11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 25 giugno 2013

1982


« Io… credo di non aver mai smesso di amarlo. » ammise, chinando lo sguardo verso il suolo, quasi a esprimere, in ciò, un senso di disagio o di debolezza, o, persino, di disagio a confronto con quella che, evidentemente, riconosceva essere una sua debolezza, soprattutto nel ritrovarsi innanzi al volto dell’amato Salge in quello stesso momento, ringiovanito nelle fattezze di quel da lui mai conosciuto erede « Egli è stato il mio primo compagno e, mi spiace ammetterlo, fino a prima dell’inizio del mio rapporto con Be’Sihl anche l’unico a cui abbia mai realmente offerto una possibilità nei miei riguardi, una speranza con me. » storse appena le labbra verso il basso « L’unico o quasi… ma del “quasi” non intendo più parlarne né sentirne parlare, essendo stato uno dei più squallidi avvenimenti della mia intera vita, tale da spingermi a indurire il mio cuore più di quanto, già, non avrebbe potuto esserlo divenuto a seguito dell’addio a tuo padre. » puntualizzò, evidenziando quel dettaglio non per ispirare qualche interrogativo in tal senso, quanto e piuttosto per negarlo vigorosamente, appartenendo, realmente, quegli eventi a una delle poche tristi pagine del proprio passato che avrebbe volentieri stracciato se solo gliene fosse stata mai concessa l’occasione.
« E tutto quello che mi ha raccontato mia madre, di lui, è quindi falso…? » questionò il giovane, ancora una volta non palesando, quali propri, degli intenti polemici, né, fondamentalmente, dei dubbi, quanto e piuttosto un impropriamente infantile desiderio di conferme, utili a colmare un ampio spazio vuoto che, l’assenza di un padre biologico aveva da sempre lasciato nel suo cuore e nel suo animo, l’assenza di una confidenza con le proprie radici, e con radici tanto evidenti nel riflesso offerto quotidianamente dal suo specchio, avevano imposto in lui, profondamente.
« Se intendi riferirti al fatto che tuo padre abbia violentato tua madre dietro mia istigazione… sì! Assolutamente e completamente falso. » sancì ella, con fermezza, inappellabile, tale da poter escludere qualunque ambigua interpretazione a fronte di quelle propri parole, di quella propria replica, subito incalzando in tal senso « Innanzitutto tuo padre era un uomo d’onore, uno dei pochi realmente rimasti in un mondo ove questa parola è eccessivamente abusata e, in ciò, quasi completamente privata di qualunque significato. » precisò, rialzando gli occhi verso il nipote per non concedergli possibilità di credere che, distogliendo il proprio sguardo, ella fosse desiderosa di mentirgli « In secondo luogo, io aborro qualunque più vago pensiero di stupro, come non ti potrebbe confermare alcuno stupratore che io abbia avuto occasione di incontrare, a meno di interrogare il suo spirito laddove alcuna pietà ho mai rivolto verso una simile categoria di persone. E in questo, te lo giuro, ammesso di esserne in grado, potrei augurare alla mia gemella tutto il male di questo mondo tranne una violenza carnale. Follia ipotizzare che io ne potrei essere architetto. »
« Ultimo ma non meno importante… » proseguì immediatamente, incalzando a non permettersi possibilità di essere interrotta, nel desiderio di portare a termine quella spiegazione, di dire quanto avrebbe avuto allora desiderio di esprimere « Nel giorno in cui tua madre mi negò la possibilità di condividere con lei il volto, e in cui mi proibì di poter concepire un qualunque figlio… io dichiarai conclusa la mia relazione con tuo padre. E, non appena raggiungemmo terra, sbarcai, dicendo addio a tutti coloro che, in quegli ultimi anni, erano stati la mia famiglia. Fu dopo quell’addio che, certamente, tua madre approfittò della mia assenza per insinuarsi nel letto di tuo padre. E per quanto quello che avvenne, fu fondato su un inganno, sul falso presupposto che ella fosse me… sono ancora pronta a giurarti che da parte di tuo padre, in quell’occasione, fu solo sentimento sincero, vero amore, in misura tale, addirittura, che gli dei devono essere evidentemente adirati nei confronti di tua madre, imponendoti, in tutto e per tutto, il sangue dei Tresand, quasi tua madre non avesse avuto il benché minimo ruolo nella tua procreazione. » definì, in parole che solo una mente superficiale avrebbe potuto equivocare quali lesive per la dignità di Leas e che, allora, non vennero da questi certamente fraintese nel proprio reale valore « Tu sei Leas Tresand, figlio di Salge Tresand e di Nissa Bontor, non per una violenza, non per uno stupro, ma per un sincero e forse, persino, disperato atto d’amore da parte di tuo padre; il quale, fino all’ultimo giorno in cui ha vissuto, sino al momento in cui un pirata al servizio di tua madre gli ha conficcato un pugnale nella schiena, uccidendolo a tradimento, non ha mai smesso di guardarmi così come un tempo, così come mi ha sempre guardato, nonostante, fortunatamente e legittimamente, aveva trovato un’altra splendida e straordinaria compagna a cui rivolgere le proprie dolci premure e tutto quel sentimento che io, cedendo al ricatto di mia sorella, avevo scelto di rifiutare. »

Non figlio della violenza, ma dell’amore, Leas avrebbe dovuto incominciare a considerarsi, a rivalutarsi, in una verità che, per sua zia Midda, quella madre negatali, non era mai stata messa in discussione sin dall’istante stesso in cui, un anno prima, ne aveva scoperto l’esistenza, lo aveva intravisto, in lontananza, attraverso una finestra a quieto confronto con la sua reale madre, la sua genitrice biologica, in uno spettacolo tale per cui quasi aveva perduto il senno, tanta era stata l’ira nel comprendere immediatamente cosa fosse accaduto, come ciò fosse successo. Ma non l’ira per quell’evento di un passato ormai remoto, né l’ira ancor necessariamente vissuta nei riguardi di Nissa per tutte le macchinazioni da lei ordite a discapito suo e dei suoi amici, né, tantomeno, l’ira conseguente al pensiero di quanto, tutto quello, altro non avrebbe potuto che dimostrarsi l’ennesimo doloroso tradimento che, al momento meno opportuno, avrebbe veduto il nipote rivoltarsi a suo discapito; avrebbero mai potuto spingerla a negare la forza di quella verità assoluta, indiscutibile, quasi un dogma di fede in assenza del quale soltanto una blasfemia sarebbe stata protratta, a discapito non solo della memoria dello straordinario uomo che era stato Salge Tresand, ma, addirittura, degli dei tutti, e del loro intervento benevolo a evidenziare quanto sincero, quanto onesto e appassionato, fosse stato il suo contributo alla nascita di quel figlio che pur, mai, gli era stata concessa opportunità di incontrare, nel non essere stato posto neppure nelle condizioni di presupporne l’esistenza.
E le parole che, a conclusione di quel dialogo, di quelle spiegazioni, Leas volle pronunciare, per quanto nella consapevolezza di come, dopo simile ardire, difficilmente la conversazione avrebbe ancora potuto proseguire, avrebbe ancora potuto incalzare, a prescindere dal significato che alle stesse sarebbe stato associato dalla Figlia di Marr’Mahew; risultarono allora sì straordinarie da apparire, purtroppo, spiacevolmente ma prevedibilmente, quali necessariamente false, quali terribilmente malevoli e volte soltanto, ancora e innegabilmente, a cercare una indegna occasione per riservarsi un posto nel cuore della medesima, costringendola in ciò ad abbassare la guardia e ferirla con maggiore efficacia e maggiore ferocia, in tal modo distruggendola non soltanto fisicamente ma, anche e ancor più, emotivamente. Tuttavia, al di là della certezza di quanto tragicamente false essere avrebbero potuto risultare, la consapevolezza, da parte della mercenaria, di come quel giovane non fosse così ingenuo o, peggio, così stupido da poter realmente illudersi di coglierla in fallo in maniera tanto plateale, sì incredibilmente eccessiva; la spinse, paradossalmente, a poter ipotizzare che, dietro a tutto quello, potesse esservi un fondo di verità, potesse esserci una seria intenzione nei suoi riguardi. Un’infezione che, purtroppo, soltanto il tempo ed, eventualmente, il sangue e la morte, avrebbero potuto effettivamente dimostrare quali reali o quali, altresì, conseguenza dell’affetto che ella innegabilmente avrebbe sempre provato per lui e che, in conseguenza a ciò, non avrebbe potuto che lasciarla apparire più vulnerabile, più debole di quanto non avrebbe preferito continuare a credere di riuscire a essere.

« Desidero premettere che sono perfettamente consapevole di quanto questa affermazione potrebbe sembrare… un folle trucco per trarti in inganno. » introdusse il pirata, o un tempo tale, nel deglutire con trasparente esitazione sulle parole da poter lì impiegare, da rendere proprie per non rovinare, drammaticamente e ancor peggio, tutto quello, così come solo avrebbe potuto se avesse agito con eccessivo impulso, senza adeguata prudenza e, soprattutto, senza una corretta valutazione sulle proprie scelte, fossero anche e soltanto lessicali « Ma nel giorno in cui tutta questa assurda guerra dovesse concludersi, nel giorno in cui il confronto finale fra te e mia madre dovesse avvenire, e tu ne uscissi vincitrice… credi che potrebbe essere tanto sbagliato, da parte mia, se mi iniziassi a riferire a te come alla mia nuova madre? Alla mia… vera madre?! »


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