11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 4 giugno 2017

RM 154


« Mi dispiace… ma… » tentò di argomentare qualcosa YogiTea, lasciando scemare la cosa nel nulla, non riuscendo a trovare, in verità, nulla che potesse valer la pena d’essere espresso in quel frangente, nulla che avrebbe potuto offrire qualche risposta, o qualche speranza, alla loro interlocutrice « … non so proprio cosa poterti dire. »
« Ma cosa può esserle accaduto…?! » domandò, o forse rifletté a voce alta, Midda… anzi Maddie, laddove, in tal senso, avrebbe avuto a doversi considerare più un’elucubrazione pilotata dal personaggio che dall’investigatrice privata, la quale, proprio quell’interrogativo, aveva avuto molte volte occasione di porselo… e, purtroppo, di porselo senza particolare successo « E’ stata rapita…? E’ forse stata uccisa da qualche maniaco…?! » argomentò, esprimendo, volutamente, le due ipotesi peggiori, quelle nelle quali, ella sperava, non sarebbe andata a finire, giacché, in tal senso, le cose avrebbero potuto prendere una piega assolutamente negativa, e tale da non garantire a nessuno dei protagonisti di quella storia, iniziando da Carsa sino ad arrivare a suo padre, un qualche lieto fine… al contrario.
« Forse è solo scappata di casa… » cercò di minimizzare Faccia D’Anatra, dando voce, in ciò, all’ipotesi a cui, a dispetto di quanto suggerito dal signor Anloch, anche l’investigatrice desiderava sperare, ipotesi che, in fondo, avrebbe quantomeno potuto suggerire l’incolumità della protagonista della faccenda, sebbene, alla base dell’eventuale accettazione di quella possibile fuga, molti interrogativi avrebbero avuto a dover trovare una qualche risposta « … non pensiamo, per forza, al peggio. » suggerì, ad argomentare le ragioni di quel suo intervento, non volto a minimizzare l’accaduto, quanto, e piuttosto, a sperare per il meglio.
« Scappata di casa…? » insistette Midda, cogliendo al balzo l’occasione di giungere, finalmente, a raccogliere qualche dettaglio, qualche informazione utile, o, quantomeno, qualche possibile ispirazione nel merito della via da intraprendere nella ricerca di quella giovane scomparsa « … perché? Per andare dove? Perché non me ne avrebbe parlato…? » incalzò, cercando di dimostrarsi, ancora, quanto più possibile sconvolta, affinché nell’emotività da lei dimostrata non potesse essere concessa occasione, ai suoi interlocutori, per sentirsi indirettamente posti sotto interrogatorio da parte sua.
« Beh… » si strinse fra le spalle l’altra, scuotendo appena il capo « Non credo fosse semplice, per lei, vivere la propria quotidianità ritrovandosi costretta a nascondere la propria omosessualità alla sua famiglia. » suggerì, in un’analisi indubbiamente superficiale e stereotipata, soprattutto per la precisazione che non si negò occasione di aggiungere, caratterizzata da un certo pregiudizio nei confronti dell’origine della famiglia Anloch « Dopotutto credo che il tema abbia a doversi considerare particolarmente spinoso… soprattutto se provieni da certe zone del pianeta. »
« Credo che il tema abbia a doversi considerare particolarmente spinoso in troppi Paesi del mondo… » puntualizzò Pacioccone, non volendo lasciar scemare il discorso nel sempre gettonato scontro di civiltà, soprattutto in assenza di una qualche reale motivazione a tal riguardo « … e, per quello che può valere, non credo che gli Anloch abbiano a doversi considerare degli estremisti, o non avrebbero permesso a Carsa di crescere e vivere la sua vita come una normale ragazza americana. » argomentò, in un pensiero che anche l’investigatrice privata avrebbe potuto ben condividere se non fosse stata per la spiacevole scivolata finale, volta a escludere, in fondo, che la loro scomparsa collega avesse a doversi considerare pari a una “normale ragazza americana”, benché, secondo la legge, ella lo fosse, e lo fosse sempre stata, a tutti gli effetti.

Trattenendosi dal voler far scadere il discorso su questioni di natura politica, e sull’eterno divario fra democratici e repubblicani, Midda non poté ovviare a inquadrare Pacioccone in quella particolare classe di natura dichiaratamente democratica e pur, a dispetto di ogni buona volontà in tal senso, suo malgrado incapace, in ascolto alla stessa Dichiarazione d’Indipendenza, ad accettare l’evidenza “che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità”. Quell’uomo, pur considerandosi probabilmente di ampie vedute, e pur considerandosi privo di avversità nei confronti di uomini e donne di etnia, fede o orientamento sessuale diverso dal suo, non avrebbe potuto ovviare a risultare ipocrita, nel ritrovarsi a non poter ovviare a portare una mano a controllare il portafoglio dopo aver incrociato un giovane afroamericano, a non poter ovviare a temere l’eventualità di un attentato terroristico nell’osservare un qualche giovane mediorientale con uno zainetto in spalla, o, ancora, nel non poter ovviare a distogliere lo sguardo con indisposizione innanzi a due uomini o a due donne intente a camminare reciprocamente abbracciati, così come, altresì, alcun imbarazzo avrebbe avuto nel confronto con una coppia eterosessuale.
Come lui, purtroppo, non pochi avrebbero avuto a essere egualmente riconosciuti coloro i quali, pur dichiaratamente armati di buone intenzioni, di ampia tolleranza e di una visione assolutamente liberale del diritto alla felicità, avrebbero finito con lo scoprirsi comunque animati da piccoli o grandi pregiudizi una volta posti con le spalle al muro, giacché, in fondo, intrinseco nella razza umana avrebbe avuto a doversi riconoscere quella tendenza a dividere in maniera binaria la realtà, definendo l’io attraverso il tu, ma, soprattutto, in ciò, definendo il bene attraverso il male, il giusto attraverso l’ingiusto, il sacro a partire dal profano, e viceversa, errando, tuttavia, in tal senso, nel dimenticare un’ovvietà fondamentale: quanto la realtà sia costituita per lo più non da concetti opposti, non da luce o da tenebre, dal giorno o dalla notte, ma anche da tutte quelle sfumature intermedie, dall’alba e dal tramonto, dall’aurora e dal crepuscolo, che, anzi, ancor più fascino, interesse, si sono da sempre dimostrate in grado evocare, di rendere proprio, innanzi allo sguardo di poeti e pittori, autori e musicisti, fotografi e registi, in misura tale da porre, addirittura, in secondo piano tutto il resto. Ma se pur, nessuno, avrebbe avuto esitazione a considerare straordinario l’incanto di un bel tramonto, sublime la bellezza di una nuova alba, meno immediato sarebbe stato il superamento di tutti quei preconcetti, di tutti quei pregiudizi, volti a considerare se stessi migliori di altri e, laddove, a nel ruolo di “se stessi” avrebbe avuto a doversi riconoscere un maschio caucasico eterosessuale, difficilmente una donna di origine mediorientale e dichiaratamente lesbica, avrebbe potuto essere accettata senza alcuna remora, anche, purtroppo, e ancor peggio, inconscia.

« Ma se fosse scappata di casa… dove sarebbe potuto andare?! » domandò l’investigatrice, sforzandosi di restare nel proprio personaggio e di ignorare, in tutto ciò, quanto pur non avrebbe potuto evitare di farla arrabbiare, quel riferimento alla “normale ragazza americana” che, sicuramente, nella testa di Pacioccone, non avrebbe avuto a dover includere una qualunque giovane esponente di qualche tribù nativa, ossia colei la quale, obiettivamente, sola avrebbe avuto a doversi considerare realmente americana… o, quantomeno, tale nel voler escludere dalla definizione la stessa Carsa Anloch, così come da lui implicitamente compiuto.
« Se non lo sai tu, che sei la sua ragazza… » replicò, tuttavia, Faccia D’Anatra, scuotendo il capo e, non a torto, lasciando emergere il limite di quell’interpretazione, dell’assunzione di quel ruolo da parte sua, laddove, invero, ella avrebbe dovuto poterne sapere di più rispetto a loro tre, semplici colleghi e, forse, amici « … io, al suo posto, dovendo scappare di casa sarei corsa da te. » puntualizzò subito dopo, a stemperare il tono di velata accusa che, altresì, avrebbe avuto a dover essere inteso nelle sue precedenti parole « E se così non è stato, forse… purtroppo… le è accaduto qualcos’altro. »

Obiezione assolutamente legittima, quella così formulata, in direzione della quale, invero, anche l’investigatrice non avrebbe potuto ovviare a spingere il proprio pensiero, la propria analisi, dal momento della scoperta di quel nuovo risvolto nella faccenda: perché, a prescindere da ogni retorico pregiudizio, se realmente alla base di quella scomparsa si fosse rivelata essere una fuga, e se realmente alla base di quella fuga avesse avuto a doversi considerare un movente sentimentale, non soltanto ovvio, ma addirittura imprescindibile avrebbe avuto a doversi considerare la pista della misteriosa fidanzata…
… una fidanzata di cui, tuttavia, alcuno sembrava saperne qualcosa.

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