11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 14 marzo 2011

1153


I
l giorno nel quale, per la prima volta nella propria intera esistenza, l'allora semplice garzone Seem ebbe occasione di sentir parlare di Midda Bontor, donna guerriero, egli non poté ovviare a dubitare, in fede, delle imprese a lei attribuite dalle chiacchiere popolari, giudicate eccessive nella propria enfasi al punto tale da apparire più idonee a esser giudicate quali Mito ancor prima che Storia. Identico pensiero, immutato giudizio, privo di malizia nei riguardi della medesima mercenaria, animò invero e sostanzialmente il cuore del giovane per tutta la durata del proprio addestramento, della propria formazione quale scudiero, quale suo scudiero: sebbene egli tanto si fosse dimostrato pronto a porre in gioco la propria vita, rinnegando tutto ciò che era stato in passato per cercare, in suo nome, un futuro completamente diverso, difficile, impossibile era egualmente stato accettare la possibilità che la propria signora potesse essere la leggenda vivente che molti la giudicavano, ritenendola sicuramente meritevole di ammirazione, di dedizione, sentimenti che mai mancò di rivolgerle, ma non oltre i limiti della sua stessa, innegabile umana natura. Quando, tuttavia, al ragazzo era stata concessa occasione per essere al suo fianco nel corso di quello che ella volle, comunque e a ragione, minimizzare quale un viaggio sufficientemente tranquillo, il medesimo nel corso del quale egli aveva ucciso, per lei, un polpo gigante, immediato e necessario fu, per lui, una completa revisione di quanto sino ad allora ritenuto certo, comprendendo come, effettivamente, la vita di quella straordinaria figura avesse da essere collocata più in prossimità del Mito che della semplice Storia. E, al crescere del proprio rapporto con il suo cavaliere, nell'approfondirne la conoscenza, nell'entrare in confidenza con la sua quotidianità, ove infatti egli aveva indubbiamente avuto modo di scoprire in quale ampia misura le chiacchiere attorno al suo nome avessero, effettivamente, da essere riconosciute quali semplici chiacchiere e nulla di più, Seem aveva anche e parallelamente avuto modo di apprezzare come la realtà per lei propria avesse da essere riconosciuta quale indubbiamente superiore a quanto mai chiunque avrebbe potuto immaginare, a quanto mai qualsiasi pettegolezzo, oppure ballata, avrebbe mai potuto riferire.
Per essere realmente compreso e apprezzato, anch'egli purtroppo tardò a capire, il mito, intrinsecamente legato al nome di colei conosciuta anche come Figlia di Marr'Mahew, avrebbe dovuto essere affrontato non tanto con sguardo trasognante, giudizio già viziato dall'idea del confronto con chissà quale entità superiore, semidivina o, direttamente, divina, quanto, piuttosto, con occhio pragmatico, abituato a valutare la realtà in quanto tale e, in ciò, capace di distinguere come quella che, al di là di ogni voce, era e sarebbe sempre rimasta una comune donna mortale, fosse in grado di sospingersi continuamente, e vittoriosamente, a porre sfida al proprio destino, e con esso a ogni genere di pericolo, animata unicamente dalla volontà di dimostrare quanto un concetto di fato predeterminato avrebbe dovuto riconosciuto qual tremendamente errato nella propria stessa idea e, ancor più, spiacevolmente vincolante per l'intera umanità. Un principio, quello da lei incarnato, che, a suo tempo, non mancò di conquistarlo e, oggi, non poté evitare di vederlo schierato in quell'assurda corsa attraverso una città infestata da ogni genere di creature non morte nel desiderio di giungere, per qualche non meglio definita ragione, a una torre sicuramente sbarrata, e all'interno della quale mai sarebbero stati accolti con benevolenza, nella sola volontà di dimostrare, anche a lei, ma innanzitutto a se stesso, quanto a sua volta egli avesse fatto proprio il suo insegnamento, comprendendo di poter plasmare la propria sorte in sola grazia della propria stessa determinazione, al di là di qualunque ipotetico limite propostogli da altri, semplici mortali suoi pari o ineffabili divinità.
Con entusiasmo necessariamente minore rispetto a quanto da lei dimostrato, ove sinceramente incapace di emozionarsi in positivo all'idea di quell'estenuante e continuo confronto con ogni genere di negromantica avversità, lo scudiero ebbe allora ugualmente occasione per dimostrarsi degno del proprio cavaliere, e, entro ovvi limiti, persino a lei più simile di quanto mai avrebbe potuto ambire di ipotizzare. Se, infatti, una volta definita e dichiarata la loro meta, la donna dagli occhi color ghiaccio aveva iniziato, senza indugio, senza esitazione e senza timore alcuno, ad aprirsi la via in tal direzione in grazia della forza del proprio braccio e della letale solidità della propria lama, il suo fedele compagno e adiuvante non si era concesso né indugi, né esitazioni e, in verità, neppure timori, nel presentarsi accanto a lei, non affiancandola direttamente unicamente nell'esigenza di non essere per lei d'ostacolo e, ciò nonostante, non riservandosi in ciò un mero ruolo da inerme spettatore come, suo malgrado, avrebbe potuto riconoscere fosse stato il proprio dall'esordio della mercenaria in quel tutt'altro che per lei originale campo di battaglia. E non semplicemente contro lenti e impacciati zombie, in questo nuovo capitolo della loro avventurosa collaborazione, egli impegnò la pungente lama del proprio stiletto, quanto e piuttosto, anche contro i più temibili scheletri, gli stessi avversari che, se pur inizialmente affrontati, erano poi stati completamente relegati alla responsabilità della propria signora, a riconoscere per quegli stessi nemici un livello di pericolosità indubbiamente maggiore a qualunque altro lì presente e, parallelamente, per la mercenaria sua padrona un livello di bravura nettamente superiore a quello a cui mai egli avrebbe potuto ambire: così, in quella ripresa, in quel nuovo cammino del quale entrambi si resero protagonisti, anche Seem si volle adoperare al massimo delle proprie potenzialità, vivendo al pieno il proprio ruolo così come da lui ricercato al fianco di lei e, in ciò, non limitandosi a essere per lei un peso, quanto, piuttosto e preferibilmente, una risorsa.
Malgrado ogni buona volontà in tal senso, il giovane figlio di Kriarya fu tuttavia costretto a rimembrare i propri limiti, di gran lunga inferiori a quelli del suo cavaliere, nel momento in cui, avanzando verso l'interno della città, venne posto a confronto con un genere di ostacolo in sfida al quale neppure tutta la propria buona volontà, tutta la propria audacia e il proprio addestramento, dal suo pur umile punto di vista, gli avrebbero potuto concedere occasione per ipotizzare una qualche eventuale possibilità di sopravvivenza, ritenendola, istintivamente, visceralmente, persino impropria per la propria stessa signora, a lui incredibilmente superiore sotto ogni aspetto. E la prima avvisaglia di tale nuovo, osceno e allucinante pericolo, venne loro proposta direttamente dal suolo sotto ai loro piedi, il quale, inizialmente in misura particolarmente lieve da non essere, quasi, apprezzabile, salvo poi crescere nella propria intensità, al punto tale da poter vagliare l'ipotesi di un terremoto, ove pur il territorio della città del peccato non ne fosse usualmente soggetto, iniziò a essere violentemente scosso da una serie di vibrazioni, utili a porli in guarda da qualcosa, qualunque cosa essa potesse essere.

« Mia signora?!… » la volle interrogare egli, nel momento in cui quel tremore, prima ignorato, incominciò a imporsi in maniera preoccupante alla loro attenzione, con energia tale da non poter più essere giudicato quale semplice e pur umana conseguenza di un'intima ansia, per quanto razionalmente negata sì egualmente prepotente da riuscire eventualmente a influenzare la percezione del mondo a sé circostante.
« No. » replicò la mercenaria, rallentando, in tale negazione, il proprio avanzare e, quasi, persino distraendosi dalle creature a sé circostanti, mantenute comunque a distanza di sicurezza dall'azione della propria mancina, la quale, armata di spada, sembrava esser animata da vita propria, e da una coscienza indipendente dalla sua « Se la domanda che mi volevi porre è "Sai cosa è questo?", la mia sola risposta non può che essere "No". E se vogliamo dirla tutta… non credo di esser tanto eccitata all'idea di comprendere quanto grosso e pesante sia qualunque cosa sta dando vita a tutto ciò con il proprio semplice avanzare. »

Parole sufficientemente esplicite, quelle che ella volle rendere proprie in argomentazione alla posizione assunta nel confronto con lo scudiero, che, senza il benché minimo tergiversare, vollero allora esprimere in maniera trasparente quanto già proprio malgrado intimamente temuto da parte dello stesso Seem, il quale, tutt'altro che sciocco sebbene a volte ingenuo, sin da subito non aveva potuto evitare di distinguere come la regolarità di quelle scosse avesse da poter essere associata a un passo incredibilmente pesante condotto nella loro stessa direzione, come testimoniato dal crescere d'intensità della stessa vibrazione a ogni istante trascorso. Parole, le sue, che a posteriori si rivelarono anche assolutamente sincere, nell'ignoranza da lei proposta nel merito della natura della possibile fonte di tutto ciò, dal momento in cui l'abominio con il quale alfine entrambi vennero posti a confronto, quando neppure l'oscurità imperante in città in conseguenza della notte e dell'assenza di qualsiasi fonte d'illuminazione diversa dalla luna e della stelle, lontane in cielo, si dimostrò tanto estraneo a qualsiasi umano delirio al punto tale da apparire piuttosto prossimo al frutto dell'incubo di un dio o di una dea.

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