11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 7 gennaio 2013

1814


Nera era stanca. Oggettivamente stanca. A livelli di stanchezza tali per cui ragionare in maniera razionale avrebbe dovuto essere considerata un’impresa improba degna della massima lode… in misura persino maggiore a quella derivante dall’abbattimento del mostro appena sconfitto.
In conseguenza a ciò, a tale stanchezza, per riuscire a elaborare correttamente le parole della compagna, della sodale alla quale era stata disposta ad affidare la propria vita, il proprio presente e il proprio avvenire, e alla quale, nonostante tutto, ora non avrebbe voluto concedere la benché minima attenzione; ella dovette rendere proprio massimo impegno, impegno sincero e trasparente, volto a non fraintenderne il significato, così come, troppo facilmente, avrebbe potuto compiere. Un fraintendimento nel confronto con il quale troppo semplice sarebbe stato reagire a sproposito, arrabbiandosi ingiustamente e ottenendo qual solo risultato quello di minare la solidità del loro rapporto, del loro legame, del loro equilibrio e, sostanzialmente, ancor prima che metaforicamente, del proprio stesso equilibrio, essendo Rossa null’altro che se stessa. E laddove ella non si era mai concessa nel confronto con altri propri sodali, così come di perfetti sconosciuti, di anteporre l’istinto alla ragione, la posizione netta, egoistica e ottusa a quella più ragionevole e bramosa di riconoscere con oggettività meriti e colpe; non soltanto assurdo, ma controproducente sarebbe allora stato per lei rinunciare a tale principio, a simile linea di comportamento proprio nel confronto con chi altri non era che una propria versione alternativa, e pur contraddistinta dai medesimi pensieri, dalle medesime emozioni e, soprattutto, dal medesimo carattere. Motivo per il quale, se l’una era in grado di affrontare con inalterata serenità quella situazione, l’altra non avrebbe dovuto essere da meno… non avrebbe dovuto permettersi di essere da meno.
Chiudendo gli occhi, pertanto, Nera si sforzò di scaricare tutta la tensione emotiva accumulata sino a quel momento, scaricando ogni ansia, ogni nervosismo, e concedendo al proprio animo, al proprio cuore, e alla propria mente, di essere dominati soltanto dal nulla, dal nulla più assoluto, gelido e perfetto, entro i confini infiniti del quale tutto avrebbe potuto essere annichilito, tutto avrebbe dovuto essere minimizzato e obliato, nelle proprie motivazioni e nelle proprie responsabilità. A quel vuoto interiore, a quel freddo esistenziale, ella aveva reso da tempo propria abitudine, propria prerogativa, appellarsi, tanto in battaglia, quant’anche, sovente, nella vita quotidiana, nella realtà di tutti i giorni, per non permettere ad alcun di perscrutare in lei e, ancor più, per non permettere a se stessa alcuna possibilità di distrazione nel confronto con tutto ciò che avrebbe potuto essere, per lei, fonte di minaccia: una politica che, sino a quel momento, non l’aveva mai tradita, non le era mai risultata d’intralcio, e che, al contrario, l’aveva sempre aiutata, le era sempre stata utile, al punto tale da rendere inutile qualsivoglia disquisizione a tal riguardo. Ella avrebbe dovuto riabbracciare quell’algido contegno, per il bene proprio e della propria sodale… che, poi, sarebbe equivalso a ripetere, ancora una volta, per il bene proprio.

« Sei tornata…?! » domandò la voce di Rossa, anticipando di poco la sua imminente ripresa, e, in ciò, quietamente riaccogliendola, con tono trasparente di un sincero, seppur immeritato, sorriso nei suoi riguardi « Se no… evita pure di rispondere e torna a concentrarti: un po’ di riposo non ti farà certamente male. »
« Sono tornata. » confermò, tuttavia, colei così interrogata, sforzandosi per aprirsi un un dolce sorriso, carico di gratitudine nei confronti dell’altra, che tanto si era allora impegnata per lei, e per il suo ritrovato autocontrollo « Scusami se… » tentò di argomentare, riconoscendo le proprie responsabilità.
« Non chiedere scusa! » la interruppe l’altra, scuotendo il capo « Anche i migliori possono cedere. L’importante è che tu, ora, sia nuovamente padrona delle tue azioni. Visto e considerato che avremo bisogno di collaborare per riuscire a tirarci fuori di qui… ovunque sia il “qui”. » puntualizzò, definendo, anche da parte propria, un’evidente impossibilità a liberarsi autonomamente dalla morsa di quell’enorme corpo morto, sotto il quale avrebbero dovuto avere la premura di non lasciarsi intrappolare se solo non fossero già state sufficientemente provate da rendere sufficientemente miracoloso essere riuscite a conseguire il successo allora riportato.
« Tu spingi… io tiro. » propose Nera, in maniera ora proattiva, desiderosa non soltanto di liberarsi, ma, soprattutto, di tornare a collaborare quanto prima con la propria compagna, con colei che percepiva essere stata prossima a deludere, se solo non fosse riuscita a ritrovare sufficiente controllo in tempo utile a frenare la propria lingua e quanto, allora, avrebbe potuto sciaguratamente dire, sospinta dall’unica volontà di ferire l’altra « In questo modo, forse, riusciremo a scuoterlo abbastanza da liberarti… »
« Tu, però, così facendo rischi di restare intrappolata lì sotto! » protestò, dimostrando di non gradire in alcun modo tale eventualità, e, in ciò, di non possedere il benché minimo rancore per quanto avrebbe potuto essere ma, comunque, non era stato, per il litigio che avrebbe potuto coinvolgerle e che pur, per fortuna di entrambe, era repentinamente scemato.
« Lo so… ma una volta che tu sarai libera, potrai afferrarmi e tirarmi fuori da qui. » spiegò quindi Nera, palesando come, nelle proprie parole, non avrebbe dovuto essere frainteso un qualche particolare spirito di sacrificio, benché, obiettivamente, sarebbe stata più che lieta di perdere la vita in quel momento, come prima o come, probabilmente, sarebbe avvenuto più avanti, per salvaguardare la propria sodale, e, con lei, dopotutto, anche se stessa, al di là di ogni possibile cattiveria che avrebbe potuto pronunciare ma che, per fortuna, era stata taciuta « E, come già prima, mia è l’idea, mio deve essere il rischio. » soggiunse, a prevedere ulteriori, eventuali proteste nel merito di chi avrebbe dovuto occupare quale ruolo in quella missione « Quindi io tiro.. .e tu spingi. E non appena puoi, tirati fuori da qui! » ribadì, a metà fra il serio e il faceto, rendendo proprie solo parole estremamente sincere e, tuttavia, pronunciandole allora qual parte di un giuoco scherzoso, privo di possibili, tragiche conseguenze.
« E sia. » annuì alfine l’altra, accettando la proposta per così come formulata nella volontà di non perdere ulteriore tempo in futili discussioni e, soprattutto, di non rischiare di imporre offesa alla compagna nel suggerire, indirettamente, una sua eventuale eccessiva fragilità nel resistere allo sforzo che le sarebbe stato domandato, soprattutto nel caso in cui, tirando quel corpo sopra di sé, avrebbe conquistato una posizione persino peggiore rispetto a quella per lei già propria.

Solo pochi respiri, a seguito di quelle parole, scandirono il breve intervallo di tempo che le due donne si accordarono tacitamente prima del nuovo sforzo, del nuovo tentativo al termine del quale o una di loro sarebbe riuscita a liberarsi, o entrambe avrebbero avuto sostanziale ragione di temere per il proprio futuro, per il proprio avvenire che, al di sotto di quel grave peso, avrebbe potuto ritrovarsi a essere ormai terribilmente e tragicamente segnato.
Escludendo, tuttavia, tale orrida possibilità dalle proprie menti, dall’annovero delle eventuali e probabili conclusioni del loro prossimo impegno fisico, al fine di non permettere al dubbio di non riuscire a trionfare di ostacolare sostanzialmente il loro stesso trionfo; la coppia di mercenarie non indugiò un solo istante di più, non si concesse la benché minima e ulteriore occasione di incertezza, ove da ciò alcun aiuto sarebbe per loro derivato, prima di passare all’azione. E, gemendo ancora una volta il comunione il nome della propria dea, entrambe tesero i propri muscoli al massimo delle proprie possibilità, con un’energia, con una forza meramente fisica che sembrò essere prossima a far esplodere loro la medesima candida pelle al di sopra di quelle membra in trazione, e che, in cuor loro entrambe pregarono, si sarebbe dimostrata sufficiente per smuovere quella piccola montagna loro gravante addosso, benché, innanzi allo sguardo di chiunque, quel gesto, quella decisione, sarebbe risultata quantomeno improba, se non, addirittura folle.
Quando, comunque, null’altro al di fuori della follia avrebbe dovuto essere riconosciuto qual loro riservato; quella stessa follia avrebbe dovuto essere allora eletta a loro salvatrice, a loro più grande risorsa… soprattutto laddove, in contrasto a ogni possibile previsione, a ogni eventuale certezza, in grazia di ciò esse furono allora in grado di compiere l’impossibile, spostando quel carico immane, esattamente per così come era stato da entrambe voluto…

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