11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 16 marzo 2012

1518


I
n questi termini, poi confermati anche da altri testimoni allora presenti, il giovane Seem, scudiero di Midda Bontor, concluse il proprio primo intervento, riportando verbalmente le parole udite per voce della Figlia di Marr'Mahew nel merito del contenuto della missiva ricevuta da lord Brote.
Una missiva del tutto inattesa, imprevista e, persino, imprevedibile da parte di tutti i presenti all'interno della torre, laddove, così come anche sottolineato dallo stesso Seem, nessuno avrebbe mai potuto immaginare una simile volontà di collaborazione, un tale sentimento di solidarietà in una città qual Kriarya. E sebbene, in questa collezione di testimonianze nel merito di quanto accadde, come già nella precedente, io abbia subito ribadito non voler intervenire a traviare gli eventi con delle mie personali riflessioni attorno agli stessi; proprio a partire da quanto il giovane scudiero si era soffermato ad analizzare nel merito della propria città d'origine, e delle sue particolari qualità, vorrei spendere due parole nel merito delle emozioni che io, personalmente, provai nel confrontarmi con tale narrazione, emozioni che, probabilmente, non risulteranno qual nuove a coloro che leggeranno questo documento, ove, forse in maniera eccessivamente egocentrica, voglio credere che quanto da me ponderato non abbia da considerarsi qual nulla di nuovo, nulla di straordinario o impensabile per alcuno.

Come spero sia comune consapevolezza è la Storia stessa, niente poco di meno nell'origine del regno di Tranith, a insegnarci l'importanza dell'unione fra popoli, fra città, fra famiglie, qual sola via utile alla sopravvivenza di una comunità e di un'intera nazione innanzi a qualunque pericolo a ogni avversità.
Ove, infatti, in un'epoca lontana, tutte le isole di questi mari erano fra loro divise e in continuo, reciproco conflitto, senza un'effettiva motivazione per giustificare tanta inimicizia, venerando gli stessi dei, parlando la stessa lingua, vivendo le medesime vite; nel tempo in cui un'armata, una sconfinata flotta proveniente da levante agli ordini di un conquistatore crudele, spietato e soprattutto affamato d'oro, giunse con l'intento di sottomettere ogni uomo o donna al proprio dominio, alla propria influenza, improvvisamente coloro che sino al giorno prima avrebbero invocato incredibili maledizioni a danno dei propri vicini, compresero come da soli non avrebbero mai avuto sufficiente forza, sufficienti risorse, per tutelare il proprio domani, il proprio futuro, destinandosi, nella propria singolarità, a essere sconfitti e a cadere sotto il giogo di quello straniero e indesiderato invasore. Ogni faida venne dimenticata, ogni rancore fu improvvisamente obliato, e ognuno, nei territori cari al dio Tarth e alla dea Thyres, iniziò a definire i propri vicini quali fratelli, quali compagni, quali camerati, disponendosi pronto a porre in dubbio il proprio domani per assistere gli stessi, nella certezza che tanto impegno sarebbe stato reciprocamente ricambiato.
Così quelle che prima avrebbero potuto essere censite, singolarmente, quali misere forze, banali flottiglie prive di qualunque speranza di confronto con il nemico, divennero un enorme, incommensurabile armata, contro la quale né quell'invasore, né chiunque altro, avrebbe mai potuto osare qualcosa. E respinto a oriente chi da tal direzione era giunto, i figli di Tarth, e di Thyres, concordarono la propria alleanza qual perpetua, imperitura, dando vita a un regno assolutamente inedito, privo di monarchi, e amministrato nella propria complessità così come sino a poco prima era stato amministrato nella semplicità di ogni realtà locale, rispettando e mantenendo le autonomie già proprie di ogni isola e, semplicemente, istituendo un'assemblea generale che, ogni cinque anni, salvo complicazioni, avrebbe dovuto veder riuniti rappresentati da tutte le terre in una località sempre diversa, ovviando in tal modo all'esigenza di una capitale centrale, per discutere di qualsiasi argomento di ordine pubblico, di interesse collettivo, e per sancire la direzione che l'intero regno avrebbe abbracciato nel successivo lustro.

E' facile comprendere, sulla base di simili presupposti, le ragioni per le quali nulla di straordinario, nulla di incomprensibile o inaccettabile, avrebbe dovuto essere considerato da parte mia in quella lettera e nel suo contenuto, all'idea di una possibile alleanza fra due, e forse più, signori di Kriarya, per far fronte comune a un nemico in contrasto al quale mai, singolarmente, avrebbero potuto sperare di sopravvivere. Anzi… in verità nulla di più ovvio, nulla di più scontato avrebbe dovuto essere ricercato in una tale scelta, dal momento in cui, in assenza della medesima, solo una palese volontà suicida sarebbe stata espressa da parte degli stessi, volontà che mai avrebbe potuto essere giustificata qual associata a figure dotate di tanta abilità, di tanta energia e di tanta volontà da riuscire a giungere laddove tutti quei lord, in un modo o in un altro, per un merito o per un altro, erano riusciti a spingersi.
Per tale ragione, nel momento in cui Seem, Howe e Be'Wahr, nonché anche Av'Fahr, mi confermarono come, da quel primo messaggio a breve, molti altri giunsero, uno per ogni signore della città, incluso lord Bugeor, acerrimo rivale e, sovente, miglior alleato, di Brote; solo un semplice sorriso offrii, non per derisione, non per divertimento, quanto per semplice approvazione di quanto, fortunatamente, almeno in quella tragica situazione i lord della città del peccato erano riusciti a trovare un punto d'incontro, un'occasione di collaborazione, per la difesa dei propri singoli territori d'influenza e, con essi, dell'intera urbe. Dopotutto non in termini particolarmente originali, in vie assolutamente inedite, essi poterono entrare in contatto e trovare un accordo, ma, semplicemente, nello stesso modo e negli stessi termini in cui, già in passato, ognuno di loro si era trovato a trattare tregue e alleanze, o, ancor più semplicemente, i confini del proprio potere, i limiti del proprio dominio, frammentando la città quartiere per quartiere, edificio per edificio.
E nella particolare urgenza resa propria dalla condizione presente, dall'osceno assedio imposto alla capitale e, ancor più, dalla necessità di mostrare all'intera popolazione della medesima quanto, ancora, ognuno di loro avesse il controllo su quella piccola realtà per loro mondo intero, onde evitare di veder il proprio potere posto in dubbio; alcun particolare tempo morto, alcun concreto intervallo d'attesa venne imposto a definizione di quei momenti, lasciando scorrere rapide le rapide trattative fra i signori della città e trovandoli tutti concordi nell'offrire carta bianca alla Figlia di Marr'Mahew, colei che, del resto, solo pochi mesi prima aveva già salvato, o collaborato a salvare così come suggerito da lord Jessen, Kriarya dagli orrori già rievocati e che, soprattutto, avrebbe potuto essere a posteriori facilmente colpevolizzata per un qualche insuccesso, laddove necessario un capro espiatorio da additare in tal caso.

Concludendo questo mio intermezzo, che spero non abbia da considerarsi del tutto inutile, e tralasciando le cronache relative a momenti di mera politica ai quali, in effetti, nessuno dei miei testimoni fu presente; riporto ora a seguito quanto narratomi dal mio compare Av'Fahr nel merito dell'organizzazione che Midda Bontor volle porre in essere, ritrovatasi costretta a improvvisarsi condottiero per un'intera città, investita per tal ruolo dal potere congiunto di tutti i lord di Kriarya, con un valore tale che neppure lo stesso sovrano di Kofreya avrebbe potuto attribuirle.
Ritengo, infatti, che a differenza di quanto Howe e Be'Wahr avrebbero potuto narrare a tal riguardo, lo sguardo di un marinaio possa concedere un'opinione neutra, obiettiva e distaccata da tali eventi, non nella volontà di sollevare particolari dubbi nel merito di quanto la donna guerriero dagli occhi color ghiaccio decise, non nella brama di porre in discussione la legittimità delle sue scelte e valutazioni, quanto, e piuttosto, di presentarle nei termini meno sofisticati possibili e, ancor più, con uno sguardo non così confidente con determinati contesti e scenari, tale per cui troppi particolari, troppi dettagli, potrebbero essere minimizzati nel proprio valore a semplici sofismi, a banalità sulle quali non soffermarsi, nel mentre in cui, tuttavia, per chi profano nel confronto con tutto ciò, potrebbe essere necessario se non indispensabile a non fraintendere quanto alfine effettivamente attuato.
La scena, nella fattispecie, riprende così nel palazzo dell'ipotetico feudatario di Kriarya, un disgraziato quasi incapace di comprendere quanto effettivamente in corso e pur, formalmente, unico signore di quell'urbe, per esplicita volontà del sovrano di quelle terre… e in probabile punizione per qualche sgarro mai perdonato.

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