11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 4 novembre 2017

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Il resto del viaggio in metropolitana avvenne senza particolari problemi, includendo anche un paio di cambi di linea in termini che, come già in passato, non mancarono di divertire la donna guerriero.
Concepire quell’interminabile città, costruita tanto verso l’alto dei cieli, con smisurate torri, con veicoli antigravitazionali, con treni ad alta velocità sopraelevati, e, al contempo, anche verso la profondità della terra, con la complessità degli acquedotti, dei sistemi fognari e di tutte le altre infrastrutture cittadine, nonché con quei sistemi di treni sotterranei, e quella folle diramazione di tunnel, degni del più complesso formicaio; all’attenzione della Figlia di Marr’Mahew, necessariamente influenzata, nella propria concezione della vita e della realtà, dai quarant’anni vissuti entro i confini del proprio mondo, non avrebbe potuto ovviare a essere considerato al pari di uno straordinario spreco di risorse, nel realizzare quanto, dal proprio personalissimo punto di vista, non avrebbe avuto altro che a dover essere giudicato qual un proverbiale colosso con piedi d’argilla, nell’essersi sospinti troppo verso l’altro, e altrettanto verso il basso, per potersi concedere di mantenere un effettivo controllo su tutto quanto e, soprattutto, sulla stabilità di tali edificazioni. Inoltre, nel ritrovarsi posta a confronto con il dedalo di gallerie sotterranee realizzate in particolare nelle stazioni di raccordo fra diverse linee, sovente anche popolate, nella propria estensione, da catene di negozi e altre attività commerciali atte a concedere possibili distrazioni ai passeggeri in transito; ella non avrebbe potuto ovviare a spingere il proprio pensiero, i propri ricordi verso altri, ben più letali, labirinti sotterranei all’interno dei quali il proprio stile di vita, nonché la propria professione, l’avevano spinta a muoversi, e peregrinare combattendo con le unghie e con i denti per la propria salvezza: luoghi abitualmente preclusi alla massa delle folle, nel suo mondo, e costruiti sottoterra proprio per poter restare inaccessibili; e che, altresì, in quel nuovo contesto, in quella particolare declinazione, avrebbero avuto a dover essere riconosciuti qual ideati per una motivazione del tutto antitetica, in termini che, pertanto, ai suoi occhi, non avrebbero potuto ovviare ad apparire paradossali e grotteschi, nel senso più ironico del termine. Tutto quello straordinario mondo sotterraneo, difatti, avrebbe avuto a dover essere giustificato non tanto nella volontà di dividere, quanto e piuttosto di riunire, riunire uomini e donne altrimenti divisi su distanze eccessive per poter essere affrontate comodamente, e che lì, in grazia di tutto ciò, avrebbero avuto possibilità di ricoprire in pochi minuti, decine di minuti, con banalità disorientante; e disorientante, in particolare dal suo personalissimo punto di vista, al mero e semplice pensiero di quanto, comunque, l’intera città di Thermora avrebbe avuto a dover essere considerata estesa al pari di un intero regno del proprio mondo d’origine.
Concluso il viaggio in metropolitana, e riguadagnata la superficie, Midda Bontor si poté rendere conto di essere giunta in un’area completamente diversa da quella nella quale, pocanzi, aveva iniziato il proprio viaggio sotterraneo, sì estranea alla precedente che ella avrebbe persino potuto ritenere di aver abbandonato i limiti della città, se non avesse saputo quanto, generalmente, i sistemi metropolitani, per definizione, non avrebbero avuto a superare i confini di propria competenza. Ciò non di meno, alle svettanti torri del centro, all’interno di una delle quali anche ella si era risvegliata dopo il soccorso non richiesto, e pur offertole, da Reel Bannihil, quell’area, chiaramente periferica, preferiva mostrare edifici di dimensioni più moderate, sebbene egualmente smisurate, in altezza e in superficie, rispetto a qualunque passata idea di umana edificazione propria della donna guerriero. Con palazzi mai superiori ai dieci, dodici piani, in confronto con i cinquanta di base, e molti più ancora, dei grattacielo del centro; e, al contempo, contraddistinto da piazze e da strade meno ampie nelle proprie larghezze, così come di qualche ordine di misura inferiore avrebbe avuto a doversi giudicare quantitativamente la folla al loro interno; quel nuovo scenario non avrebbe potuto, né poté, ovviare a incuriosire l’Ucciditrice di Dei, in tal maniera posta a confronto con immagini comunque nuove, comunque originali per lei, e, in questo, necessariamente affascinanti, benché, probabilmente, per alcun altro avrebbero potuto considerarsi tali. Sempre nell’intento di non offrire, al proprio compagno d’avventura, alcuna evidente manifestazione della propria inesperienza a confronto con quanto, per i più, sarebbe apparso necessariamente banale, riprova innanzi a cui la sua supposta immagine di donna pericolosa e letale si sarebbe ritrovata a essere indebolita, al di là di quanto effettivamente concreta essa avrebbe avuto a dover essere riconosciuta nell’ipotesi di aver ancora cara la propria stessa vita; quindi e tuttavia, la più importante ricercata dall’omni-governo di Loicare ovviò a dimostrare in maniera trasparente il proprio interesse per tutto quello che, in tal mentre, ebbe a circondarla, limitandosi a mantenere inalterata la propria espressione e a proseguire accanto a Reel nel cammino verso il loro obiettivo, nel mentre in cui, finalmente, il primo dei due soli di quel sistema iniziò ad accennare a scomparire all’orizzonte, promettendo, in ciò, una fugace illusione di tramonto.
A tal riguardo, quanto anche la donna guerriero non avrebbe avuto a potersi illudere accadesse, in verità, sarebbe stata la possibilità dell’arrivo di una vera e propria notte, giacché, come le era stato spiegato al loro arrivo all’interno del sistema binario di Fodrair, la particolare configurazione di quell’angolo di galassia, e in particolare del quarto pianeta all’interno dei confini del quale allora si ponevano, non avrebbe mai potuto garantire una qualche concreta opportunità di notte nel senso più classico del termine, suggerendo, al più, nelle stagioni più fortunate, una piacevole oretta di crepuscolo, a seguito della quale, comunque, una nuova aurora si sarebbe imposta all’attenzione comune. I due soli, infatti, si alternavano nei cieli di quel mondo in maniera instancabile, in una sorta di staffetta che, nel caso migliore, o peggiore a seconda dei punti di vista, li avrebbe visti brillare, entrambi e contemporaneamente, nel cielo, e che, nella possibilità antitetica, li avrebbe mostrati uno intento a svanire fugacemente su un fronte nel mentre in cui, su un altro, il proprio compagno avrebbe preso il proprio posto, con cicli e traiettorie diverse a seconda dei differenti periodi dell’anno e delle differenti posizioni all’interno del pianeta. Qualcosa, invero, che avrebbe potuto confondere le idee di molti, laddove abituati a vivere in un sistema solare caratterizzato nel proprio centro da una singola stella, e che pur, in verità, avrebbe avuto a doversi considerare, almeno per l’ex-mercenaria, qual forse il particolare più banale di tutto quanto la stava circondando, giacché, fino a quando, come in merito alle stelle e ai relativi sistemi, ai pianeti e alle proprie lune, alle montagne e ai mari, i soli artefici di tutto ciò avessero avuto a doversi considerare gli dei, estremamente semplice sarebbe stato per lei accogliere l’evidenza di tutto ciò, anche con un certo fatalismo che, pur, abitualmente non avrebbe avuto a doversi ritenere per lei caratteristico. Ma quando, altresì, artefici avrebbero avuto a dover essere considerati uomini e donne mortali, umani e chimere che essi fossero, la questione si sarebbe dimostrata certamente meno giustificabile: non tanto per una mancanza di fiducia nelle straordinarie possibilità dei mortali, o, in tal caso, neppure ella avrebbe mai potuto permettersi di perseguire gli straordinari risultati per lei, altresì, abitualmente propri; quanto e piuttosto per la difficoltà a rapportarsi con quello straordinario progresso tecnico e tecnologico, in ogni campo, così estraneo a quanto per lei purtroppo comprensibile da risultare sostanzialmente prossimo alla magia. In ciò, quindi, nessun problema ella avrebbe mai potuto riservarsi nel confronto con l’idea di due soli atti a imporre da sempre un interminabile giorno perpetuo su quel pianeta; mentre molti di più, altresì, ne avrebbe potuti vantare nei confronti con il pensiero di due bambini trasformati in armi, e in armi batteriologiche, da rivendere per essere impiegati in guerra.
Anticipando, allora, qualunque possibile richiesta da parte della sua voce nel merito della loro corrente distanza dal proprio obiettivo, il suo accompagnatore e guida ebbe inaspettatamente a richiamare il suo sguardo verso la direzione esattamente a loro frontale, senza ovviamente indicarla, e senza neppur mutare minimamente la propria andatura, per evitare di attirare sgradevoli attenzioni nei loro riguardi…

« Laggiù. » le suggerì, con tono forzatamente sereno, a ovviare a poter offrire ad alcuno motivo di allarme per quella propria dichiarazione « Quello è il luogo che stai cercando. »
« … luogo…?! » sibilò a denti stretti la donna, costringendosi a tale volume al fine di impedirsi esclamazione alcuna, così come, pur, allora, sarebbe stato estremamente semplice che le sfuggisse « Quello non è un luogo… è una città. » ebbe allora a correggerlo, trattenendosi dall’imprecare di fronte all’evidenza di quanto, allora, riuscire a trovare Tagae e Liagu sarebbe stato decisamente improbo.

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