11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 8 novembre 2010

1032


C
on un leggero sorriso la donna si volse, allora, verso la fedele e affezionata guardia, subito a lei accorsa per quanto, prevedibilmente, alcun pericolo sarebbe mai potuto essere imposto loro a quell’altezza, così lontano dal disordine pur proprio della città dispiegata ai loro piedi, quell’urbe la cui popolazione avrebbe dovuto essere censita quale costituita nella propria quasi totalità da ladri e prostitute, mercenari e assassini. Dove anche, là fuori, lì sotto, ogni violenza, ogni oscenità, sarebbe potuta essere considerata all’ordine del giorno, paradossalmente propria di un criticabile, ma indubbiamente non ipocrita, concetto di civiltà, entro quelle mura di solida pietra, a tanta distanza, fisica ed emotiva, dal mondo esterno, solo serenità e pace regnavano e avrebbero sempre regnato, assicurate, per lei stessa e per il suo piccolo, da una schiera di uomini e donne forti e valorosi, primo fra i quali lo stesso a lei ora tanto prontamente offertosi.

« Ti ringrazio… ma è tutto a posto. » rispose in direzione del proprio interlocutore, a quell'eroe personale su cui, era certa, avrebbe potuto sempre fare affidamento per il bene proprio e del pargolo, ove pronto al sacrificio personale per la loro protezione, per la loro salvezza.
« Ai tuoi ordini, mia signora. » asserì, semplicemente, l'uomo.

Inchinandosi in un cenno di rispetto verso di lei, egli si ritrasse con discrezione a scomparire nuovamente nelle stesse tenebre dalle quali era prontamente emerso, in quegli stessi corridoi dai quali era prontamente giunto in ipotetico soccorso a colei che, non solo per il matrimonio con il proprio originale signore, quanto, piuttosto, per il proprio carisma, la propria forza d'animo, aveva conquistato la fedeltà sua e di tutti gli altri mercenari impiegati quali guardie all'interno di quella torre, facendo di loro un esercito personale che sarebbe stato pronto a qualsiasi gesto in ubbidienza ai suoi comandi, in ottemperanza ai suoi desideri.
Colei ora indicata con il titolo di lady, e preposta al ruolo di signora e padrona di una delle torri di Kriarya, di una di quelle poche sedi di concreto potere all'interno della sola capitale e provincia di Kofreya nella quale, per complicati e violenti equilibri locali, alcun feudatario avrebbe potuto offrir vanto di una qualsivoglia influenza, di una ipotetica capacità decisionale, in verità, avrebbe potuto vantare natali estremamente e concretamente più nobili rispetto a quello allora riconosciutole, nel provenire da una delle più aristocratiche famiglie di tutto il vicino, e nemico, regno di Y'Shalf. Un tempo indicata persino con l'appellativo di principessa, quella giovane donna, in nome di un forse assurdo sentimento d'amore, aveva rinunciato non solo ai propri titoli e al proprio retaggio, alla propria famiglia e a qualsiasi affetto, ma, addirittura, alla vita nella stessa nazione entro i cui confini era nata e cresciuta, al solo scopo di essere libera gettarsi fra le braccia di lord Brote, un ex-mercenario, poi divenuto potente signore criminale e membro di quella ristretta oligarchia non ufficiale preposta al controllo dell'intera Kriarya. Prossima a giungere al sultanato, alla massima autorità y'shalfica, Nass'Hya si era votata in maniera sincera, completa, piena al proprio amato, a colui che, pur privo di qualsiasi barlume di nobiltà, ai suoi occhi si era dimostrato il miglior partito a cui poter sperare di tendere, a cui poter mai sognare di legarsi, in una comunione unica e meravigliosa, degna delle ballate più romantiche che mai i bardi avrebbero potuto cantare a intrattenimento dei propri spettatori: dei titoli posseduti in passato, di quella nobiltà di cui, in maniera naturale, spontanea, si era fatta da sempre vanto in quello che era stato il proprio mondo, la propria intera realtà sino a una manciata di stagioni prima, ella non aveva mai avuto occasione di rimpianto, ragione di nostalgia, nel ritrovare fra le braccia di colui divenuto proprio sposo, ogni soddisfazione, ogni gioia, nel culmine, alfine, rappresentato addirittura dalla nascita del loro splendido figlio ed erede.

« Duclar è sempre stato uno fra i miei migliori uomini. » commentò con tono appena udibile, voce sussurrata quale un leggero alito di vento in quella notte di fine estate, il signore di quella torre, quasi fosse stato evocato dagli stessi pensieri d'amore che la sua sposa, in quegli ultimi istanti, non aveva mancato di rivolgergli, cullandone dolcemente il figlio fra le braccia, contro al proprio morbido seno « Sono felice che, nonostante tutto ciò che è accaduto, egli abbia deciso di restare ancora al tuo fianco, dimostrando in ciò, probabilmente, maggiore fedeltà di quant'egli non avrebbe mai supposto poter offrire… » argomentò, avvicinandosi con movimenti leggeri sino alla propria compagna, per chiudersi con amore attorno al suo corpo e osservare, da sopra le sue spalle, il frutto della loro unione.
« Amor mio… » sorrise Nass'Hya, voltandosi appena a ricercare un'occasione di fuggevole contatto con il volto da lei tanto amato, con quell'uomo per il quale sarebbe morta non una, ma innumerevoli volte, se solo ciò fosse potuto servire a salvarlo dal fato più crudele « … spero di non aver disturbato il tuo riposo… » soggiunse, tornando a porre il proprio protettivo sguardo sulle tenere forme del loro pargolo, nell'accarezzarli con dolcezza i sottili capelli, così simili a seta nella loro infantile consistenza « … ehy… c'è anche tuo padre, amor mio. Hai visto? » commentò, rivolgendosi al piccolo, incerta che egli potesse apprezzare l'esatto significato delle sue parole, per quanto indubbiamente gratificato dal loro significante, dai suoi così a sé donati dalla figura materna « Vedi quante attenzioni attorno a te?... non hai nulla da temere… nulla… »

Intenso e assoluto sarebbe stato il silenzio che avrebbe seguito quell'ultima affermazione, quel quieto comunicato, quella trasparente promessa di pace e di amore per il pargolo, se proprio lo stesso non avesse, nonostante ogni sforzo in senso contrario, dimostrato un completo disinteresse a riprendere il riposo prematuramente interrotto, nel gongolare in maniera sincera, intellegibile, dell'attenzione in tal modo riservatagli da parte di entrambi i genitori, quelle figure da lui certamente invocate, e che pur non avrebbe sperato sarebbero allora accorsi entrambi, schierandosi così affettuosamente innanzi a sé, attorno a sé, a renderlo centro effettivo di tutto l'universo per come da lui e da loro conosciuto, sola priorità delle loro esistenze, sola ragion d'essere per entrambi: in quel dolce infante, dopotutto, era l'unica, vera e concreta speranza di immortalità per l'uomo e la donna suoi genitori, colui che, nella propria vita, nelle proprie opere e, un giorno, nella propria stessa prole, avrebbe offerto al nome di lord Brote e di lady Nass'Hya occasione di imperitura memoria, come sol l'affetto di un figlio avrebbe potuto ancor più di qualsiasi possibile canto, di qualsiasi eventuale mito. E così, ben lontano dal potersi considerare prossimo alla resa, bramoso di tornare quieto nella propria culla, il piccolo godette in maniera spontanea di tutte quelle premure, tendendo le proprie manine paffute, così come solo sanno esserlo quelle di un neonato, verso le figure probabilmente indistinte al suo sguardo, ai suoi occhi, e che pur era consapevole, istintivamente, essere lì a lui prossime, con il proprio incommensurabile amore.

« Tu sei proprio un furbetto… » sussurrò la madre, quasi divertita, nello spingersi a schioccare un bacio sulla fronte del figlioletto, nel ritrovarsi a confronto con i grandi occhi neri dello stesso, quegli specchi di tenebra, da lei ereditati, entro i quali ora poteva trovare riflessa la propria stessa immagine, il proprio viso e, accanto a lei, quello del proprio sposo « ... non c'è nulla che ti abbia spaventato: semplicemente ti piace essere al centro dell'attenzione. » commentò, provando a interpretare le ragioni di quanto appena occorso, di quell'improvviso allarme notturno che l'aveva costretta a ridestarsi tanto bruscamente « Devi aver preso questo particolare aspetto da tuo padre. Anche a lui è sempre piaciuto primeggiare… in ogni campo e in ogni modo. »
« Se così non fosse stato non avrei mai impiegato una risorsa preziosa quale Midda Bontor per sottrarti al tuo mondo, al tuo destino qual ennesima sposa del sultano di Y'Shalf… » obiettò l'uomo, così coinvolto, così tirato in giuoco, quasi a difendersi dalle accuse ora a lui rivolte « Il gioiello più prezioso di tutto il regno non sarebbe mai potuto esser sprecato in un modo tanto indegno qual quello. » proseguì, piegando appena il capo contro il collo di lei, per lì posare un lieve bacio, carico di un sentimento capace di prevaricare persino al morte nella propria intensità nel proprio splendore.
« Ti prego… non nominare quella strega di fronte al nostro bambino… » si irrigidì la donna, per nulla conquistata, ora, dai suoi pur sempre apprezzati gesti, in una spontanea reazione in conseguenza al nome di chi, un tempo ritenuta amica, confidente, quasi sorella, non avrebbe potuto ormai giudicare altro che traditrice, meritevole della peggiore fra tutte le morti.

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