11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 26 giugno 2017

RM 176


Nel limitarsi a prendere in esame solo gli ultimi tre anni della propria vita, spesi come investigatrice privata, “cagna” avrebbe avuto a doversi considerare uno degli epiteti più gentili che le fossero stati rivolti, in particolare nel momento in cui, qualcuno che non immaginava ella potesse essere, per l’appunto, un’investigatrice privata, arrivava a scoprirlo, generalmente nello stesso momento in cui un avvocato divorzista arrivava a proporre le prove da lei raccolte nel merito di qualche ripetutamente occorso tradimento. Ovviamente, tale non avrebbe avuto a doversi considerare la conclusione di ogni proprio incarico, giacché, generalmente, nel proprio ruolo, Midda avrebbe avuto a dover prestare attenzione a restare nell’ombra, a ovviare all’eventualità di essere vista, riconosciuta, o, ancor peggio, smascherata: ciò non di meno, in qualche occasione, non era mancata la necessità di entrare a contatto con i propri obiettivi, con supposti fedifraghi e, ancor più, fedifraghe, per riuscire a ottenere materiale utile al proprio scopo. E, proprio in riferimento a quelle ultime, più rare, occasioni, ella non avrebbe potuto ovviare a pagarne lo scotto, e a pagarlo, ovviamente, in sempre variegate sequele di improperi a discapito suo, della sua famiglia e, finanche, dei suoi avi, con un certo, particolare livello di attenzione a tutte le sue progenitrici.
In ciò, quindi, ella aveva sviluppato un certo livello di indifferenza alle offese da parte di terzi, nel ben comprendere quanto, in fondo, non avrebbe potuto attendersi nulla di diverso da parte di chi, pur in maniera effimera, le aveva precedentemente concesso un pur minimo attestato di fiducia, salvo poi, alfine, arrivare a scoprire la verità dei fatti. Motivo per il quale, anche l’esplosione isterica di Faccia D’Anatra non ebbe a ferirla in misura particolare, non, laddove, per lo meno, nulla di diverso si sarebbe potuta attendere dalla stessa, comprensibilmente tradita nelle proprie emozioni, nei propri sentimenti, in un momento estremamente particolare della sua vita, qual quello dell’accettazione della propria sessualità. Malgrado ciò, tuttavia, qualcosa, in un angolo remoto della mente della donna, non sembrava in grado di ovviare a ripensare, ostinatamente, a quanto accaduto, in quello che ella non avrebbe potuto tradurre in altro modo se non in senso di colpa, benché, in fondo, nulla di particolare avrebbe avuto a doverla farla sentire coinvolta nella faccenda. Per quanta comprensione, per quanta empatia, ella avesse infatti dimostrato nei riguardi di Keira, nel mentre in cui ella si era impegnata ad aprirsi, a confidarsi con lei, Midda non aveva mai avuto dubbio alcuno nel merito della propria sessualità, avendo da sempre apprezzato quanto la compagnia di un uomo avrebbe saputo offrirle sotto ogni aspetto, ragione per la quale in alcun modo ella avrebbe dovuto provare un rimorso più o meno marcato, per quanto accaduto, in paragone con altri eventi assimilabili appartenenti a casi passati. Qualcosa, però, obiettivamente la tormentava e, che ella potesse apprezzarlo o no, non poté ovviare a giungere a una sgradevole conclusione… ossia che, ancora una volta, alla base dei malesseri più intimi della propria esistenza, altro non avrebbe avuto a doversi riconoscere se non Desmair.
Sebbene, infatti, ella non fosse una strizzacervelli, né avesse mai sognato divenirlo, non ci sarebbe stato bisogno di qualche particolare corso universitario per comprendere quanto l’essersi ritrovata al centro di una tale sfuriata, accusata, più o meno indebitamente, di aver tradito la fiducia della propria sostanzialmente sconosciuta interlocutrice attraverso delle pur giustificabili frottole, avrebbe potuto facilmente essere posto in connessione con il suo passato, con il suo passato riguardante, in particolare, il suo ex-marito e, soprattutto, con il suo passato e il suo ex-marito che, sottobraccio, poche ore prima erano tornati a far capolino nella sua vita, nel suo presente, attraverso l’ancor non digerita, e probabilmente non digeribile, informazione offertale dal capitano Lange Rolamo. Che la sua mente, quindi, stesse somatizzando il trauma derivante da tutto ciò anche nel farla sentire emotivamente più coinvolta nella questione sentimentale fra Keira e Carsa di quanto ella non avrebbe avuto ragione di considerarsi, probabilmente, non avrebbe avuto a doversi considerare nulla di sorprendente… ma soltanto fastidioso. Incredibilmente fastidioso, giacché, per l’appunto, non sembrava volerle offrire tregua.
Qual modo migliore, tuttavia, per dimenticare un problema se non quello di cercarne dei nuovi?
Così, non dimentica del fatto che, oltre al caso Anloch, anche un altro, ancor misterioso caso, avrebbe potuto meritare la sua attenzione, ella ebbe a cercare di accantonare la questione in quello stesso angolo della propria mente al quale, ostinatamente, essa sembrava volersi aggrappare, per rigettarsi in metropolitana e, forse in termini tutt’altro che originali, dirigersi nuovamente verso Brooklyn e, in particolare, verso Bushwick… ma non, banalmente, per cercare un nuovo contatto con il signor Kipons, il quale, alla luce delle informazioni ottenute quella stessa mattina dal suo avvocato avrebbe potuto essere momentaneamente posto da parte, sicuramente soggetto informato dei fatti, sicuramente testimone di interesse tanto per il dipartimento di polizia, quanto per il Bureau, e, ciò non di meno, per lei allor forse non più così indispensabile. Non quanto, piuttosto, avrebbe potuto esserlo un’altra possibile fonte di informazioni, un’altra possibile, e inconsapevole, testimone, dalla quale, se fosse stata abbastanza brava, avrebbe potuto ottenere qualche dettaglio in più rispetto a quanto, la pur deliziosamente disponibile Ja’Nihr non fosse stata in grado di riferirle.
Tornata a Bushwick, e atteso il tramonto in un tranquillo localino di periferia, ove approfittò anche per consumare una cena quanto più frugale possibile, Midda ebbe a controllare di avere abbastanza soldi nel portafoglio, prima di dirigersi nuovamente in direzione dell’isolato ove sorgeva il negozio della famiglia Kipons, in questa occasione, tuttavia, non dirigendosi alla ricerca di una qualche via di accesso al medesimo, quanto e piuttosto al lampione lì di fronte, dall’altra parte della strada, dove, con il favore delle tenebre, aveva già preso servizio un volto per lei non nuovo e, in verità, quella sera addirittura ricercato…

« Salve di nuovo! » ebbe a salutare, in direzione della stessa prostituta con la quale aveva scambiato quattro chiacchiere solo il giorno precedente.
Questa, voltandosi verso di lei, non ebbe a manifestare particolare sorpresa per la sua ricomparsa, quanto e piuttosto un certo fastidio, nell’aggrottare la fronte e nel chiederle, senza troppi preamboli: « Sei ancora in cerca di rogne, rossa? Sarai anche amica di qualche ragazza, ma se credi che noi si trascorra le nostri notti a chiacchierare con i passanti, non hai ben compreso il concetto di base… » commentò, scuotendo appena il capo « E’ meglio se torni a casa… o, a farmi perdere tempo, potresti attirare qualche attenzione indesiderata. E, credimi, non sarebbe bene per te… »
“Come volevasi dimostrare…” ebbe a congratularsi, con se stessa, l’investigatrice privata, essendosi sospinta sino a lì con l’idea, o forse con la speranza, che, quella donna, non fosse un’indipendente e che, in questo, avrebbe potuto essere effettivamente una fonte di informazioni utili nel merito di quanto stava allor accadendo.

Così, con buona pace per la sua conclamata eterosessualità, per la seconda volta in due giorni ella ebbe a doversi fingere interessata a un ben altro genere di mercanzia rispetto a quella con la quale avrebbe potuto avere altresì piacere a destreggiarsi, nell’estrarre il portafoglio e nel tirare fuori, dallo stesso, due banconote da cento dollari, sottratte all’anticipo concessole dai federali, per mostrarle alla propria interlocutrice assieme a un ampio sorriso, nel quale si impegnò, il più possibile, a dimostrarsi animata da qualche lussurioso interesse, immaginando, per aiutarsi in tal senso, di essere posta di fronte, in ciò, al proprio amato Ma’Vret e non a una prostituta di Brooklyn…

« La scorsa notte mi è parso di comprendere che, per il giusto prezzo, saresti stata disponibile a trascorrere del tempo in mia compagnia… » dichiarò, facendo sventolare i due piccoli ritratti di Benjamin Franklin, a dimostrare la sincerità del proprio approccio « … e ti do la mia parola che non intendo parlare del signor Kipons, questa sera. » soggiunse, a escludere immediatamente un suo qualche interesse a insistere in tal senso, laddove il messaggio comunicatole in occasione del loro precedente incontro avrebbe avuto a doversi considerare più che chiaro a tal riguardo.

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