11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 21 maggio 2012

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« D
iamine! » esclamò Guerra, sgranando gli occhi in conseguenza di quel proprio percorso mentale e, soprattutto, del traguardo raggiunto al termine del medesimo « Possibile che…?! »

Inutile, al di là della retorica spesa nelle proprie ultime chiacchiere, cercare spiegazioni o risposte in tal senso da parte dell'oni suo prigioniero: quella testa era ridotta in condizioni pessime, rendendo improbabile una qualunque risposta nell'ipotesi ancor non confermata di una sua possibilità di dialogo, di parola.
Escluso egli, o forse ormai sarebbe stato giusto dire esso, disconoscendogli qualunque valore umano; la mercenaria non avrebbe potuto confidare su altro al di fuori del tempo stesso, il tempo che, scorrendo inesorabile, l'avrebbe presto o tardi posta innanzi alla verità. Verità che, sebbene non ancor offertale in maniera trasparente e inequivocabile, fece il proprio primo sforzo rivelatore dopo solo pochi passi dal punto e dal momento in cui ella aveva scandito quella propria esclamazione di stupore; lì investendola con la carica che sola sarebbe potuta essere di una sfera infuocata gettata in suo contrasto, in sua opposizione. Una sfera infuocata proiettata con forza contro di lei, la quale, ove non rilevata nella propria micidiale occorrenza, nel proprio letale moto, avrebbe potuto raggiungerla e, senza mezzi termini, ridurla in cenere, in un cumulo di ossa e di resti fumanti entro i quali impossibile sarebbe stato riuscire a riconoscere la donna che era stata un tempo.
Fortunatamente per lei, malgrado ogni lamentela per l'età inoltrata, per l'anzianità che in Qahr sarebbe apparsa schiacciante ma che in Hyn avrebbe potuto ancora promettere altri decenni di salute e di prosperità; i suoi sensi non avrebbero dovuto essere già riconosciuti qual annebbiati, qual rallentati o comunque ostacolati nella propria efficienza, ragione per la quale lo sfrigolio dell'aria attorno a tale getto di fuoco fu inconfondibile e la costrinse a prendere rapide decisioni allo scopo di preservare la propria esistenza in vita per ancor qualche tempo, per ancor qualche anno, ove non avrebbe potuto vantare particolare interesse a morire, malgrado tutto. Così, roteando rapida da destra a sinistra, alla ricerca della direzione dalla quale l'offensiva la stava raggiungendo; nel momento in cui la riconobbe, ella slanciò il proprio braccio destro in avanti, per gettare, in contrasto a un tale, terribile minaccia, l'ultimo frammento dell'oni rimasto in suo possesso, la sua enorme, e non pienamente rigenerata, testa, sperando che questa fosse in grado di assorbire tutta la violenza incandescente di quella palla di fuoco. E non desiderando, tuttavia, scommettere il proprio futuro sulla riuscita di quella controffensiva, ella non esitò a gettarsi a terra, sperando, in tal senso, di evadere alla traiettoria di quella promessa di morte.

« E ora cosa succede, per Thyres?! » sussurrò a denti stretti, nella propria lingua natia, nel mentre in cui osservò la testa dell'oni disintegrarsi, forse definitivamente, all'interno di quelle fiamme innaturali, venendo consumata dalle medesime quasi un ciocco di legno all'interno di un caminetto ardente.

Anticipando qualunque possibilità, per lei, di individuare l'origine di quella nuova offensiva, una seconda palla di fuoco seguì la prima, ora volando nel sottobosco a solo poche dita dal suolo, lasciando, in tal modo, sul proprio cammino una scia di cenere nera, e, peggio, rendendo propria, a tale altezza, la possibilità di raggiungere colei che, per evitare la precedente, si era gettata al suolo. Guerra, pertanto, fu costretta a sollevarsi da terra, abbandonando l'erba che aveva sperato potesse nasconderla e proteggerla, con un agile salto, nel quale, quasi a imitazione dello stile di Hyn, ella si proiettò verso il cielo, invero per non oltre tre o quattro piedi, e lì roteò, al duplice scopo di ovviare alla nuova minaccia rivoltale e, ancora, di recuperare una postura eretta, utile a permetterle maggiore libertà di movimento nei momenti seguenti, innanzi ai nuovi attacchi che, era certa, non sarebbero mancati al suo indirizzo.
In tal modo negata qualunque utilità, qualunque speranza di successo anche al secondo attacco, ella non poté tuttavia riservarsi un singolo istante di riposo, e di riflessione, prima della terza sfera infuocata, la quale, senza la benché minima esitazione, seguì il corso delle altre, tentando di non concederle una qualunque manovra evasiva con un ampio movimento rotatorio, a spirale.

« Esibizionista! » gridò ad alta voce, in contrasto al proprio avversario, chiunque egli o ella, esso o essa fosse, mal digerendo quella enfatica dimostrazione in proprio contrasto, soprattutto ove sempre più complesso sarebbe stato per lei tentare di sfuggire a quella minaccia.

Assediata da quel vortice di fuoco, ella avrebbe potuto concedersi solo due vie di fuga: o proiettarsi con forza di lato, evadendo alla traiettoria pur tracciata da quella stregoneria; o gettarsi in avanti, tentando di attraversare indenne l'occhio del ciclone tracciato da quella palla di fuoco. Entrambe le soluzioni avrebbero potuto vantare i propri rischi, i propri vantaggi e i propri difetti, ragione per la quale ella non si arrischiò a elaborare troppo a lungo la questione, preferendo agire ancor prima di pensare e, in ciò, gettarsi di lato a ovviare al rischio di morte da tutto quello rappresentato.
Ma se in quel momento ella aveva avuto possibilità di scelta, alla successiva offensiva, non solo prevedibile ma persino giudicabile qual ineluttabile, la donna non si poté concedere altrettanta fortuna, ove, a ovviare al rischio di nuove capriole e pirolette da parte sua, il suo antagonista, di qualunque natura fosse, rimediò gettandole contro una nuova sfera infuocata, ancora roteante qual la precedente, ma ora facente propria un'orbita ellittica, percorrendo tale percorso tanto dall'alto in basso, quanto da destra a sinistra, quant'ancora da indietro ad avanti, in maniera tale che folle sarebbe stato per chiunque, non solo per lei, tentare di individuare una via di fuga realmente utile, che la potesse porre in salvo da quella minaccia senza successive ritorsioni.

« E poi?! » domandò ella, con tono sarcastico e retorico, sinceramente preoccupata per quella sfida e, innegabilmente, eccitata dalla medesima, quasi in ciò stesse trovando occasione di rivivere la propria giovinezza, sempre più compianta.

Rapida la sua sinistra agì nel contempo di tali parole, stringendosi attorno all'impugnatura della spada per estrarla dal proprio fodero. Rapida anche la destra si mosse, a stringere, ancora una volta, il forte della lama, per offrirle maggiore fermezza, maggiore forza. Rapido anche il suo corpo si posizionò, cercando di disporsi lateralmente rispetto a quella che previde sarebbe stata la traiettoria della palla di fuoco nel momento in cui l'avrebbe raggiunta. E rapida la sua mente corse al pensiero di Thyres, pregandola intimamente di non abbandonarla in quel momento, di non lasciarla vittima del fuoco, lei figlia del mare, che nelle acque era cresciuta e in esse aveva appreso la vita ancor prima che sulla terraferma.
E quando la sfera infuocata le fu prossima, un rivolo di sudore non poté che emergere dal rosso del sangue dell'oni incrostatosi sulla sua pelle, scendendo dalla tempia destra e scivolando sino al mento, qual unica dimostrazione di una tensione oltre ogni umana possibilità di gestione.

« Lurido cane… » ringhiò a denti stretti, in direzione del proprio non svelato avversario, nel mentre in cui le sue braccia e il suo busto si tesero oltre misura e la sua spada, prima caricata dietro le sue spalle, venne lasciata roteare verso la palla di fuoco, posizionata in modo tale da colpirla con la parte piatta della lama e, speranzosamente, di respingerla.

Il momento dell'impatto fu straordinario e tremendo al tempo stesso, fugace ed eterno, quasi non fosse neppure occorso e, al contempo, quasi fosse durato per una vita intera e oltre ancora, vedendo nel contempo di quell'atto la mercenaria morire e rinascere, crescendo per altri cinquant'anni prima di ritornare in quello stesso punto, in quella stessa posizione, con la spada tesa in orizzontale, parallela al suolo, con i muscoli delle braccia, di entrambe le braccia, sia quella di carne sia quella di metallo, tesi oltremodo, e con i denti stretti, a contenere un ruggito di rabbia e di predominazione che in quell'istante non avrebbe potuto evitare di caratterizzarla, fosse stato il suo ultimo atto nel regno dei vivi. E tanto sforzo, tanto impegno, parvero inizialmente privi di significato, nel mentre in cui, sotto la spinta innaturale di quella sfera maledetta, la lama bastarda si flesse, così come mai, sin dal momento della propria forgiatura, era successo.

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