11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 22 maggio 2017

RM 141 [già RM 008]


Preso congedo dalla sorella, dopo quasi cinque minuti di ferrea contrattazione al termine della quale, comunque, Nissa non era stata in grado di strapparle la benché minima promessa nel merito di un nuovo pranzo insieme in tempi sufficientemente brevi da contemplare ancora la presidenza Obama, Midda si ritrovò nuovamente a ridiscendere le scalinate della stazione della metropolitana a lei più prossima e, nel mentre di ciò, si ritrovò anche e ancora, nuovamente, a offrire ascolto alla propria paranoia, o sesto senso che dir si volesse, intenta a suggerire alla sua attenzione l’esistenza di qualche sguardo poco discreto nei propri confronti. E se, complice tanto la cicatrice presente sul suo viso così come, in misura non meno appariscente rispetto alla stessa, la sua dirompente circonferenza toracica, la donna avrebbe potuto dirsi più che abituata ad attirare l’attenzione, anche e soprattutto di perfetti sconosciuti, gli sguardi che in quel momento percepiva non avrebbero avuto a doversi considerare in relazione a tutto ciò, quanto, e piuttosto, a motivazioni ben diverse. Motivazioni che, invero, ella avrebbe avuto piacere di conoscere. Motivazioni che, ovviamente, ella non avrebbe allora ulteriormente rimandato di scoprire.
Attraversati i tornelli di ingresso alla metropolitana, l’investigatrice accelerò leggermente il passo, senza mettersi a correre così come, ineluttabilmente, avrebbe posto in allarme i propri possibili pedinatori, ma impegnandosi a offrire, piuttosto, l’impressione di non voler perdere il treno in arrivo. E, mischiandosi con attenzione nella folla, approfittò di una svolta, e dei pochi secondi di copertura che, in grazia di ciò, le sarebbero stati garantiti, per gettarsi a sedere in terra, proprio accanto a un mendicante già lì intravisto un’oretta prima, al suo precedente passaggio, pur in senso opposto, per quegli stessi corridoi sotterranei.

« Salve… giornata trafficata, non è vero?! » commentò, con tono di voce moderato, in direzione del proprio nuovo, ed estemporaneo, compagno, tendendo verso di lui un biglietto da dieci dollari a titolo di risarcimento per il disturbo che, eventualmente, avrebbe potuto arrecargli « Questo è per un panino e una bibita più tardi, se non ti offendi… »

E l’uomo, un anziano senzatetto dalla folta e incolta barba, lunga abbastanza da ridiscendere sul petto, dai vestiti necessariamente più consunti di quelli di Midda, e dal passato, sicuramente, più travagliato di quello di lei, per essere giunto sino a quella conclusione, non proferì verbo nel riconoscere, chiaramente, una situazione palesemente problematica, limitandosi a intascare la banconota offertagli e ad attendere l’evolversi degli eventi.
Eventi che, innanzi allo sguardo attento dell’investigatrice, ebbero opportunità di evolvere in tempi decisamente rapidi, quasi in contemporanea al dialogo proposto al mendicante, concretizzandosi, nella fattispecie, nelle sagome di una coppia di uomini, un biondo dalla statura media e dalla corporatura massiccia e muscolosa e un nord-africano, egiziano forse, dalla statura elevata e dalla corporatura più snella, che, fra le tante persone lì di passaggio, si arrestarono di colpo svoltato l’angolo, nell’evidente sforzo da loro rivolto a cercare di ritrovare contatto con quei rossi capelli che, improvvisamente, sembravano svaniti nel nulla. E quando, dopo quel fuggente attimo di esitazione, i due ripresero a camminare, decisi a recuperare il terreno perduto in un modo o nell’altro, la rossa da loro desiderata offrì un sorriso al proprio complice, a titolo di ringraziamento per l’aiuto concessole con la propria ospitalità e il proprio silenzio, prima di risollevarsi e, con straordinario controllo sul mondo attorno a sé, trasformarsi da inseguita a inseguitrice, nella più totale inconsapevolezza delle proprie prede. Fosse stata ancora una detective della polizia, probabilmente quello sarebbe risultato per lei il momento migliore per avvicinarsi ai due, mostrare il proprio distintivo e chiedere loro di fermarsi e di favorirle i propri documenti, risolvendo la questione in maniera aperta e trasparente, avendo dalla propria, del resto, la legge. In qualità di investigatrice privata, al contrario, ella avrebbe dovuto preferire un approccio più quieto, modesto, misurato, non potendo permettersi di affrontarli a meno di non voler rapidamente scadere in una rissa, oppure qualcosa di peggio. Ben consapevole di ciò e delle proprie ridotte possibilità rispetto a un tempo, proseguendo nel proprio pedinamento la donna estrasse dalla tasca del giubbetto di pelle un cappello di lana nera, calandoselo in testa a meglio confondersi fra la folla, e inforcò un paio di occhiali da sole con lenti nere e rotonde, a cercare di dissimulare, quanto più possibile la propria cicatrice, in maniera tale che, anche nel caso in cui uno dei due si fosse voltato verso di lei, speranzosamente il suo sarebbe riuscito ad apparire qual un volto fra i tanti nel traffico pedonale della metropoli.
Trucchi apparentemente di poco conto, quelli dei quali si stava servendo in quel momento, e che pur, aveva avuto modo di constatare già da tempo, avrebbero potuto vantare una propria efficacia. Così come, a dispetto di qualunque possibile dubbio, pocanzi adeguatamente comprovato da quello che l’aveva veduta cercare, e trovare, riparo accanto al mendicante, in un posto in direzione del quale, la maggior parte delle persone, evitano di volgere il proprio sguardo, in un misto fra pudore, perbenismo, egoismo e, sicuramente, tanta indifferenza. Trucchi apparentemente di poco conto, quindi, e grazie ai quali, comunque, ella si guadagnava abitualmente di che vivere, avendo fondato la propria quotidianità sul muoversi in maniera quanto più possibile anonima parimenti in una moltitudine di persone qual quella, così come in vicoli sostanzialmente deserti, al pari di quelli in cui, difficile a credersi, in molti apparentemente rispettabili mariti e padri di famiglia andavano a sovente a sfogare i propri più istintivi pruriti… e non sempre con prostitute di sesso femminile. Nulla di sorprendente, quindi, nel fatto che il Grosso e lo Smilzo non si resero conto dell’inversione di ruoli lì avvenuta. Né, parimenti, nulla per cui entrambi avrebbero potuto rimproverarsi, avendo comunque a che fare, loro malgrado, con una professionista del settore, al di là di quanto il suo modesto reddito non avrebbe potuto testimoniare.
Giunti alla banchina, i due si ritrovarono, quindi, a essere ancor più smarriti, osservandosi attorno e trattenendo, a denti stretti, qualche, altrimenti sonora, imprecazione, nel non riuscire a comprendere ove ella potesse essere finita. E sebbene si impegnarono, e si impegnarono con attenzione, nella ricercare della donna, ella si riservò una posizione utile a mantenerli sotto controllo senza, per questo, lasciarsi vedere, risultando, obiettivamente, un viso fra diverse dozzine che, in quel momento, colmavano quasi integralmente lo spazio li presente.

« Dai, belli… datevi una mossa. » sussurrò, parlando fra sé e sé e, ciò non di meno, incitando i propri predatori, e prede, a prendere una decisione « E’ evidente che non sono qui… tornatevene a casa. » lì incalzò, temendo che quell’eccessivo temporeggiare avrebbe potuto ritorcersi contro di lei all’arrivo del treno.

Diversamente da un abituale pedinamento, infatti, nel momento in cui fosse arrivato il convoglio, i due non avrebbero avuto ragione di salire a bordo e, in questo, ella avrebbe potuto ritrovarsi in una posizione di eccessiva visibilità ove, nel desiderare comprendere di più nel merito di quella coppia, a propria volta si fosse rifiutata di seguire il corso del fiume umano lì presente, e che, necessariamente, si sarebbe altresì riversato all’interno dei vagoni.
Un azzardo ben compreso, quello nel quale la donna si era ritrovata coinvolta, conseguente nella propria totalità dalle mosse che i due avrebbero deciso di compiere e dalla fermezza che ella stessa avrebbe saputo dimostrare innanzi al proposito reso proprio di comprendere che diamine stesse accadendo, metaforicamente e letteralmente, alle proprie spalle. Un azzardo che avrebbe potuto risolversi in maniera ampiamente positiva nel momento in cui essi avessero deciso di lasciare la banchina, permettendole di proseguire il proprio pedinamento; in maniera né positiva né negativa nel momento in cui essi non si fossero mossi ed ella avesse scelto di rinunciare ai propri intenti, continuando a mescolarsi alla folla e, in essa, salendo sul treno; oppure in maniera spiacevolmente negativa nel momento in cui essi non si fossero mossi, ella neppure, e un’esplicita resa dei conti si fosse, quindi, imposta qual inevitabile fra loro.
Un azzardo ben compreso e che, comunque e a prescindere dalla propria conclusione, di lì a pochi secondi, avrebbe avuto soluzione, nell’imminente arrivo della metropolitana…

(episodio precedentemente pubblicato il 2 gennaio 2016 alle ore 14:08)

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