particolarmente originale, ma derivassero da una procedura estremamente precisa, un particolare rito burocratico da officiarsi secondo chiare regole stabilite all'interno di quel tempio della legge.
« No. » negò ella, ancora una volta con assoluta sincerità e trasparenza « Sono giunta in Shar'Tiagh per motivi puramente personali. »
« Fra questi motivi, è forse da includersi anche il latrocinio? » incalzò il magistrato, offrendo per la prima volta dall'inizio di quell'udienza un reale riferimento alle accuse a lei rivolte.
« Assolutamente no. » dichiarò la mercenaria, con voce ferma e decisa.
« Vuoi forse respingere quanto il mercante Be'Rehal Maheh-Eb ha dichiarato a tuo carico? Vuoi forse contestare l'addebito da lui a te rivolto per furto a suo discapito? » domandò l'uomo, offrendo, almeno nell'interpretazione che la donna fu in grado di riservarsi nel merito dei suoi toni, una spiacevole riprova di ferma incredulità attorno a simile possibilità, all'innocenza dell'imputata, nel prevedibile rispetto dell'assunto di colpevolezza arbitraria a fondamento dell'ordine costituito.
« Certo che sì. » annuì Midda, cercando di evitare di apparire eccessivamente appassionata nella propria esposizione, ove, in ciò, avrebbe potuto solo concedere impressione di debolezza, di timore nel confronto con il pensiero di una condanna forse già decisa, già decretata « Io non ho rubato nulla a quell'uomo. Al contrario: volendo considerare il prezzo da lui richiestomi per un regolare acquisto di gioielli, l'unico reale tagliaborse avrebbe dovuto esser consider… »
« L'imputata si astenga dall'espressione di commenti non richiesti. » la rimproverò il magistrato, storcendo le labbra verso il basso a quel tentativo di lei in violazione al protocollo già precedentemente definito « Gradirei evitare di ripetermi in tal senso. » specificò, aggrottando la fronte, ma, in ciò, comunque rifiutandole nuovamente il proprio sguardo, rivolto unicamente al proprio papiro.
« Chiedo venia. » si scusò ella.

Benché la mercenaria, in quel momento, avesse così accettato con apparente quiete di accusare quello spiacevole affondo verbale, dentro di sé, sinceramente, non avrebbe potuto negare di star iniziando a mal sopportare il clima così creatosi, non avendo, dopotutto, alcun desiderio di assistere quietamente a una simile lapidazione morale, la quale, del resto, sarebbe dovuta ancor peggio esser considerata semplice preludio a una corrispettiva fisica.
Lasciando correre, per un istante, lo sguardo attorno a sé, ella si domandò allora se, forse, non fosse giunto il momento di agire, lasciando perdere tanti formalismi, tante vane celebrazioni, per cercare di riservarsi una diversa possibilità di uscita da quella situazione. Considerando la disposizione delle guardie alle proprie spalle e ai propri fianchi, la loro assoluta impossibilità a prevedere una sua eventuale ribellione, nonché la paradossale assenza di catene a inibirne ogni possibilità di movimento, ella calcolò come sarebbe stato sufficientemente semplice, in almeno otto diverse strategie, impossessarsi di una delle loro armi e finirli prima che un qualsiasi allarme potesse essere da loro gridato. Ciò nonostante, così facendo, non solo si sarebbe inimicata un intero regno, in un confronto chiaramente insostenibile anche per chi, come lei, era indicata qual figlia mortale di una dea della guerra, ma, peggio ancora, avrebbe anche drammaticamente vanificato ogni speranza di poter tornare in possesso della propria spada, in un'eventualità tale da trovarla, sinceramente, contrariata: forte di tali motivazioni, impossibile definire quale, realmente, fra le due avrebbe potuto riservarsi un peso maggiore in quel momento, ella si impose, alfine, di mantenere ancora il controllo, di concedersi di attendere i possibili sviluppi di quel processo, prima di definire una qualsiasi decisione di rivolta contro i propri carcerieri.

« Quali prove puoi produrre a sostegno della tua tesi? Della tua innocenza? » domandò il magistrato, dopo essersi riservato un necessario istante di silenzio, utile a restituire al luogo nel quale si trovavano la propria legittima e necessaria solennità, posta in blasfemo dubbio dall'avventata e irruente protesta dell'imputata.

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