11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 28 gennaio 2013

1835


Con un corpo mantenuto incredibilmente tonico da una vita intera di costante addestramento, nonché di mirabolanti avventure, straordinarie imprese compiute nei peggiori campi di guerra così come nei più profondi e dimenticati dedali sotterranei ricolmi di pericoli mortali; con delle forme che, sin dagli anni della propria fanciullezza, avevano posto sfida a qualunque legge naturale, offrendosi straordinariamente generose e ancor conservandosi qual tali, malgrado il passare del tempo; e, soprattutto, con un carisma straordinario, tale da permetterle di trasudare sensualità in ogni proprio più semplice gesto, fosse anche un letale fendente offerto dalla propria affilata spada bastarda; in effetti ella, ancor prima che invidiare una qualunque fra le prostitute lì presenti, non avrebbe potuto evitare di essere invidiata da tutte loro: malgrado una coppia di occhi color ghiaccio, e apparentemente privi di qualsivoglia barlume di umanità; malgrado lo sfregio che, in corrispondenza al suo occhio sinistro, ne deturpava longitudinalmente il volto, dalla fronte alla guancia; malgrado un braccio sinistro completamente adornato da tatuaggi tribali che la identificavano qual un tempo marinaia di origine tranitha; e, ancora, malgrado un braccio destro proprio malgrado perduto anni prima, successivamente sostituito da una protesi stregata, che le aveva permesso di recuperare, in pur minima parte, la mobilità perduta, ma, in tempi ancor più recenti, nuovamente mutilato, e allora sfoggiante, al termine di quell’avambraccio in nero metallo dai rossi riflessi, solo uno spiacevole vuoto, laddove avrebbe dovuto essere la sua mano. Perché, anche i più gravi difetti fisici, qual lo sfregio o la mutilazione, così come quei tatuaggi, così distanti dall’idea di eleganza femminile per come suggerita dai canoni in auge, o quegli occhi color ghiaccio, terribilmente alieni; a nulla sarebbero valsi nel confronto con il profilo di quello straordinario corpo, e con il fascino di quell’incredibile personalità, di quello spirito indomito e indomabile, per sperare di conquistare il quale qualunque uomo, e persino diverse donne, avrebbero volentieri dannato la propria anima immortale.

« Campionessa… » esclamarono, quasi in coro, le quattro prostitute, ritraendosi appena quasi ella avesse da considerarsi costituita di fiamme ancor prima che di carne e ossa, qual pur, oggettivamente, era.
« Nessun fraintendimento… » specificò la donna dalla voce roca, cercando di dimostrarsi serena, distesa, in un quieto sorriso, benché la sua tensione avrebbe potuto essere quietamente letta lungo ogni pollice della sua chiara pelle decisamente poco coperta, in una repentina increspatura che l’aveva coinvolta da capo a piedi « I tuoi amici sono nostri amici. »
« E gli amici non si derubano… » sorrise la mercenaria, piegando appena il capo di lato, come un felino a curioso confronto con la propria prossima preda « Soprattutto non in casa mia. » soggiunse, specificando, non senza un certo piacere, la propria appartenenza a quel luogo ancor prima che l’appartenenza di quel luogo a lei.

Ancor prima che colei conosciuta anche con l’appellativo di Campionessa di Kriarya, così come evidenziato dalle quattro professioniste, avesse offerto alle fiamme parte di quell’edificio, per poi finanziarne la ricostruzione e l’ampliamento, ottenendone di conseguenza metà della proprietà; ella aveva iniziato già da diversi anni a considerare quella qual propria dimora e, forse, il locandiere suo proprietario qual il proprio compagno. Così, quando alfine, nella bizzarra concomitanza della parziale distruzione della locanda originale e dell’esplosione di quel tutt’altro che inatteso, ma non per questo meno sorprendente, sentimento d’amore fra lei e Be’Sihl Ahvn-Qa, ella aveva potuto realmente considerasi lì finalmente qual a casa, minimale era stato lo sforzo d’adattamento richiestole da quella nuova, apprezzabile e apprezzata, condizione, da quella nuova, gradevole e gradita, situazione.
E sebbene, per tutelare l’incolumità del proprio amato e amante, ella aveva loro imposto una certa riservatezza al nuovo rapporto esistente fra loro, rinunciando a qualunque genere di effusione in pubblico, benché, in sua compagni, non desiderasse altro che a lui gettarsi contro, senza imbarazzi, senza inibizioni; simile pacatezza psicologica e fisica non era stata ritenuta necessaria in riferimento al nuovo rapporto esistente fra lei e quella locanda, motivo per il quale, allora ancor più che in passato, la sua familiarità con quelle mura, con quell’ambiente non era celata, non era negata e, anzi, era promossa a ogni occasione possibile, animata in tal senso da un incommensurabile piacere di fondo all’idea, che pur mai avrebbe ammesso pubblicamente, di essere nuovamente legata a un luogo, a una casa, dopo troppi anni di vita vagabonda, dopo un’esistenza intera spesa senza alcun genere di riferimento stabile e duraturo.
Per tal ragione, dov’anche dal giorno della ricostruzione della locanda rinominata “Alla Signora della Vita” per le stesse ragioni per le quali ella aveva conquistato il titolo di Campionessa di Kriarya, nell’aver salvato l’intera capitale da un’invasione negromantica, prima, e da un osceno assedio di colossali mostri, poi, ella fosse rimasta decisamente poco a godere del proprio nuovo possedimento; l’investimento compiuto nell’opera di ristrutturazione di quell’edificio, nel quale un’ampia porzione di tutti i risparmi di una lunga vita di straordinari successi mercenari erano andati spesi, non era da lei mai stato rivalutato in negativo, non era mai stato considerato qual una perdita di tempo e, soprattutto, uno spreco d’oro, ritrovandola quanto mai convinta della saggezza della propria scelta, dell’oculatezza della propria decisione.

« Non temere… » prese alfine voce colei che, per prima, aveva dimostrato un particolare interesse nei riguardi dei volumi posseduti da Be’Wahr, allora ritornando ad adagiarsi sorniona contro al torace di Howe, il quale non seppe se considerarsi felice o no per tale evoluzione, per simile conclusione, dal momento che tale risultato pur desiderato non era stato ottenuto in grazia a un qualche effettivo apprezzamento per lui, per il suo valore, per la sua dignità « Tutto ciò che sottrarremo loro sarà soltanto quanto ci guadagneremo nel corso di questa lunga notte insieme! » annunciò, nel mentre in cui, notando una certa freddezza nel proprio cliente, volle sondarne l’interesse lasciando calare una sapiente mano in direzione del suo inguine, ottenendo da questi un inevitabile sussulto ricolmo di piacere « Nulla in contrario, Campionessa?! » sorrise, con soddisfazione per la pronta risposta ottenuta dall’uomo.
« No… direi proprio di no. » scosse il capo Midda Bontor, per nulla posta in imbarazzo da quella scena pur sufficientemente esplicita, laddove, più che confidente con ogni dinamica caratteristica della sessualità, e priva di particolari dogmi a discapito della medesima, non le sarebbe stato offerto motivo utile ad arrossare le proprie guance per la vergogna neppure nel momento in cui quella donna si fosse impegnata a cercare il piacere del proprio estemporaneo compagno anche in termini ancor più palesi rispetto a quello, così come, del resto, non ne aveva resi propri neppure nell’attraversare con passo sereno e distaccato la casa di Tahisea, il lupanare più celebre di tutta Kriarya, con tutte le proprie ben poco discrete orge « Ogni lavoro merita il pagamento del giusto prezzo… » accordò, in replica alla propria interlocutrice e ai dubbi della medesima a proprio riguardo.
« Midda cara… » volle allora intervenire Howe, dimostrando egli tutto l’imbarazzo del quale la sua alleata non aveva concesso soddisfazione di palesare « … senza offesa. Benché apprezzi sinceramente il tuo interesse per la nostra incolumità in una situazione di terrificante pericolo qual quella presente, e benché comprenda che il tuo senso del pudore non abbia mai avuto ragione di svilupparsi al pari di quello di chiunque fra noi; potresti, per bontà divina, trovare un qualunque altro genere di occupazione lontano da qui?! » le suggerì, desiderando sinceramente che quel dialogo fra la mercenaria e la prostituta non avesse da proseguire un istante di più « Ci sarà pur qualcuno con cui attaccar rissa da queste parti... » consigliò, nel citare quello che, era consapevole, aveva da considerarsi quale uno dei più apprezzati passatempi serali dell’altra, fosse anche e solo al fine di sciogliersi dalla tensione dopo una lunga giornata.

E qual sola risposta a quella preghiera, avvertita allora qual terribilmente sincera, laddove la sua presenza stava imponendosi qual ragione di inibizione per il lui, la donna dagli occhi color ghiaccio non fece altro che esplodere in una gioiosa risata, tanto dirompente nella propria ilarità da costringerla, addirittura, a spingere il capo all’indietro, per lasciarla eruttare in maniera libera e incontrollata.

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