11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 26 febbraio 2014

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« … il quale, nell’unica, nuova breve occasione di contatto concessagli, ha lamentato il fatto di essere stato colto impreparato. » riprese e proseguì il primo ufficiale, accodandosi alle parole del proprio capitano quasi come in un discorso precedentemente concordato, per quanto, allora, evidentemente tutt’altro che tale « Colto impreparato per cosa…? E perché il tempo concessogli, per comunicare con te, non avrebbe potuto essere molto…?! » domandò, con tono retorico, rivolgendosi direttamente a mio indirizzo nel ricercare, nel mio sguardo, quell’intesa che, purtroppo, avevo allora già perfettamente maturato… e scrivo purtroppo, laddove in tutto ciò utile a dare corpo a uno scenario tutt’altro che gradevole « Probabilmente Rula ha centrato perfettamente il punto, quando ha posto l’accento sulla bizzarra coincidenza temporale fra l’attacco alla torre dei Calahab e l’effimero momento di contatto che hai avuto con Desmair. » insistette e, a modo suo, concluse, nel concedere a me l’ultima parola, l’ultima voce, a esprimere la sola, logica conseguenza di tutto quel discorso, allor quando anche dal mio punto di vista ogni tassello avrebbe avuto a doversi riconoscere, in tal modo, perfettamente al suo posto.

E anche laddove, obiettivamente, avrei preferito suggerire qualunque altra alternativa al di fuori di quella, avrei preferito prendere in esame qualunque altra ipotesi al di fuori di quella, ove già Milah Rica Calahab avrebbe avuto a doversi riconoscere qual un’avversaria sufficientemente complicata da gestire senza necessità di renderla, in tal modo, persino peggio; insistere a tentare di celarsi dietro un dito, chiudendo gli occhi e facendo finta, in ciò, di non essere in grado di cogliere nulla, quasi tanta ignoranza da parte mia avrebbe, in qualche misura, potuto contribuire a salvarmi la vita, allorché a condannarla definitivamente, non avrebbe condotto ad alcun risultato, non avrebbe permesso di ipotizzare alcun genere di felice conclusione nel confronto con quella faccenda, anzi, al contrario, sol giustificando, in maniera impietosa e devastante, soltanto i peggiori scenari, tali da rendere ogni altra ipotesi sino ad allora formulata qual, forse, quanto di più preferibile al mondo.
Così, che la questione potesse ritrovarmi concorde o meno, non avrei potuto allora mancare di concordare con l’analisi collettiva in tal modo formulata, e dimostrare il mio assenso non soltanto tramite un qualche, tacito cenno di approvazione, quanto e piuttosto nell’esplicita dichiarazione di quell’ultimo, definitivo passo logico che, pur adeguatamente introdotto dalle domande retoriche di Duva, ancor mancava in tutto ciò di essere espresso, ed espresso apertamente. Un’incombenza, lì, soltanto a me riservata, nell’avermi a dover riconoscere, dopotutto, qual necessariamente io, in tutto ciò, la protagonista designata di quella faccenda, l’eroina prescelta di quella storia, per quanto, da sempre, la mia intera esistenza fosse stata dedicata alla dimostrazione pratica di quanto né predestinazione, né, più in generale, fato stesso, avrebbero avuto a doversi considerare concetti attinenti alla mia idea di libertà… e a quell’ideale di libertà per perseguire il quale ero da sempre vissuta e, a trascendere da ogni considerazione connessa a quel discorso, avrei continuato a vivere per sempre.

« Anmel ha trovato un nuovo corpo… » dichiarai, quasi sospirando nella più totale assenza di entusiasmo sotto un simile profilo, nella perfetta consapevolezza di cosa questo avrebbe potuto significare per tutti noi.

Avrei dovuto arrivarci da sola. Lo so. In quanto, lì a bordo, comunque e necessariamente massima esperta nel merito di simile figura, di tale sgradevole avversaria, non avrei potuto concedermi la benché minima possibilità di ovviare a maturare simile consapevolezza prima di chiunque altro, a costo, in tal senso, di apparire estremamente più paranoica rispetto anche ai miei consueti canoni, tali da mostrarmi già tanto diffidente verso la realtà, e chiunque al suo interno, da rendere estremamente complessa la comprensione di come o perché avessi potuto riservarmi l’opportunità di volgere un qualche sentimento di fiducia verso l’equipaggio della Kasta Hamina, soprattutto ove, senza errate, superficiali o fraintendibili opinioni, tutti, lì a bordo, Duva e Lys’sh incluse, avrebbero avuto a doversi considerare comunque pressoché degli estranei per me. Estranei a concedere fede ai quali, soltanto, non avrei potuto che commettere un’incredibile imprudenza, un insensato azzardo… così come, all’atto pratico, era in effetti stato.
Tuttavia, al di là dei miei precedenti con Anmel, e della mia natura squisitamente paranoica, non soltanto non ci ero voluta arrivare da sola ma, ancor più, anche in quel momento, in quel frangente nel quale, alfine, stavo venendo letteralmente costretta a maturare simile consapevolezza, tale visione della realtà, ancora, qualcosa, in me desiderava fortemente escluderla, bramava insistere a considerare tutto ciò qual comunque frutto di un’analisi errata, qual, purtroppo, non era né, alla luce di tutto quello, avrebbe potuto essere. Tanto più ove, in un’informazione, un dettaglio nel merito del quale soltanto io avrei potuto vantare obbligata confidenza, Milah Rica Calahab ricadeva in maniera sconvolgente e perfetta all’interno del profilo ormai giudicabile addirittura classico delle alleate, più o meno volontarie, delle ospiti, più o meno consenzienti, della stessa Anmel Mal Toise, almeno per quanto concernente il confronto con le uniche altre tre figure femminili con le quali avevo indubbia coscienza, o avevo ragione di considerare sostanzialmente certo simile pregresso, tale evento, di una passata collaborazione con lei.
La prima, lady Lavero di Kirsnya, avrebbe potuto essere riconosciuta, a modo suo, quasi un prototipo della stessa Milah Rica: ricca, aristocratica, nonché unica erede di una potente e influente famiglia, si era dimostrata una donna straordinariamente fredda e controllata, a modo suo persino spietata, nella definizione dei propri obiettivi e dei mezzi con i quali perseguirli. A sua volta parzialmente responsabile della liberazione della stessa Anmel, essendo stata la mecenate che ne aveva comandato, e pagato, il recupero della corona perduta, del diadema maledetto nel quale il suo empio spirito, la sua aura malvagia, erano state intrappolate, non mi sarei potuta dire certa della fine che ella avesse effettivamente fatto, dal momento che, almeno ufficialmente, ella risultava essere deceduta, per così come, io stessa, avrei potuto testimoniare avendone ritrovato il corpo spiacevolmente martoriato; benché, comunque, le concrete dinamiche degli accadimenti di quel particolare periodo della mia vita, non posso negarlo, avessero a doversi riconoscere ancora estremamente confuse nel confronto con il mio intelletto, complice l’allora non completa consapevolezza nel merito di una terza attrice coinvolta in scena, qual, appunto, la medesima Anmel avrebbe avuto a dover essere riconosciuta.
La seconda, Carsa Anloch, o, in effetti, Ah'Reshia Ul-Geheran di Y'Lehan, così qual avevo tardivamente scoperto realmente chiamarsi, era… è stata… o è… complicato a definirsi, una delle mie più care amiche, nonché una delle mie più insidiose avversarie. A sua volta unica erede di una potete e influente famiglia, benché successivamente scopertasi, in verità, soltanto adottata dalla medesima dopo che l’uomo da lei ritenuto proprio padre aveva avuto il pessimo gusto di massacrare la sua reale famiglia, Carsa… Ah’Reshia era leggermente uscita di senno, rinnegando non soltanto il proprio nome e la propria vita sino ai tragici eventi che avevano visto crollare il castello di carte dietro il quale le era stata celata la verità dei fatti, ma, persino, la propria intera identità, nell’assumere quella di Carsa Anloch, una mercenaria così come prima di lei era stata la sua madre naturale, e così come io stessa, sua inconsapevole ispiratrice, ero straordinariamente apparsa alle sue orecchie negli echi delle mie prime imprese. Anch’ella presente al mio fianco nel giorno in cui recuperammo la corona di Anmel, a sua volta selezionata da lady Lavero per simile incarico, era stata per un lungo periodo vittima della malevola influenza della stessa Anmel benché, complice la propria già distrutta psiche, la collaborazione fra le due non aveva evidentemente offerto i frutti sperati dallo spettro parassita.
Ben diverso discorso, alfine, era stato invece con Nissa Bontor, la mia gemella, regina dei pirati dei mari del sud e votata all’eterna vendetta a mio discapito, la quale, con Anmel Mal Toise, era riuscita a raggiungere una straordinaria intesa. Un’intesa che, a discapito della sottoscritta, era risultata mortalmente pericolosa…

« … Milah Rica Calahab è Anmel Mal Toise. » conclusi la sentenza già iniziata, riconoscendola, allora, qual una terribile sentenza di morte a discapito di tutti noi « E Be’Sihl e Desmair sono nelle sue mani. » soggiunsi, a includere, al danno, la proverbiale beffa.

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