11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 30 agosto 2011

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E
dov'anche nel confronto con il perbenismo imperante in molte realtà sociali, malgrado ciò sovente, se non sempre, sostanzialmente lontane dal potersi permettere simile atteggiamento, tale stolido pregiudizio ove, al di là d'ogni ipocrisia pur tanto gelosamente custodita, resa propria, anche e soprattutto essi avrebbero dovuto essere riconosciuti colpevoli di comportamenti e pensieri ben più riprovevoli di quello allora accennato dalla donna guerriero, quanto da lei riferito avrebbe potuto suscitare sdegno e rimprovero nel proprio interlocutore, in una fredda condanna da parte sua per la prostituzione psicologica, ancor prima che meramente fisica, a cui ella, tre lustri prima, si era quasi concessa di sospingersi, da parte di Howe non poté invece che essere offerto nulla di tutto ciò, alcuna bigotteria e neppure insulsa e ancor peggiore pietà, nel lasciarsi altresì dominare da un sentimento di angosciata preoccupazione.
Non pietà per la propria compagna, giacché così reagendo egli non avrebbe ovviato a dimostrare un improprio moralismo atto a offrire di sé un'immagine falsamente superiore a lei e a ciò che lei aveva compiuto all'epoca di quegli eventi, quanto, e piuttosto, preoccupazione: preoccupazione non tanto per lei, in verità, quanto per se stesso e per la via che se pur più volte avvertito aveva fermamente scelto di intraprendere, di rendere propria al di là d'ogni legittimo avviso. Perché in ogni soggetto da lui incontrato e coinvolto, sino a quel momento, con il medesimo dramma da lui affrontato, egli aveva avuto occasione di verificare un insana deriva volta ad accettare quello che la stessa Figlia di Marr'Mahew aveva definito qual giusto prezzo… qualunque esso potesse essere.
Quilon, spadaccino rimasto privo della propria mancina suo pari, aveva accettato qual giusto prezzo la rinuncia alla sua libertà fisica, condannandosi, per il resto della propria esistenza a vivere un'eterna prigionia priva di catene o mura, e pur peggiore di quella che sarebbe potuta essergli assicurata in qualunque carcere. Midda, avventuriera e marinaia rimasta priva della propria destra, aveva valutato di accettare qual giusto prezzo la rinuncia alla propria libertà psicologica, condannandosi, per una singola notte, a un orrore che comunque l'avrebbe poi potuta perseguitare per il resto della propria esistenza… e che, malgrado non si fosse neppure consumato, l'aveva invero perseguitata, avvelenandone l'animo sino all'oscena esplosione di violenza della scorsa notte. E questo, addirittura, non per riottenere effettivamente l'arto perduto, quanto, e in maniera ancor più grave, la possibilità di riottenere l'arto perduto, nell'essere condotta al cospetto di coloro che ciò avrebbero potuto fornirle.
A questo, forse, anch'egli si stava, o già si era, condannato nella propria personale ricerca? Anch'egli si stava dimostrando disposto all'accettazione di qualunque giusto prezzo fosse stato per lui stabilito da menti perverse e malvagie, qual, necessariamente, avrebbero dovuto essere identificate coloro coinvolte nella stregoneria, nelle oscure arti mistiche, necessarie a dar vita a quei surrogati?
Risposta impossibile a definirsi… e pur terribilmente agghiacciante negli impliciti che avrebbe condotto seco e per le ombre che, in ciò, avrebbe potuto proiettare sul suo futuro, un futuro in cui, suo malgrado, egli non sarebbe più stato lo stesso uomo passato.

« E… poi? » domandò con tono incerto, esitante a scandire una tale esortazione a proseguire nella narrazione, non desiderando imporsi con eccessiva curiosità su un argomento che, comprendeva, avrebbe potuto essere riconosciuto qual troppo delicato, troppo spiacevole da affrontare « Dimmi, te ne prego… cosa è accaduto in seguito? » riformulò, comprendendo come, in un tale contesto, indelicato sarebbe stato da parte sua esprimersi in termini troppo concisi, quasi a invocare da lei la conclusione di quella vicenda come non apprezzata, non riconosciuta nel proprio effettivo valore, un valore non tanto derivante dalla drammaticità degli eventi rievocati, quanto, e piuttosto, dalla scelta stessa di rievocarli innanzi a lui.

Howe, infatti, non ebbe difficoltà a comprendere perfettamente a quale sforzo e impegno ella stesse lì obbligandosi e, ancora, quanta fiducia ella stesse egualmente riconoscendogli, nell'aprirsi con lui così come, forse, mai si era concessa opportunità di compierei prima con altri. E in virtù di tutto ciò, ragione di incommensurabile orgoglio e onore per sé, egli si trovò, nuovamente, a pentirsi e a vergognarsi per tutti i dubbi e i pregiudizi mossi in passato a discapito della propria compagna, di colei che aveva troppo spesso considerato pari a una minaccia, a un danno per sé e per Be'Wahr, ancora prima di una preziosa alleata.
Mai più, si ripromise, mai più, giurò sul proprio dio Lohr, egli avrebbe permesso alla propria mente e al proprio cuore di riservare simile mancanza di fede, di fiducia verso di lei, di chi, a lui, si stava lì offrendo, svelando, in maniera tanto aperta e sincera.
O tale, per lo meno, fu in quel frangente il proposito dell'uomo, suo malgrado inconsapevole di quanto, di lì a breve, ancora una volta avrebbe rinnegato tutto ciò, lasciandosi dominare in maniera eccessivamente isterica dal timore, dalla paura, dall'orrore per la follia nella quale si era volontariamente cacciato, da arrivare a condannare nuovamente la propria camerata qual diretta responsabile per tutto ciò.

« E' accaduto che, dopo la notte, è tornato a sorgere il sole. E, con esso, la vita ha ripreso il proprio consueto corso… » rispose Midda, accennando un lieve sorriso tirato « Io necessitavo ancora dell'aiuto di Quilon e, ancor più, egli, vincolato al proprio incarico, non avrebbe potuto presentarsi alla Vallata qual responsabile per la mia fuga, ragione per il mio ripensamento, a così breve distanza dal completamento del tragitto. »
« Vuoi dire che…? » esitò l'uomo, ritenendo quasi impossibile quanto da lei così accennato.
« Esattamente quello. » confermò ella « Quilon, rendendosi conto del suo sbaglio, iniziò a cercarmi. E io, rendendomi conto di aver ancora bisogno di lui, mi feci trovare. »
« Ma… questa notte egli ha nuovamente cercato di violentarti! » esclamò, non riuscendo a cogliere la logica del ragionamento da lei in ciò espresso, non da parte sua, non, tantomeno, da parte dell'ormai defunto spadaccino e guida verso quella fantomatica "Vallata", qualunque cosa fosse.
« Ma questa notte egli non era vincolato da alcun impegno nei miei riguardi. » gli fece notare, stringendosi fra le spalle quasi a minimizzare la questione « Tu eri il suo incarico… non io. E che io fossi giunta o meno a destinazione, alcuna differenza avrebbe mai compiuto per lui. » evidenziò, scuotendo il capo « Anzi… ho da ringraziare Thyres, invero, di come hai scelto di reagire di fronte all'immagine a te riservata: altri, al tuo posto, non avrebbero avuto esitazione alcuna a scegliere di schierarsi non dalla mia parte, quanto, e piuttosto, da quella di Quilon, per approfittare della situazione. »

Un giudizio severo nei confronti dell'intero genere umano, non solo nella propria componente maschile qual, comunque, lì avrebbe dovuto essere riconosciuta principalmente inquisita, che alcuno avrebbe tuttavia potuto giudicare qual gratuito, dal momento in cui, al di là d'ogni legittima ira vissuta da parte dello shar'tiagho innanzi al tentativo di stupro a discapito della propria alleata, e forse amica, la violenza sessuale non avrebbe potuto purtroppo essere considerata un'eccezione, quanto, piuttosto, una spiacevole regola, tale da colpire chiunque si fosse dimostrata, o anche dimostrato, troppo debole per potersi opporre a ciò.
Addirittura, in termini grottescamente tragici o tragicamente grotteschi, difficile a definirsi, negli stessi ambienti nei quali, usualmente, il mestiere proprio della meretrice era aspramente condannato, giudicata professione indegna e denigratoria per l'apparire proprio di una città, gli stupri si imponevano in una misura raccapricciante, non venendo neppur condannati qual atti infami, quanto, e piuttosto, diritto del più forte a discapito del prossimo. Ragione per la quale, del resto, Midda Bontor aveva da lungo tempo preferito considerare qual proprio principale riferimento, forse residenza, in Kofreya, per lei terra straniera, confini considerati addirittura criminali quali quelli propri di Kriarya, soprannominata non a caso città del peccato, nell'offrirsi popolati da mercenari e assassini, ladri e prostitute, e non in capitali più onorevoli e onorate quali Kirsnya, là dove non solo aveva perduto il proprio braccio destro, ma, anche, e ancor peggio, aveva avuto riprova di tale, assurdo teorema, assistendo in prima persona, se pur non nel ruolo di vittima, a crudeltà d'ogni genere perpetrate da coloro considerati nobili, aristocratici, grandi signori, a discapito dei più innocenti e indifesi, a loro sospintisi in cerca d'aiuto, di soccorso, di solidarietà.

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