11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 15 luglio 2011

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S
e, osservata dall'alto, la fontana di Thatres non aveva riservato al buon Be'Wahr particolari occasioni di comprensione nel merito delle possibili interpretazioni della medesima, nelle sue folli forme, studiata dal basso, una volta raggiunto il fondo del pozzo insieme a Midda Bontor, quello stesso complesso scultoreo non parve riservare maggiore possibilità di apprezzamento da parte sua. E dove anche, a proprio supporto, era da considerarsi la spiegazione pur ottenuta per voce della propria stessa compagna, nel merito dell'interpretazione di ogni singola porzione di quella bizzarra erezione, assolutamente falso sarebbe stato per lui dichiarare come quanto posto innanzi al suo sguardo potesse essere effettivamente apprezzabile nelle proprie proporzioni, nel proprio aspetto, nella propria arte.
In effetti, malgrado la totale mancanza di formazione culturale da parte del biondo in tal merito, ingiusto sarebbe stato riservargli colpa per simile incapacità, laddove effettivamente complicate, tutt'altro che ovvie o immediate, avrebbero dovuto essere ritenute quelle sagome smaltate, soprattutto ove poste a confronto con canoni estetici più classici, qual quelli propri di regni quali la belligerante Kofreya, l'esotica Y'Shalf o, persino, la rude Gorthia. Probabilmente qualche studioso, qualche saggio, qualche sapiente, esperto e istruito da anni di studi, da una vita intera dedicata a conoscenze la maggior parte delle quali ritenute inutili, vane, dai più, avrebbe potuto dissentire nel merito delle ragioni che avevano condotto la pacifica Tranith a una simile evoluzione architettonica e artistica, tale da preferire quanto chiunque altro avrebbe considerato solo aberrante mancanza di proporzioni e forme, quale qualcosa di consueto, di normale, di giusto e legittimo: ovviamente, Be'Wahr non avrebbe mai dovuto essere scambiato per un tale esperto, per un simile dotto, ragione per la quale, nell'osservare quello che avrebbe potuto, tutt'al più, essere ritenuto il frutto di una mente infantile, uno scarabocchio distante da qualunque rapporto con la realtà, egli rimase fedele al proprio primo giudizio, alla propria prima condanna nel confronto di simile rappresentazione.

« Sinceramente non riesco neppure a comprendere quante teste possieda… » ammise, piegando il capo di lato per cercare, attraverso un cambio di prospettiva, una maggiore possibilità di comprensione a tal riguardo, di apprezzamento in tal senso « Tanto per cominciare… quelli cosa dovrebbero essere?! Dei tentacoli, dei denti, delle corna o cos'altro? » questionò, additando uno fra i vari particolari per lui sinceramente esterni a ogni possibilità d'intendimento, quasi fosse il prodotto di una civiltà estranea al concetto stesso di umanità, nella fattispecie una serie di propaggini posti a circondare l'ipotetico capo del dio, estendendosi a corona intorno al suo intero volto o quanto presumibile qual tale.
« Oh… Thyres… » sospirò la donna, con tono volutamente enfatizzato nella propria sopportazione a fronte di tali questioni sollevate in critica alla statua « Né l'uno, né l'altro, né l'altro ancora… pignolo. » sorrise poi, scuotendo il capo con aria divertita da tale dialogo, lasciandosi distrarre, nel medesimo, dallo studio delle numerose uscite alternative presenti lungo l'intero perimetro del pozzo, ognuna possibile via d'accesso al tempio e ognuna, tuttavia, anche possibile percorso in grazia del quale perdere l'orientamento all'interno di quella particolare struttura « Sono i suoi capelli… capelli d'acqua sorgiva. » puntualizzò, dimostrando di conoscere a sufficienza quel dio, membro dello stesso pantheon della propria dea prediletta, se pur, necessariamente, da lei non particolarmente tenuto in considerazione in conseguenza della propria preferenza per l'acqua salata del mare anziché per l'acqua dolce di un fiume.
« Ah… ecco perché sono bluastri. » osservò l'altro, aggrottando la fronte « E il resto?! » richiese, dimostrando una vivace curiosità e un sincero interesse all'apprendimento, malgrado la consueta fama per lui propria e non rivolta a esaltarne l'intelletto.

Con pazienza, attraverso parole scandite da un tono quieto ed estremamente gradevole, in quella per lei consueta, ruvida musicalità capace di rendere la sua voce incredibilmente originale e particolarmente apprezzabile quando non così sovente impegnata nel canto, la Figlia di Marr'Mahew soddisfò, allora, l'interesse all'apprendimento del proprio sodale, illustrando al proprio attento interlocutore le caratteristiche fisiche attribuite alla divinità in questione, così come anche, con non poco sforzo di immaginazione, rilevabili nella statua innanzi a loro.
Il dio Thatres, nella fattispecie, avrebbe dovuto essere identificato qual una figura umanoide, priva di un concreto volto riconoscibile qual tale, se non nella presenza di due immensi occhi cristallini, simili, nella propria consistenza e nella propria tonalità, all'acqua congelata nei ghiacciai d'alta quota, in grazia del lento scioglimento della quale molti fiumi, soprattutto sulla catena dei monti Rou'Farth, avrebbero dovuto essere riconosciuti originali. Attorno al suo siffatto viso, disadorno di naso, bocca o orecchie, era quindi presente una corona di guizzante acqua sorgiva, in quella specifica statua non realmente tale, quanto, piuttosto, ricavata, come già apprezzato, attraverso una serie di tentacoli smaltati in tonalità di azzurro e blu. Reale acqua, e probabilmente acqua effettivamente sorgiva, nel considerare la particolare collocazione di quel santuario, avrebbe altresì dovuto essere ipotizzata quella lì sgorgante dall'unione delle mani della figura umanoide, proposte, prive di particolare tensione muscolare, a breve distanza dal petto della medesima a formare un incavo non diverso da quello che chiunque avrebbe ricercato con le proprie estremità per poter bere da una fonte, e che, in tal contesto, era al contrario proposto esso stesso qual fonte: mani, quelle del dio, che nella rappresentazione propria di quella fontana non avrebbero potuto essere colte pienamente nel proprio dettaglio e che pur, malgrado l'aliena proposta del suo volto, non avrebbero riservato sorpresa alcuna, nel palesare cinque normalissime dita umane. Arti superiori considerabili a pieno titolo qual comuni, consueti, privi di particolari caratteristiche estranee a quanto proprio di qualunque umano, che pur non avrebbero riscontrato similare corrispondenza nei propri corrispettivi inferiori, là dove non normali gambe erano quelle del dio, quanto, piuttosto, nuovi flussi d'acqua, incredibili e violente cascate lì, in tale specifico complesso, rappresentate in parte dall'intreccio di nuovi tentacoli bluastri e, in parte, dalla rinnovata presenza di effettiva acqua, dai suoi fianchi costantemente offerta all'intera struttura sotto di lui, montagna lì stilizzata nelle forme già sufficientemente prese in esame dalla coppia ancor prima di avvicinarsi alle stesse.

« Incredibile… » commentò Be'Wahr, al termine di quel momento formativo, al quale aveva rivolto tutto il proprio più sincero interesse, tutta la propria più reale attenzione, al fine di non offendere colei che tanto generosa si stava allora dimostrando nei suoi riguardi, condividendo con lui le proprie informazioni « Per essere un dio minore del vostro pantheon, è decisamente complesso nella propria apparenza. » non riuscì a ovviare a sottolineare, senza considerare quanto, una tale affermazione, avrebbe potuto risultare blasfema.
« Beh… così è come sono soliti rappresentarlo. » puntualizzò la mercenaria, assolutamente tranquilla a tale osservazione, esprimendo, in risposta alla medesima, un concetto probabilmente giudicabile ancor più insolente rispetto all'originale, e lì scandito in piena coscienza nel merito di tale valore « E' una raffigurazione utile a palesare le sue principali caratteristiche, e il suo specifico dominio. Come poi egli abbia realmente a essere, mi permetto di dubitare che qualcuno possa saperlo… »

Una precisazione, quella che volle definire qual propria, in grazie alla quale probabilmente ella scelse di porre particolare accento al pragmatismo che da sempre le era proprio, anche in questioni di fede, di credo religioso, nel confronto con le quali la donna non aveva mai espresso volontà di polemica estraneazione, se pur neppure di cieco asservimento così come spesso richiesto da fanatici sacerdoti o fantomatici profeti.
Ove, dopotutto, mai aveva rifiutato l'idea dell'esistenza di divinità a loro superiori, e probabilmente anche loro originali creatrici, a differenza di molti Midda non aveva neppur ceduto al preconcetto, giudicato al contrario colmo d'arroganza, di come esse potessero riservare qual proprio un qualche sostanziale interesse di coinvolgimento con le loro esistenze mortali, con le loro vite limitate. E non, di certo, al punto tale da poter far propria addirittura brama a prendere posizione in favore o in contrasto a beghe di natura umana in semplice conseguenza di una preghiera in loro invocazione rivolta, o di una bestemmia in loro opposizione scagliata, dimostrandosi grottescamente pronte a dispensare premi o punizioni, doni o castighi, non diversamente da come avrebbe abitualmente compiuto un sovrano con i propri vassalli ancor più che un genitore con i propri pargoli.

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