11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 30 giugno 2017

RM 180


« Uniforme di lavoro…? » tentò di consolarla l’investigatrice privata, reinterpretando in diversa chiave il succinto abbigliamento della propria interlocutrice, in grazia al quale chiunque, nel vederla, non avrebbe potuto porsi dubbi nel merito del mestiere per lei proprio e, soprattutto, di quanto ella avrebbe potuto offrire, nell’eventualità di qualche manifesto interesse.
« Uniforme di lavoro. » annuì la controparte, lasciandosi scappare una leggera risatina, a riprova del successo della prima nell’instaurare un clima di complicità fra loro.

L’investigatrice privata non avrebbe potuto essere più soddisfatta dell’evoluzione intrapresa dalla situazione. Improvvisamente, infatti, la sua precedente gamma di opportunità variabile fra il pestaggio e la morte, in sfumature fondamentalmente negative a prescindere da qualunque conclusione; ella ebbe a ritrovarsi potenzialmente proiettata in una nuova varietà di occasioni volta a includere, nelle proprie estreme alternative, il pieno raggiungimento dei propri obiettivi o, al più, qualche nuova, fantasiosa carrellata di insulti, entro i limiti della fantasia di quella nuova interlocutrice. Insomma… un progresso indubbiamente positivo.
Rassicurata, in ciò, dalla ritrovata positività della propria posizione, nonché rallegrata, oltretutto, dall’inatteso dono rappresentato da quell’involontario suggerimento a proporsi qual cronista, in un ruolo nel quale, in futuro, si sarebbe sicuramente nuovamente riciclata, nei vantaggi da esso derivanti per la propria reale professione; ella ebbe a sentirsi alfine indubbiamente a proprio agio: agio dal quale, in una spontanea reazione a catena tutto sarebbe necessariamente apparso più spontaneo, più sincero, più naturale, riuscendo, di conseguenza, a consolidare sempre più il rapporto così stabilito con la controparte e, in ciò, a raggiungere più semplicemente il proprio scopo finale.

« Premetto che non ti chiederò di raccontarmi alcun dettaglio personale… e che, per tua sicurezza, questo incontro resterà strettamente confidenziale fra noi: non riporterò il tuo nome, non riporterò la tua descrizione, né altro ancora: la sicurezza delle proprie fonti è un fondamento imprescindibile per qualunque giornalista. » esordì, a escludere qualunque possibilità di fraintendimento fra loro, in quella condizione irrinunciabile, dal suo punto di vista, per proseguire nella direzione intrapresa.
« Quanta serietà… » osservò Nihavi, apparentemente ironica e pur guardandola sempre più incuriosita, e, probabilmente, non soltanto incuriosita dalla professione di lei ma, anche e proprio, dalla sua persona, da quella figura quasi poetica di giornalista d’assalto qual, al più, avrebbe potuto attendersi di ritrovare soltanto in un qualche vecchio film « … complimenti. » soggiunse, a stemperare l’ironia precedentemente dimostrata, e a suggerire, di conseguenza, l’esistenza di qualcosa di più dietro a quell’intervento.
« Ehy… non è che perché ho un’abbondante circonferenza toracica, io abbia a dover essere giudicata come una sciocca. » protestò scherzosamente verso l’altra, grottescamente simulando una reazione d’offesa alle parole rivoltele, a quel complimento, pur apprezzabile, e che, in ciò, venne volutamente frainteso qual attestato di mancanza di fiducia nei suoi confronti, per quanto assurda avrebbe potuto essere considerata l’eventualità di una tale filosofia, soprattutto nel considerare le proporzioni della controparte « Non essere invidiosa! »
« Invidiosa io…?! » rise l’altra, ora apertamente, scuotendo il capo a escludere tale eventualità « Scarlet cara… credo che tu abbia bisogno di un paio di occhiali! » suggerì, indicando con lo sguardo la propria procace scollatura, tutt’altro che celata dalla propria uniforme di lavoro, così come era stata pocanzi definita.
« Soprassediamo… » minimizzò l’investigatrice privata, agitando la mano destra, che lì impugnava già una matita per prendere appunti, a indicare, con tal gesto, l’intenzione a proseguire oltre, palesemente indispettita, seppur solo in maniera simulata, per quanto accaduto.

Interpretando il proprio ruolo di giornalista, Midda iniziò allora a presentare alla propria fonte, qual l’altra avrebbe avuto a dover essere speranzosamente considerata anche al di là di quella messinscena, l’argomento dell’articolo sul quale stava lavorando, introducendolo come un reportage in relazione alla delinquenza dei quartieri dei vari quartieri di New York, con particolare riguardo alle attività delle varie organizzazioni preposte alla gestione alla prostituzione, allo spaccio e alle estorsioni, lì operanti. Un articolo, a scanso di equivoci, scritto da indipendente e, in ciò, destinato a dover poi trovare un qualche editore disposto a pubblicarlo; ma un vero e proprio lavoro di inchiesta, volto a dimostrare, e a denunciare, tutti i limiti dell’amministrazione locale e, soprattutto, a far emergere alla luce del sole parte di quella città ombra dell’altresì sfavillante New York da tutti conosciuta, da tutti amata e, sovente, persino ambita.
Un’altra faccia di New York, quindi, forse meno conosciuta, sicuramente meno piacevole, rispetto a quella di pubblico dominio, e, ciò non di meno, meritevole di essere resa nota, così come, nel suo precedente reportage, ella si era già parallelamente impegnata a compiere nel volgere riferimento, altresì, al purtroppo vasto mondo dei senzatetto, di quelle ben oltre quarantamila persone, di ogni età, di ogni sesso, di ogni provenienza e di ogni religione, impegnate in una terrificante lotta per la sopravvivenza contro la povertà, la fame, e qualunque condizione meteorologica avversa.
Insomma… un lavoro difficile, composto di temi duri da digerire, antipatici al ceto medio-alto e, ancor più, alla politica, e, ciò non di meno, proprio per questo, necessari a dover essere scritti, e scritti non soltanto una volta, ma cento, mille volte diverse, da cento e mille persone diverse, a dimostrazione di quanto, comunque, anche quelli avrebbero avuto a dover essere riconosciuti quali Stati Uniti d’America: non soltanto nel bene, ma anche, e ancor più, nel male.

« Dannazione… » ebbe a commentare Nihavi, alla fine di quella presentazione, non potendo negare di essere rimasta indubbiamente affascinata, se non addirittura rapita, dalla foga dimostrata da parte della sua interlocutrice, dalla passione da lei posta in quegli argomenti, in quei temi, un ardore a fronte del quale difficile sarebbe stato, per chiunque, potersi tirare indietro « Mi scuso per tutti i giudizi negativi che posso aver espresso nella mia mente a tuo discapito, Scarlet… e complimenti, complimenti davvero per il tuo lavoro! » ebbe a voler aggiungere, per meglio esprimere la propria approvazione a tutto ciò e, in questo, implicitamente, il proprio consenso a poter collaborare, nei limiti delle sue possibilità.

In effetti, mentre ne stava parlando, mentre si stava lasciando dominare dal personaggio della giornalista, e della giornalista d’assalto, anche la stessa investigatrice privata non avrebbe potuto ovviare a sorprendersi per la veemenza, inattesa, delle proprie parole, nella carica emotiva che, in maniera anche spontanea, non poté e, probabilmente, non avrebbe potuto evitare di porre in quel discorso, in quella denuncia a discapito, in verità, non soltanto dell’amministrazione cittadina, ma dell’intera città, popolazione inclusa, laddove, purtroppo, alla maggior parte degli abitanti di New York, ma così come di qualunque altra città benestante del pianeta, certi temi, certe realtà, non soltanto non sarebbero mai realmente interessate, ma sarebbero addirittura risultate scomode: temi e realtà, altresì, che da ex-poliziotta, ella non aveva potuto ovviare a conoscere, e a conoscere molto da vicino, non senza una certa frustrazione di fronte alla consapevolezza che, comunque, per quanto si sarebbe potuta impegnare, non sarebbe mai stata in grado di cambiare realmente le cose.
Anche in tal senso, la scoperta di quella stessa mattina, di realtà come la “Neverending Story Inc.”, non avrebbero potuto ovviare a entusiasmarla, così come, del resto, era accaduto, nell’idea che potesse esistere chi, malgrado tutto, desiderava veramente dichiarare guerra a quei donchisciotteschi mulini a vento, nella folle audacia, o nell’audace follia, di chi indifferente all’esito e, ciò non di meno, egualmente desiderosi di provarci. Un entusiasmo, il suo, che, addirittura, si trovava a declinare contemporaneamente, e in direzioni antitetiche, in orgoglio e in vergogna: orgoglio all’idea di quanto, in maniera discreta, composta, e straordinariamente elegante come solo lei sapeva esserlo, la sua gemella non soltanto fosse impegnata in tal senso, ma, addirittura, ne fosse un elemento fondatore; vergogna all’idea di quanto, altresì, ella, sino a quel momento, non avesse comunque combinato nulla a tal riguardo, non diversamente, del resto, dalla maggior parte delle persone che, suo pari, avrebbero pur trovato di che indignarsi, e indignarsi profondamente, per tutto quello.

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