11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 16 maggio 2012

1579


I
rritata dall'apparente perfezione di quell'uomo, così come probabilmente molti lo erano stati per la sua in passato, la donna si domandò se, improvvisamente, il sole non avesse iniziato a ruotare all'incontrario attorno al suo pianeta. O, meglio, se il suo pianeta non avesse iniziato a ruotare all'incontrario attorno al sole. Perché ove ella, sino a qualche tempo prima, era celebre, non semplicemente nota, qual una guerriera infallibile, capace di dichiarare guerra agli dei e sopravvivere, ora sembrava essere divenuta più inetta dell'ultimo fra tutti gli scudieri, lenta e goffa come, poc'anzi, il suo avversario l'aveva voluta descrivere.
Ovviamente una tale idea non sarebbe potuta essere accolta di buon cuore, ragione per la quale, mettendo da parte ogni eventuale ragione di depressione, ella si pose con maggiore attenzione, con maggiore concentrazione nel confronto con il proprio avversario, purtroppo impossibilitata a sdrammatizzare la questione con qualcuna delle sue consuete battute. E nel mentre in cui la sua spada mancò il proprio obiettivo, ella lasciò partire un terribile montante con il proprio pugno destro, un colpo che, se solo fosse andato a segno, nel migliore dei casi avrebbe sospinto il monaco in alto nel cielo per una dozzina di piedi o forse più, o che nel peggiore dei casi ne avrebbe trapassato il petto da parte a parte, lì condannandolo a morte sicura.
L'uomo, ancora un volta, non si fece cogliere in contropiede da quel gesto. Al contrario, egli parve quasi attenderlo, ragione per la quale sciolse finalmente le braccia ancora mantenute al petto e, con un gesto apparentemente lento, in realtà rapido oltremisura, portò i propri palmi ad appoggiarsi su quel pugno, non opponendosi al tragitto del medesimo, ma sullo stesso facendo leva e, in virtù di tanta energia, proiettandosi volontariamente in aria, in una nuova capriola che lo condusse, ancora una volta, alle spalle di lei.

« Forse ancora non te ne accorgi… ma ti stai stancando. » constatò il monaco, con voce tranquilla, priva di beffa nei suoi riguardi « E quando, alfine, sarai stremata, per il tuo nemico sarà facile avere la meglio. » definì, in tali parole distinguendo se stesso dal ruolo di suo avversario, e forse già calatosi in quello di maestro, qual pur ella non lo aveva ancora accettato.

Guerra, nel corso della propria vita, e della propria giovinezza, aveva avuto molti maestri d'arme. Da ognuno ella aveva appreso con impegno e con dedizione, più che lieta di rendere proprie quelle nozioni che, negli anni a venire, le avrebbero permesso di sopravvivere a uno stile di vita apparentemente inneggiante al suicidio, nel combattere battaglie che alcuno avrebbe potuto considerare potenzialmente vincenti, nell'impegnarsi in guerre che alcuno avrebbe mai voluto neppur considerare, tanto la folli a esse circostante. Ed ella, in verità, non aveva mai chiuso la propria mente a nuove opportunità di apprendimento, così come la sua recente esperienza oltre i confini del proprio mondo avrebbe potuto testimoniare.
Tuttavia, ella non avrebbe potuto neppur immaginare l'eventualità di regredire, improvvisamente, al ruolo dell'allieva, e, soprattutto, non avrebbe mai potuto prendere in considerazione l'idea che un suo nuovo maestro avrebbe potuto avere meno della metà dei suoi anni.

« … » protestò, ancor prima di girarsi e di riprendere il conflitto.

Gettando la propria spada a terra, Guerra volle abbracciare l'occasione di un nuovo genere di confronto con il proprio antagonista, forse maestro, cercando in ciò il massimo della propria libertà fisica, per contrastarlo sul proprio stesso piano d'azione. Così, nel momento in cui ella si voltò verso il monaco, non lo fece come aveva già tentato pocanzi, con cieca irruenza, ma preferì chinarsi elegantemente al suolo e, tendendo la propria destra all'indietro, far perno sulla sinistra per un'agile spazzata, movimento con il quale sperò, o forse solo si volle illudere, di riuscire a raggiungere le gambe dell'uomo e, in tal modo, gettarlo a terra.
Ovviamente, il monaco non attese indolente l'arrivo di quell'arto inferiore teso contro di sé, preferendo cercare un nuovo distacco dal suolo, nell'ennesimo salto improbabile da riconoscere qual tale, in grazia al quale si librò nell'aria con la stessa delicatezza di una farfalla. Ma la donna, ora prevedendo una simile reazione ai propri gesti, non gli volle concedere simile opportunità di fuga, rigirandosi rapidamente sul terreno al quale, in quel modo, si era legata, per calciarlo, ora, con la gamba sinistra, nell'intento di intercettare la sua evasione. Intento, tuttavia, che fu costretto a restar semplicemente tale, ove l'uomo, richiamando maggiormente i propri piedi a sé, non si limitò a ignorare quel tentativo d'offesa, ma sembrò addirittura canzonarlo nell'appoggiarsi, addirittura, su quella stessa gamba.
Azione complessa sviluppatasi forse in un istante, o poco più, al fallimento della quale, ancora, Guerra non volle ammettere sconfitta, ribellandosi all'uomo e, nuovamente, mutando al propria posizione, rimettendosi in piedi con un violento colpo di reni e cercando di raggiungere il proprio avversario con l'inviolabile morsa che sarebbe potuta essergli imposta dalla sua mano destra, diretta alla sua caviglia sinistra. Forse ineluttabile, però, fu il suo fallimento, decretato dalla continua, rapida e inesorabile ascensione che vide l'uomo uscire dal raggio d'azione della sua probabile allieva.

« Ecco la dimostrazione. » commentò il monaco, ancora apparentemente sospeso in aria, in contrasto a ogni legge naturale « Le potenzialità ci sono… è la tecnica che manca. » sentenziò, riportandosi al suolo a meno di tre piedi di distanza dalla donna.

Ancora una volta Guerra cercò di raggiungere l'uomo, ora con una capriola e con un doppio colpo di talloni che, speranzosamente, avrebbe dovuto raggiungerlo alle ginocchia e lì, magari, gambizzarlo, per impedirgli altri allegri salti. Ancora una volta, però, il monaco si librò di meno di due piedi nell'aria, per poi riatterrare sopra la donna, con il piede sinistro accanto al suo fianco destro e con il proprio piede destro, alfine, premuto contro il collo di lei, bloccandola al suolo e, potenzialmente, lì condannandola a morte.

« Con la stessa facilità con qui ti ho privata della voce, avrei potuto privarti della vita. » asserì, con tono che non sembrava offrire spazio a menzogne di sorta « E tu lo sai. » soggiunse, a non sottovalutare l'intelligenza della propria controparte « Ti dispiace, pertanto, offrirmi un minimo… ma proprio un minimo di rispetto e smetterla con questa assurda pantomima?! »
« … » commentò ella, per tutta risposta.

Colpendola, allora, con la punta del proprio piede in diversi punti fra petto e collo, egli invertì gli effetti della propria azione precedente, sbloccando i muscoli che aveva pocanzi arrestato per privarla della voce, in tal modo restituendogliela.

« Dicevi? » domandò, aggrottando la fronte.
« Che diavolo significa "pantofobia"?! » tentò di ripetere ella, non riproducendo, tuttavia, i giusti suoni e in ciò sbagliando parola « Thyres… mi mancava il suono della mia voce. » soggiunse, sorridendo.
« Pantofobia è la paura di tutto. » rispose egli, facendo due passi indietro e concedendole spazio per rialzarsi « Pantomima, invece, è una rappresentazione teatrale puramente gestuale… qual quella nella quale stavi impegnandoti un attimo fa… »
« Simpatico… » commentò Guerra, storcendo le labbra, nel mentre in cui recuperava una posizione eretta, ora dimentica di ogni desiderio bellico nei suoi confronti « … ma si può sapere che diamine vuoi da me, piccolo monaco?! »
« Il mio nome è Fu-Nahn. » si presentò, alfine, evidentemente in tal senso stuzzicato dalle parole di lei « E, in merito a cosa io possa volere da te… credevo di essere stato sufficientemente chiaro. » premesse, con tono tranquillo, quasi serafico « Io desidero che tu sia mia allieva, affinché tu possa vincere ogni battaglia… del tuo corpo e, soprattutto, del tuo spirito. »

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