11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 16 novembre 2010

1040


N
on mi è dato di sapere, con precisione, quale sito fu preposto dal fato a ospitare il primo incontro fra Midda e Ma'Vret, fra due avversari sì destinati a divenire amanti in un’occasione nella quale, tuttavia, l’unico interesse in entrambi sarebbe stato altresì rivolto all’annientamento reciproco. Quello che so, però, è che simile ambiente non ebbe occasione di essere programmato a prescindere, non poté essere scelto in anticipo, né dall'una, né dall'altro, dal momento in cui la prima neppure si sarebbe potuta definire a conoscenza nel merito dell'esistenza del proprio inseguitore, e il secondo si sarebbe dovuto ammettere del tutto impossibilitato, ovviamente, a prevedere il luogo nel quale avrebbe incontrato l'oggetto della propria caccia, la donna in quel momento al centro della propria ricerca e che presto si sarebbe dimostrata al centro della propria intera esistenza. Il teatro di un simile confronto, non semplicemente importante per gli individui in esso coinvolti, quanto, addirittura, considerabile epico nel valore in esso stesso racchiuso, in quella sfida fra un grande nome del passato e di quel presente, e un nome che sarebbe divenuto ancor più grande in futuro, in un implicito passaggio di consegne fra i giorni del ieri, e quelli del domani, comunque, fu rappresentato forse prevedibilmente dai monti Rou'Farth, e, più precisamente, dall’area in cui la catena da essi formata compie una svolta, nell'abbandonare il territorio kofreyota e nell'innestarsi nella principale penisola del regno di Tranith.
Verso meridione, infatti, la donna guerriero dagli occhi color ghiaccio aveva allora indirizzato i propri passi, aveva volto il proprio cammino, nella necessità di raggiungere, nell'estremità inferiore dello stesso territorio continentale tranitha, una delle poche aree proprie del mondo conosciuto, almeno prima degli eventi di cui ora ti sto rendendo partecipe, esistenti a conservare all'interno di selvagge foreste, nei verdi meandri lì preposti dalla stessa natura a difesa delle proprie creature, una rara e letale chimera. Non un segreto, non un mistero avrebbe potuto essere considerato quello della presenza di tale mostruosità in tale regione, non più di quello abitualmente accomunato alla palude di Grykoo, infestata da orde di non morti e di altre negromantiche creature. La reale difficoltà, il principale ostacolo nell'ipotetico confronto con una chimera, non sarebbe in verità dovuto essere allora considerato nella ricerca della medesima, nell'individuazione dell'angolo di questo o di altri continenti entro il quale una simile maledizione aveva scelto di stabilire la propria dimora, di imporre il proprio regno di terrore e morte, fato che avrebbe accomunato chiunque entro tali confini avrebbe, volontariamente o involontariamente, consciamente o inconsciamente, spinto i propri passi, quanto, piuttosto, il poter vagamente supporre di sopravvivere a una simile sfida, dal momento in cui mai, alcuno, aveva riportato successo in una tale impresa sin dai tempi del mito, epoche tanto lontane da aver fatto smarrire qualsiasi memoria precisa a tal riguardo, affidandone il ricordo unicamente alle ballate, alla voce dei bardi che di eroi semidivini avrebbero narrato, e continueranno a narrare, sino alla fine della civiltà così come da noi conosciuta… e, probabilmente, anche oltre.
Entro i tortuosi sentieri caratteristici dei monti Rou'Farth, lungo la strada per Seviath, fra i due mercenari lì inoltratisi per ragioni estremamente diverse, in sfida ad avversari del tutto dissimili o, forse, più prossimi di quanto mai entrambi avrebbero potuto immaginare, fu pertanto Ebano a riservarsi occasione per raggiungere per primo la propria preda, il proprio obiettivo, quando questa avrebbe dovuto essere giudicata ancora estremamente lontana dalla propria meta prefissata, dal termine del proprio viaggio o, ancor più, dal riportare un qualsivoglia successo nella propria missione, nell'incarico che aveva voluto pretedere per sé innanzi alla mia presenza. Ed egli la sorprese, o, per lo meno, si illuse di poterla sorprendere, accampata in uno spazio estremamente ristretto fra alcuni rami, un’area sin troppo limitata per poter essere definita, oggettivamente, qual radura: al suo sguardo, in tale scelta, ella offrì chiara dimostrazione di essere particolarmente imprudente, troppo ingenua per meritarsi, effettivamente, di poter sopravvivere a lungo in un mestiere quale il loro, dal momento in cui, addirittura, si volle concedere l’incredibile dono rappresentato da un fuocherello, forse acceso in contrasto alle tenebre della notte o, forse, a diffidare eventuali predatori notturni dall’offrirle disturbo nel mentre del proprio riposo. Imprudenza e ingenuità, tuttavia, non furono caratteristici della donna, in tale occasione, quanto piuttosto del suo antagonista, colui che, in tal modo, presunse una propria indubbia superiorità su di lei, al punto tale da non concedersi neppure l’occasione di intuire quanto, quell’intero scenario, avesse altresì da intuirsi quale trappola a proprio esplicito discapito…

« Non avrei mai creduto che voi, rudi e maschi mercenari dei deserti centrali del nord, poteste davvero cadere vittima di un trucco tanto banale… » sorrise la donna, nel ritrovarsi a cavallo del collo del proprio avversario, lì stretta in una morsa potenzialmente letale imposta con quelle stesse cosce nell’abbraccio delle quali in molti avrebbero pur bramato poter essere accolti, se pur in contesti decisamente diversi da quello lì proposto.

Armato di una pesante scimitarra di foggia y’shalfica e protetto da un ancor più ingombrante scudo rotondo, risorsa importante tanto in contesti difensivi, quanto più in conseguenza di necessità offensive, in grazia di una serie di acuminate lame emergenti perpendicolari alla sua stessa superficie, punte metalliche contro le quali un corpo avrebbe potuto trovare facilmente occasione di morte ancor più violenta e dolorosa rispetto a quella proposta dall’altra arma, Ma’Vret si era accostato con passo discreto, movimenti leggeri e perfettamente controllati, quasi in contrasto all’immane mole del proprio muscoloso corpo, di membra così incredibilmente gonfie di forza, di energia, da apparire prossime a esplodere, a un fagotto di coperte entro le quali era convinto le si sarebbe offerta la propria avversaria, disponendosi già pronto a menare un colpo mortale, un fendente netto e deciso, con il quale raggiungere i termini del proprio incarico senza particolare impegno e, pur, senza alcun rimorso, là dove non sarebbe stata la sua prima vittima, né, sicuramente, si sarebbe proposta quale la sua ultima. Solo di una conferma egli avrebbe allora necessitato, di una risposta avrebbe abbisognato prima di lasciar calare quella grossa lama sul corpo a sé così lì proposto, troppo generosamente concesso, una convalida, nel merito dell’identità della propria potenziale vittima, a riguardo del quale, pur, si sentiva sufficientemente sicuro, qual risultato di una lunga e impegnata ricerca nel merito delle tracce del suo passaggio, ritrovate qualche giorno prima qual sole e isolate, esterne a qualsiasi percorso abitualmente proprio di carovane mercantili e, per questo, tutt’altro che di improbabile associazione a lei, nel rapporto con le informazioni da lui raccolte a suo riguardo, nel merito di tale, particolare viaggio.
Per ottenere tale certezza, il colosso non aveva allora evitato di richiamare a gran voce il nome di lei, a lei ordinando di levarsi e di mostrare il proprio viso lì celato, al pari del resto delle proprie forme, sotto le coperte nelle quali si era avvolta, a possibile difesa dall’umidità della notte, dal freddo caratteristico di quei sentieri, di quelle vie montane, in quella che, nuovamente, era stata allora interpretata quale evidente riprova dell’impossibilità per quella donna di sperare in una qualsivoglia occasione di futuro all’interno della particolare professione da lei scelta qual propria. E proprio nel silenzio e nell’immobilità allora conseguente quelle stesse parole, a Ebano fu concesso, per un fuggevole istante, di intuire, di comprendere quanto, effettivamente, si era proposto in maniera eccessivamente audace, sconsiderata, in quell’ipotesi di offensiva a discapito del proprio obiettivo, della propria preda, ritenuta erroneamente ignara e, al contrario, suo discapito, decisamente più consapevole di quanto mai avrebbe potuto immaginare.
Una tardiva riconsiderazione, quella che coinvolse allora l’uomo, per colpa della latenza temporale della quale egli si propose, a propria volta, troppo generosamente concesso alla propria presunta vittima, la quale, rivelandosi celata, sino a quel momento, fra i rami degli alberi ora proposti sopra la sua stessa testa, precipitando, a sorpresa, sulle sue spalle e, subito, lì impegnandosi a imporre la propria stretta, la propria morsa impietosa, che non avrebbe desiderato riservare al proprio nemico maggiori speranze verso il futuro rispetto a quelle da lui stesso precedentemente a lei offerte.

« Che delusione: a sud, questi giuochi sono noti persino ai pargoli in più tenera età! » insistette ella, con trasparente intento denigratorio a discapito del candidato carnefice, dall’alto della propria posizione di predominanza su di lui, nel mentre in cui, serrando maggiormente la presa con le gambe attorno a quella posizione, tentò di forzare il collo taurino dell’uomo a una violenta rottura, prima che questi potesse avere occasione di rivoltarsi contro di lei, approfittando, comunque, delle armi da sé possedute.

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